La memoria distratta

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    Uno dei primi atti ufficiali della nostra Associazione nel programma delle cerimonie dell’Adunata a Trieste, tre anni fa, fu l’omaggio alle vittime della foiba di Basovizza e del campo di raccolta e sterminio di San Sabba. Era il doveroso ricordo dell’eccidio, meglio sarebbe chiamarlo pulizia etnica, di nostri connazionali uomini e donne d’ogni età colpevoli soltanto di essere italiani.


    Per oltre sessant’anni su quell’amara e tragica pagina della nostra storia è stato steso un velo di silenzio e di omertà. Il primo a parlare di quei massacri è stato il presidente della Repubblica Ciampi, nel cinquantesimo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia, tre anni fa. L’anno dopo fu istituita la Giornata del ricordo , da celebrare il 10 febbraio, giorno in cui nel 1947 a Parigi venne firmato il trattato di pace che privava l’Italia dei territori fiumani e dalmati.

    Ora il nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel rievocare l’incubo delle foibe e l’odissea dei profughi non ha usato eufemismi ma parole chiare: ha parlato di congiura del silenzio, di responsabilità dell’aver negato o teso a ignorare la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica e di averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali . Ha parlato della necessità di ritrovare la memoria intera, che è fatta di verità storiche: solo così potremo affrontare il futuro di un’Europa unita.

    Ma anche il futuro di un’Italia unita, giacché perfino i libri di storia hanno subìto i disinganni del politicamente corretto. Più volte, della necessità di fare chiarezza sulla nostra storia recente abbiamo scritto su questo nostro giornale di un passato che non passa. Ancora in questi giorni, dopo il discorso del capo dello Stato, c’è chi giustifica quel genocidio di italiani in Istria. Ancora oggi c’è chi in Patria divide vincitori e vinti, ancora oggi emergono i fantasmi del passato.

    È auspicabile che l’appello del presidente Napolitano a cercare la verità non finisca nel limbo di questi ultimi cinquant’anni. Rincuora che molti giovani siano impegnati nelle loro tesi di laurea in ricerche storiche, che considerino i fatti senza pregiudizi giustizialistici e senza cercare colpevoli e innocenti.

    Solo con la conoscenza dei fatti sarà possibile avere una corretta memoria del nostro passato, consegnandolo al giudizio della storia senza giudicarlo noi, incolpevoli figli di quei martiri e di quegli aguzzini, di quei colpevoli e di quegli innocenti, di quei vincitori e di quei vinti.
    Solo così il passato sarà davvero passato, e potremo guardare al futuro, insieme.