L’astigiano cileno

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    La storia di Vittorio Montiglio sembra ispirata alla novella “Dagli Appennini alle Ande” dal libro “Cuore” del De Amicis, letta però in senso inverso. Un giovane patriota italiano che va dal Cile all’Italia per arruolarsi e sarà il più giovane decorato con Medaglia d’Oro al Valor Militare tra le Truppe Alpine. Bisogna però fare un passo indietro e ricordare che anche il Piemonte, di cui la famiglia di Vittorio era originaria, è stato per decenni terra di emigrazione, in particolare dalle campagne. Fu la fillossera, malattia che causava la morte delle viti, a costringere decine di migliaia di famiglie contadine a cercar fortuna all’estero.

     

    I flussi migratori si impennarono tra gli ultimi anni dell’Ottocento e la Prima Guerra Mondiale. Le destinazioni dei piroscafi che partivano, soprattutto da Genova e Napoli, erano il Nord e il Sud America, altri anche più lontano in Australia. Tra il 1900 e il 1930 lasciarono l’Italia 4 milioni e mezzo di persone. Da Casorzo, un paese del Monferrato dove l’uva tipica è la dolce malvasia, prese la via delle Americhe anche la famiglia Montiglio. Padre, madre e 4 figli.

    Il nonno rimase a mandare avanti gli interessi di famiglia e seppe solo per lettera, nel 1903, della nascita del nipotino Vittorio. Il ragazzo crebbe in Cile a Valparaiso, porto sul Pacifico, in una famiglia che mantenne un forte e patriottico legame con l’Italia. Angelo Montiglio, il padre divenne anche Console d’Italia a Valparaiso e allo scoppio della guerra nel 1915 i suoi due figli maggiori Umberto e Giovanni si arruolarono e tornarono in Patria.

    Umberto fu ferito al fronte e perse un occhio. Le loro lettere dalle trincee, dirette alla famiglia in Cile, infiammarono il giovane Vittorio che a soli 14 anni tentò una prima volta di imbarcarsi per l’Italia. Ci riprovò con documenti falsi, che ne attestavano la nascita nel 1899 e dopo 45 giorni di navigazione, come mozzo di bordo, arrivò a Genova.

    Il ragazzino riuscì avventurosamente ad arrivare a Casorzo dove il nonno lo accolse con sorpresa. Vittorio, era robusto e più alto della media. Al Distretto militare di Casale Monferrato, dove si presentò volontario lo arruolarono nel 7º reggimento alpini di stanza nella vicina Canelli, un reparto territoriale. Vittorio però scalpitava, nella sua giovanile irruenza voleva vivere la vita al fronte, come i fratelli. Venne accontentato. Si stavano costituendo i reparti degli Arditi e servivano energie nuove. È l’inizio di una carriera militare che lo porterà alla Medaglia d’Oro tra le Truppe Alpine.

    È la motivazione ufficiale della medaglia a racchiudere l’epopea di colui che fu definito “l’eroe fanciullo”: “… Nascondendo colla prestanza del fisico la giovanissima età, si arruolava nell’Esercito, e, dopo ottenuta l’assegnazione ad un reparto territoriale, per sua insistenza, veniva trasferito ad un reparto alpini d’assalto, ciò che era nei suoi sogni e nelle giovanili speranze. Sottotenente a quindici anni, comandante gli arditi del battaglione Feltre, partecipò con alto valore ad azioni di guerra, rimanendo ferito. Di sua iniziativa abbandonava l’ospedale per partecipare alla grande battaglia dell’ottobre 1918, nella quale si distinse e fu proposto al valore.

    Tenente a sedici anni, fu inviato col reparto in Albania, dove, in importanti azioni contro i ribelli, rifulsero le sue doti d’iniziativa, non fiaccate dalle febbri malariche dalle quali venne colpito. Nella stessa località, salvando con grave rischio un suo soldato pericolante nelle insidiose correnti del Drin, dava prova di elevata sensibilità umana e di civili virtù. Magnifica figura di fanciullo soldato, alto esempio ai giovani di che cosa possa l’amore alla propria terra. Italia – Albania, giugno 1917 – giugno 1920”.

    Vittorio Montiglio, dopo la guerra si sposò, partecipò all’avventura di Fiume con i Legionari di Gabriele d’Annunzio e si iscrisse ai Fasci di combattimento. Voleva diventare pilota dell’Aeronautica, ma morì in un incidente d’auto vicino a Roma, nel novembre 1929. Ebbe funerali di Stato. D’Annunzio ne scrisse l’epitaffio “fu tradito dalla sorte virile”. A Vittorio Montiglio, che sarà ricordato anche durate l’Adunata di Asti, è intitolata la più importante scuola italiana di Santiago del Cile, dove insegnò per anni la sorella Mafalda e un suo busto è a Roma nei giardini di Villa Medici. (s.m.)