La lotta per il Cervino

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    Trionfo, sconfitta e tragedia sulla montagna pi bella del mondo.

     

    di Umberto Pelazza

     

    Nella vita del valdostano JeanAntoine Carrel c’ stato un ‘troppopresto’ per infilarsi una sola penna sul cappello (fu bersagliere durante le guerre d’indipendenza) e un’troppo tardi’ (150 metri, un soffio) per essere ricordato, lui solo, come l’uomo del Cervino. Ventenne, nellapiatta campagna della ‘fatal Novara’ aveva preso a sberleffi le ‘braje bianche’ degli austriaci di Radetzky, in una delle giornate pi nere del nostro Risorgimento; sedici anni dopo, un paio di braje bianche, sbucate all’improvviso sullavetta del Cervino, gli avrebbero procurato la delusione pi cocente della sua vita.
    Congedato nel 1860, il ‘Bersagliere’, con i nastrini delle campagne sulla giacca, trasferisce il campo di battaglia e un certo spirito risorgimentale sul fronte della Gran Becca, la maestosa piramide che si affaccia sulla sua Valtournenche, da tutti ritenuta inaccessibile.
    Ma non da lui, e soltanto dal Breuil (la conca ora sommersa dal cemento di Cervinia). Cacciatore di camosci come il Balmat del Monte Bianco, comincia a considerarla propriet personale e ad amarla con gelosia e rabbia tacita, ignaro del pericoloso rivale che nel frattempo dal versante elvetico osava alzare lo sguardo sulla svettante guglia di roccia e ghiaccio e lungo le creste
    affilate convergenti sulla punta sottile. Edward Whymper, disegnatore
    e incisore inglese, ha vent’anni quando giungea Zermatt come ritrattista per guide turistiche: camminatore instancabile, si innamorato di tutte le montagne alle quali ha rubato con avidit profili, scorci, angoli suggestivi. Fino all’incontro col Matterhorn,il Cervino di Zermatt, che dal suo zoccolo schizza solitario per oltre tremila metri.
    Ne sconvolto: la perfetta proiezione dei suoi sogni. Lo aggira dal colle del Teodulo e scende al Breuil, dove avviene l’incontro con Carrel.
    Il sospettoso valdostano, vigile su tutto quanto accade nella sua zona di competenza, naturalmente prevenuto nei riguardi dello straniero, giunto a minacciare la sua sovranit; con stile diverso, ma con la stessa determinazione, l’inglese deciso a passare su tutto e su tutti pur di raggiungere il suo obiettivo. Occhi freddi, idee precise, scarsa simpatia per i suoi simili, cavalleresco ma egoista, si sente attratto dalle grandi cime perch lui inglese e loro sono l.
    Presunzione da una parte e scontrosit dall’altra lasciano tuttaviaspazio a un filo sottile di dialogo; lentamente si crea un rapporto di stima e rispetto reciproci, che non impedir per un susseguirsi di schermaglie, sotterfugi, inganni.
    Le guide locali, non associate, andavano in montagna quando ne avevano voglia e se non dovevano ‘fare i fieni’ o badare al bestiame. Volendo un giorno saggiare il Cervino, Whymper fu costretto a una pazzesca ascensione
    solitaria: raggiunse la Testa del Leone, bivacc in parete e durante la discesa rovin lungo un ripidissimo canalone per un centinaio di metri, arrestandosi a poca distanzadall’abisso. Rientr al Breuil lacero e sanguinante. Qualche giorno dopo attese invano Carrel che aveva promesso di accompagnarlo: era andato invece a caccia di marmotte per fargli dispetto. Gli incontri scontri continueranno con alterne vicende per un paio d’anni.

     

    Il destino si mette in moto

     

    L’ultimo tentativo di salita della ‘strana coppia’, fermato dalla tormenta, del 1863, l’anno in cui Quintino Sella e Felice Giordano fondano il CAI: quale miglior lancio di una ‘prima’ italiana sul Cervino?La guida?Carrel, ovviamente, che dovr tracciare e attrezzare il percorso. Ma gi impegnato con Whymper. Non importa. All’inglese son riservate attenzioni saltuarie e per due anni ogni sforzo viene dedicato al CAI. Furioso e deluso, Whymper tronca i rapporti e torna al vecchio progetto: la salita da Zermatt lungo la cresta dell’Hornli.
    Il destino si messo in moto: da questo momento ogni passo, ogni scelta si alleano per concorrere al tragico finale. Al Breuil l’inglese s’imbatte casualmente col connazionale lord Douglas, eccellente scalatore, e lo convince a partire con lui. A Zermatt incontrano il prete alpinista Charles Hudson, accompagnato dal giovane Hadow, reduce dal Monte Bianco. Vengono assoldate le guide Michel Croz, di Chamonix, e Peter Taugwalder, di
    Zermatt, insieme ai due figli, portatori.
    La squadra che il 13 luglio 1865 parte alla conquista del Matterhorn eterogenea e priva di affiatamento, ma l’ansia di precedere Carrel a tutti i costi, ha fatto premio su ogni altra considerazione.
    Raggiungono una piazzola a 3450 metri, rimandano indietro il pi giovane dei Taugwalder, bivaccano e ripartono il mattino successivo sotto un cielo limpidissimo (sul versante opposto Carrel attaccher due ore dopo). L’ascensione prosegue senza eccessive difficolt, salvo alcune incertezze del giovane Hadow, riposano prima della dura erta finale e toccano i 4478 metri della vetta alle 13,40.
    Come Paccard e Balmat sul Monte Bianco, Whymper e Croz compiono l’ultimo tratto di corsa e proseguono in cresta verso la vetta italiana, dove tirano un respiro di sollievo: la neve intatta. ‘Les voil les coquins’, eccoli i bricconi, esclama Croz, soddisfatto: i 4 italiani sono a 150 metri sotto, a portata di voce.
    La sorpresa li agghiaccia: qualcuno grida ai fantasmi, ma i fantasmi non indossano pantaloni bianchi. Whymper s, Carrel li riconosce ed il crollo, il sogno di una vita annullato da qualche decina di metri.
    Dall’alto i vincitori urlano e scaricano sassi nella voragine. Lo sconfitto rialza lentamente il capo. Deve salire a stringere la mano al rivale, come un vassallo che si prostra davanti al trono che stava per essere suo?Impensabile. La via
    crucis del ritorno si conclude nel fienile dove corre a nascondere la sua disperazione. Fosse partito un’ora prima, come l’avevano consigliato!
    La vetta ritorna silenziosa e si preparano le corde per la discesa.
    La cordata numerosa era la norma e si scendeva uno alla volta; quando il primo sostava, toccava al secondo e cos via: corde fisse solo in casi estremi. Alla partenza i sette son cos disposti: in testa il provetto Croz scalina il ghiaccio e assiste l’inesperto Hadow, che calza scarpe dai chiodi appiattiti (nessuno lo ha controllato!); seguono Hudson e Douglas, uniti al giovane Taugwalder da un tratto di corda alquanto consunto; Taugwalder padre precede Whymper.

     

    In pochi secondi avviene la tragedia

     

    Tutto avviene in pochi secondi, un centinaio di metri sotto la cima. Hadow scivola e con i piedi colpisce sulla schiena Croz che parte a testa in gi: la corda, non assicurata e non in tensione si trascina dietro Hudson e Douglas e si spezza dietro di loro. I due Taugwalder riescono a puntellarsi, mentre i quattro precipitano per 1200 metri lungo la parete nord. Douglas non sar pi ritrovato.
    I superstiti, annichiliti dall’orrore e dallo spavento, rimangono inerti per mezzora: i due svizzeri singhiozzano come bambini. Il primo a scuotersi Whymper, che non ha assistito alla caduta perch coperto coperto da una sporgenza rocciosa: riprendono la discesa e verso il tramonto sono spettatori di un fenomeno impressionante: la comparsa in cielo di un grande
    arco splendente, affiancato da due croci luminose che svaniscono poco a poco. Nel loro stato d’animo potevano immaginare che si trattasse delle loro stesse ombre proiettate dal sole cadente su un vicino sfondo di nuvole e
    ingrandite dalla rifrazione?
    Tre giorni dopo, ancora ignaro di quanto era accaduto, Carrel ripart dal Breuil e con una salita tecnicamente pi impegnativa raggiunse la vetta italiana insieme alle guide Bich e Meynet e all’abate Gorret (che rinunci al tratto finale per consentire agli altri il superamento di un punto critico dove, per difetto di ancoraggi, l’uso
    di una corda fissa richiedeva una presenza umana).
    Dopo la sciagura, Whymper si riavvicin a Carrel: scal con lui la Gran Becca e lo volle con s sulle Ande (ma l’unica persona cui rimase sinceramente
    affezionato fu il suo umile e devoto portatore, il piccolo, sbilenco e sempre sorridente Luc Meynet ‘il gobbo del Breuil’). Sul colle del Leone l’aveva visto
    ricacciare le lacrime davanti alla bellezza dello spettacolo e sulla vetta appoggiarsi una mano all’orecchio sussurrando radioso: ‘Ascoltate, di qui si sentono ridere gli angeli!’. Nel 1911, colto da sincope a Chamonix, si chiuse in camera, rifiut il medico e non volle vedere nessuno. ‘Mor solo’, dice l’alpinista Frison Roche, come muoiono i nobili animali della savana.
    Carrel era scomparso vent’anni prima, senza aver modificato il suo carattere autoritario e inflessibile, pur mostrandosi con i clienti gioviale e arguto. Nell’agosto del 1890, durante la sua 50 ascensione al Cervino, sorpreso
    dalla tormenta, guid la cordata in discesa fino all’ultimo nevaio, dove, spossato, pass in coda. Avvertiti da una tensione nella corda, i suoi compagni lo videro seduto e colsero a stento la sua voce: ‘Non ho pi forze, non so pi dove mi trovo’. Furono le sue ultime parole: si spense in pace perch la cordata era salva.
    A un cliente che domandava dov’era caduto, la guida Joseph Maquignaz
    rispose indignato: ‘Carrel non caduto, morto’.
    Da quel giorno il Cervino dovette rassegnarsi alla fine del suo splendido
    isolamento. Ma figuratevi la sua sorpresa quando, tempo fa, si visto giungere in vetta un omino tutto solo, vestito quasi di niente, agile come una gazzella, partito da Cervinia meno di tre ore prima. Gli montarono subito …le
    nuvolette in testa, ma quello si era gi involato, leggero, in discesa. Gli sfugg allora un brontolio: ‘Speriamo che non diventi un’abitudine…’.
    Lass, Whymper e Carrel, ormai rappacificati per sempre, si saranno guardati perplessi.


    Jean Antoine Carrel, il bersagliere ed Edward Whymper,

    il venticinquenne conquistatore del Cervino.