La guerra dei tralicci

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    Leggo su L’Alpino di febbraio che anche lei ha prestato servizio nella brigata Orobica. Sono un caporal maggiore del 5º da montagna, gruppo Sondrio, classe 1939. Dopo pochi giorni a Montorio Veronese finimmo tradotti a Vipiteno per una specie di Car avanzato e poi a Silandro. Cominciò un periodo molto intenso, un anno di ordine pubblico e guardie a non finire: ferrovia Merano/Malles, centrale idroelettrica della Val Senales e poi tre mesi di guardia alla polveriera di Cengles. Qui fummo oggetto di continue provocazioni culminate una notte in una violenta sparatoria. Nel giugno 1961 era iniziato il terrorismo Alto Atesino e vivemmo così un periodo di naja molto particolare e forse poco conosciuta. Ho scoperto diversi anni dopo leggendo il libro L’inganno di Lilli Gruber che in quel periodo in Alto Adige erano presenti tutti i servizi segreti europei e non solo “barbe finte” di tutti i colori. Scoprii che esistevano basi missilistiche Nato/americane a difesa del Passo Brennero e noi là a rischiare la pelle (vedi i 4 alpini morti) senza capire e sapere nulla. Le scrivo pensando che i reduci di quel periodo sono sempre meno e insieme allo scioglimento della nostra brigata vada definitivamente persa la memoria di quel non comune periodo vissuto da molti ragazzi (allora!) come me.

    Antonio Rocchelli, Gruppo di Casteggio, Sezione di Pavia

    Hai ragione Antonio. Di quelle vicende si sta perdendo rapidamente memoria, anche perché ormai è trascorso mezzo secolo, ma non c’è dubbio che “la guerra dei tralicci” (così chiamata perché i primi attentati colpirono le linee dell’alta tensione, ma che causò anche numerose vittime, sia tra i militari, sia tra i civili) abbia segnato indelebilmente almeno una generazione di alpini di leva. Non entro nel merito storico, che abbisognerebbe di analisi e spazi ben più ampi: ricordo solo che tradizionalmente si comprende questo periodo tra il 1956 e il 1967, anche se la questione secondo alcuni venne sopita solo molti anni dopo. Per fortuna prevalsero il lavoro costante delle diplomazie italiana e austriaca e la volontà di mantenere aperto il confronto tra Governo e minoranza di lingua tedesca, nonostante il numero di attentati (circa 350): e dal 1972 si aprì per l’Alto Adige/ Südtirol la nuova fase dell’autonomia. Giusto comunque ricordare l’impegno, gravoso e rischioso, che allora venne richiesto a giovani alpini di leva, che, come sempre, non si sottrassero ai compiti loro assegnati.