Iraq: italiani brava gente, per questo siamo stati attaccati

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    La base italiana a Nassiriya dopo l’attentato.

     

    Più che previsto, l’attacco ai nostri soldati a Nassiriya, in Iraq, era temuto. È stata una strage meditata a tavolino, suggerita da motivazioni opposte a quelle che hanno ispirato gli attacchi ad altri contingenti della forza multinazionale.
    I nostri soldati, infatti, non sono mai stati forza di occupazione , ma forza di pace. Nei Paesi in cui sono stati inviati in missione di peace keeping sono sempre stati all’altezza del loro compito e della loro tradizionale professionalità e umanità: hanno ricostruito scuole, portato materiale didattico, prestato assistenza sanitaria, distribuito viveri, medicinali, indumenti. Hanno soprattutto fatto capire alla popolazione che erano, che sono, venuti in amicizia, per aiutare, dare sicurezza e contribuire a ripristinare condizioni di vita accettabili.
    Per questo sono stati colpiti: perché sono vicini alla popolazione. La strage di Nassiriya, in cui hanno perso la vita a 12 carabinieri, quattro militari della brigata Sassari, 1 tenente dell’esercito, un volontario e un regista italiani, è cronaca delle settimane scorse ma resta intatto lo sgomento per questa tragedia che ci ha colpito e la grande partecipazione di tutti gli italiani, che hanno riscoperto il senso della Patria.
    Purtroppo, man mano che passano i giorni si aggrava tragicamente il bilancio di questa nuova guerra nella culla dell’antica civiltà babilonese, una guerra fatta di episodi singoli di terrorismo di efferata crudeltà.
    Eppure noi perseguiamo la pace, sicuri che prevarrà. Per questo i nostri militari si trovano oltre i confini della Patria: in Bosnia, Kosovo, Afghanistan, teatri geopolitici inquieti nei quali è necessario ripristinare condizioni di sicurezza e di ripresa economica, sociale e politica.
    In Iraq ci sono 2400 militari italiani delle quattro armi (Carabinieri, Esercito, Marina e Aviazione) al comando del brigadier generale degli alpini Giorgio Cornacchione, che ha assunto la responsabilità dell’Operazione Antica Babilonia proprio pochi giorni prima della strage di Nassiriya, sostituendo il maggior generale
    Adriano Santini. Il contingente italiano ha compiti delicatissimi: contrastare la criminalità locale e il traffico di armi ed esplosivi, riorganizzazione della polizia locale costituita da circa 2.000 persone; ripristino del funzionamento di tribunali e
    delle strutture di detenzione. Ci sono poi le operazioni in mare svolte dalla nave San Giusto (controlli del carico dei mercantili e delle altre navi in transito) e le operazioni aeree compiute dal 6º Reparto e dagli elicotteri della Marina.

     

     

    Il brig. generale degli alpini Giorgio Cornacchione, comandante del contigente italiano, sulla nave San Giusto.