L’Aquila, la più bella del reame…

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    Se saremo tutti uniti faremo della nostra città la città più bella del reame. Così recitava un detto del 1200, che cito a braccio per il suo messaggio ancor oggi attualissimo. Parafrasando potremmo dire che questa è la storia che si ripete ad ogni nostra Adunata. Una volta l’anno, un capoluogo scelto dagli alpini fa di una città italiana, la più bella d’Italia. Quasi la meta di un corteo nuziale, dove fiumi di uomini giungono da ogni parte, del Paese e del mondo, a portare il regalo della loro festosa presenza e i suoi preziosi valori. Sono i valori dell’allegria, della fratellanza, della solidarietà, dell’amore di Patria, del valore della famiglia, dei sentimenti religiosi…

    Un caleidoscopio di colori di vita, che compone insieme le diversità, in una armoniosa fantasia, ogni volta imprevedibile e dagli esiti altrettanto imprevedibili. Per il 2015 sarà L’Aquila la città destinata ad essere la più bella. La sua è comunque una bellezza antica, a prescindere dalle Adunate. Una bellezza aristocratica, rigorosa e composta nelle sue tradizioni e nella sua storia, passando da Celestino V, il Papa santo che rinunciò alla tiara. Bellezza legata alla sua cultura, alla sua università che fu, a partire dal Rinascimento, faro di eccellenza. Storia di dominazioni straniere, che qui lasciarono traccia della loro cultura, ma anche storia di fatiche, in gran parte dovute ai suoi violenti terremoti che la piegarono più volte senza mai sconfiggerla. L’Aquila terra di alpini, che qui hanno messo radici con il 9º Reggimento e l’omonimo battaglione.

    Senza scordare gli alpini nel dopo terremoto del 2009 e le trentatré case di Fossa, con la loro chiesa, icona di quella solidarietà alpina che fa della terra d’Abruzzo un santuario privilegiato. Oggi la bellezza de L’Aquila è una bellezza violata ma non sfiorita. Come negli esiti di una malattia, essa sta consegnando ai ritmi del tempo il recupero delle proprie energie. Ma prima ancora del tempo essa attende le sollecitudini della stima e dell’amore di chi deve farla vivere. Penso agli amministratori di quella terra e, per quanto ci riguarda, l’amore degli alpini d’Italia. È una chiamata morale quella che ci invita ad essere tutti presenti all’appuntamento.

    Forse una mancanza di informazione ha portato qualcuno a chiedersi: ma davvero riusciremo a fare un’Adunata in una città ancora così profondamente segnata dalle ferite del terremoto? Sono stato recentemente nel capoluogo abruzzese e porto ancora negli occhi lo spettacolo che mi è apparso alzando gli occhi sopra la città. Una miriade infinita di gru, di bracci meccanici, simili a mani operose intente a riaprire i canali della vita. Una città dove i giovani hanno scelto di restare, fieri del loro passato, ma anche tenacemente convinti di dover scrivere la storia della loro terra, rimanendo al proprio posto.

    È a questi giovani e alla bellezza della loro terra, agli alpini e alla loro gente che gli alpini d’Italia devono dare risposta, con una partecipazione capace di seminare speranza, come accade ogni volta dopo il loro passaggio. Oltretutto l’Abruzzo è terra in grado di raccontare meraviglie storiche e paesaggistiche invidiabili. Solo la composta aristocrazia morale della sua gente ha impedito, nei secoli, di trasformare queste meraviglie in un mercato turistico di celluloide. Una ragione in più per scoprire questa terra, per sostare ammirati della sua incontaminata bellezza, una terra ospitale ed unica nella sua indole più vera.

    Bruno Fasani