Il valore della libertà

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    Ti scrivo per chiederti di aiutarmi a capire il senso (o il nonsenso) di un certo giornalismo di oggi. Finora non ci sono riuscito, neanche affidandomi un paio di volte tempo addietro a un quotidiano di primaria importanza. Non ho avuto risposta e me ne sono fatto una ragione: troppe lettere pervengono al direttore oppure alcune non sono riscontrabili. L’argomento che ti propongo non è di carattere alpino, ma riguarda anche ogni alpino che, come me, vorrebbe capire alcuni fatti del nostro mondo, non da addetto ai lavori ma da semplice lettore.

     

    “La comunicazione oggi si sta trasformando in un rito di indignazione a ciclo continuo che finisce per mettere sullo stesso piano le cose serie e quelle banali”. Non è un’affermazione mia, non sarei stato in grado di sintetizzarla così bene. Talvolta è falsa e può diventare tossica. I complottisti e i demolitori di professione ci sguazzano, hanno bisogno che le cose vadano sempre peggio. Questo non è civismo, è ignoranza, è idiozia. Don Bruno, noi alpini siamo uomini come tutti gli altri, ci mancherebbe, ma se davvero cerchiamo di essere in qualche modo paladini della verità, dobbiamo stare molto attenti a non schierarci immediatamente di qua o di là. Io sono ferito da certo giornalismo trasversale (che giornalismo non è), il quale, invece della cronaca vera e onesta, fa titoli velenosi a sei colonne direttamente in prima pagina, demolisce gratuitamente uomini e idee, talvolta con un vocabolario disgustoso. Notizia e opinione (quest’ultima sia pure graffiante o implacabile) vanno separate! Siamo riusciti a far diventare il nostro tempo l’era della post-verità: contano ormai più le opinioni dei fatti. È questa una civiltà intelligente? Bella roba.

    Ermanno Germanetti, Sezione di Biella

    Caro Ermanno, tu tocchi un tasto doloroso. Da una parte una cultura avanzante che privilegia lo scandalo, il pettegolezzo, la cronaca nera, insomma, il fascino del male. Dall’altra tanto pseudo giornalismo non al servizio dei fatti ma di potentati vari. Ecco perché dobbiamo essere tenaci nel tener vivo anche lo strumento che è il nostro mensile. Noi siamo poveri perché liberi, ma siamo liberi perché non vogliamo venderci ad alcuno.