In migliaia gli ex del battaglione al 13 raduno

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    Cento anni. Un secolo di storia, di eroismi, di sacrifici. Cento anni che il battaglione Cividale della Julia, sciolto nel 1995, ha celebrato con il tredicesimo raduno degli alpini che nelle sue fila hanno prestato servizio e che, a migliaia, si ritrovano a Cividale del Friuli agli inizi di gennaio di ogni anno per mantenere viva la memoria del reparto.

     

    La data coincide, giorno più giorno meno, con quella della conquista, nel gennaio del 1943 a Kalitwa, in Russia, della collina che la storia ci ha tramandato come Quota Cividale , riconoscimento ai nostri alpini che difesero quell’avamposto pagando un tributo altissimo di vite. Subito dopo lo scioglimento del Battaglione nacque, per volontà dei suoi vecchi comandanti, l’associazione Fuarce Cividât , così denominata richiamando il motto del reparto. Sin dal primo anno, quasi esclusivamente con il sistema del passaparola, furono diverse centinaia i partecipanti al raduno.

    La tradizione, anche quest’anno rispettata, vede gli alpini in visita a Chiusaforte, già sede del reparto (molti vorrebbero, magari solo per quel giorno, riaprire la vecchia caserma Zucchi, a Cividale). Il programma prevede inoltre, nella giornata di sabato, l’assemblea dell’associazione presieduta dal generale Maurizio De Stefani, la consueta resa degli onori ai Caduti e una serata celebrativa nel Teatro della città ducale.

    In una sala stracolma si sono succeduti vari momenti, anche di intensa emozione. Come ad esempio il collegamento in videoconferenza con il comandante dell’8º reggimento della Brigata Julia, di stanza a Cividale, attualmente impiegato nella zona di Herat, in Afghanistan. Il comandante, colonnello Luca Covelli, ha avuto modo di parlare con il generale Bruno Petti, comandante delle Truppe alpine, con il generale De Stefani e con il presidente della sezione Ana di Cividale Rino Petrigh.

    Davanti ad un pubblico attento ed emozionato, il colonnello Covelli ha avuto modo di spiegare compiti e funzioni che il suo reggimento sta svolgendo in zona afghana. Accanto a lui il comandante della 115ª Compagnia, che rappresenta la continuità del battaglione Cividale. Successivamente è stato dato l’avvio alla tradizionale raccolta di fondi destinati aldila Fondazione Don Gnocchi per una casa per disabili in Bosnia, di cui sono state proiettate numerose immagini.

    La serata ha visto anche la presentazione di un libro (una ristampa curata dall’Associazione) sulle gesta del Cividale nella prima guerra mondiale, di un filmato di Guido Aviani Fulvio, e dell’applauditissima esibizione del coro alpino Montenero . In precedenza, nella sede centrale della Banca Popolare di Cividale, era stata inaugurata una mostra di cimeli storici curata dal professor Enrico Folisi.

    L’indomani, domenica 12 gennaio, il glorioso Cividale ha vissuto, con l’abbraccio di oltre seimila alpini, il suo grande momento. Dopo la deposizione di una corona al monumento ai Caduti dei battaglioni Cividale, Val Natisone e Monte Matajur, dell’alzabandiera solenne in piazza del Duomo e della Santa Messa, fra due ali compatte di folla le migliaia di alpini hanno percorso le vie dalle città preceduti, sulle note della fanfara della Julia, dalla Bandiera di Guerra del battaglione, giunta dal Vittoriano di Roma a Cividale per onorare il centenario della nascita del reparto. A seguire la lunga fila delle vecchie compagnie con i nomi suggestivi e mai dimenticati: la Cacao , la Bella , la Valanga , la Terribile , la Tormenta .

    In apertura della sfilata, le autorità militari e civili, i vari comandanti del Battaglione, le camionette con i pochi reduci della Campagna di Russia, le cinque fanfare, il vice presidente nazionale vicario dell’ANA Marco Valditara, il già presidente nazionale Giuseppe Parazzini, il gen. Maurizio Gorza coordinatore della protezione civile ANA, il comandante della Julia Gianfranco Rossi, il comandante del distaccamento dell’8º, ten. colonnello Enrico Baisero, centinaia di vessilli e gagliardetti di sezioni e gruppi ANA, la rappresentanza con i vessilli della Associazione internazionale dei Soldati di Montagna.

    All’interno della caserma Francescatto i discorsi ufficiali del comandante delle Truppe Alpine, Generale Bruno Petti, del presidente della Provincia di Udine Pietro Fontanini, del sindaco di Cividale Attilio Vuga, del vice presidente nazionale Ana Marco Valditara, del presidente di Fuarce Cividât Maurizio De Stefani. Con le note del Silenzio l’omaggio al monumento ai caduti e, in un religioso e quasi irreale raccoglimento, i mesti rintocchi della campana suonata da un reduce di Russia.

    Al calare della sera l’ammainabandiera ha concluso due giorni di ricordi. Una rimpatriata per veci e bocia , legati indissolubilmente dal cappello alpino e dalla memoria del vecchio Battaglione.

    Enzo Driussi


    Il Generale, il reduce e la Bandiera

    Lo aveva promesso ad un suo sottufficiale e, con disarmante semplicità, lo ha fatto. Il sottufficiale in questione, che per motivi di salute non era potuto intervenire alla cerimonia per il centenario del btg. Cividale, era proprio quello che aveva scortato la Bandiera di Guerra di quel reparto al Vittoriano a seguito dello scioglimento del battaglione. Signor generale, baciate quella Bandiera anche per me! deve avergli detto, e il generale, un tempo comandante di quel battaglione, glielo aveva promesso. E così, nell’assoluto silenzio della caserma Francescatto, di fronte alle autorità civili e militari e nel pieno della manifestazione ufficiale, il gen. Bruno Petti, consapevole di rompere il cerimoniale, è sceso dal palco, si è avvicinato ad un reduce, Ermenegildo Rucli, e con lui si è avviato verso la Bandiera di Guerra del battaglione Cividale giunta, per l’occasione, da Roma.

    Con evidente commozione il reduce ed il generale si sono fermati davanti al drappo, lo hanno salutato e poi, a turno, si sono chinati per baciarlo. Potrebbe sembrare un episodio come tanti e forse è proprio così. Per gli alpini è la norma. La sostanza prevale sempre sulla forma. Tuttavia vedere il comandante delle Truppe alpine che forza il cerimoniale per tener fede ad una promessa fatta ad un suo alpino, allarga il cuore. Certo la promessa avrà anche in parte coperto il desiderio dello stesso generale (già comandante di quel battaglione) di compiere quel gesto di deferenza. Ma è comunque la prova, se mai ve ne fosse bisogno, che l’azione degli alpini è sempre legata allo spirito e al sentimento, a prescindere dal grado, dall’età, dalle esperienze e dalle responsabilità.

    Casare Lavizzari

    Pubblicato sul numero di febbraio 2009 de L’Alpino.