Il valore del ricordo

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    A vederli sfilare per il centro di Brescia a centinaia, a migliaia, con i loro vessilli e gagliardetti, orgogliosi e compatti in una fila che non finiva mai, c’era da chiedersi che senso avesse tutto questo, questa ricorrenza di Nikolajewka, lontana non meno di tre generazioni, e celebrarla come se la battaglia fosse avvenuta ieri. Gli alpini sono gli unici a farlo, e a coinvolgere anche tanta gente.

     

    Che senso, in una società così distratta i cui valori ricorrenti sono quelli dell’egoismo, mentre concetti come onestà, altruismo, generosità e soprattutto senso dello Stato e del dovere sembrano vetusti e superati. Lo ha spiegato il presidente nazionale Corrado Perona parlando la domenica mattina a Brescia, a conclusione della grande sfilata in una piazza Paolo VI gremita: “Per non dimenticare quanti sono caduti e avere come riferimento i nostri reduci – ha detto -.

    Perché abbiamo molto da trasmettere alle nuove generazioni, soprattutto in questo momento storico. Dobbiamo tramandare cose belle, parlare di amicizia in una società che non capisce”. Ricordare (l’anniversario cadeva proprio nel “Giorno della memoria” dell’olocausto, così profondamente legato a quell’infausto periodo storico) i valori di riferimento che ci sono stati tramandati e che sono rappresentati da quei reduci il cui numero si restringe di anno in anno, che sono parte del nostro patrimonio e la nostra ricchezza: sono quelli che ci parlano ancora di dovere e di sacrificio, di onore e fedeltà, della famiglia, di rispetto dell’altro, di solidarietà.

    Valori per i quali i nemici di ieri diventano amici oggi, in una condivisione che unisce e fa comprendere anche il dolore degli altri, mentre ci chiediamo come sia stato possibile finire nel fuoco della più grande guerra mai combattuta nella storia dell’uomo. Nikolajewka è il paradigma di questa assurdità, nel bene e nella tragedia. È la conclusione d’una Campagna tragica che era persa sul nascere.

    Peccato davvero che non venga studiata abbastanza nelle scuole, che sia ancora politicamente poco corretto studiarne i fatti senza pregiudizi. Sarebbe più facile avere il senso d’identità e soprattutto conoscerne il valore. Ecco dunque che ricordare è un dovere ed ha un senso. Gli alpini, in occasione dell’anniversario della battaglia che portò i nostri combattenti fuori dalla sacca in quel tragico gennaio del 1943, si ritrovano ogni anno a Brescia con un cerimoniale le cui scansioni non perdono mai di significato, anzi si ha l’impressione che ogni anno aumenti la partecipazione e il sentimento, quasi a controbattere la caduta di valori d’una società confusa.

    Ci sono stati, nei giorni precedenti il raduno, mostre, serate, incontri di reduci con le scuole, presentazioni di libri fino al sabato mattina, alla scuola Nikolajewka – un istituto per miodistrofici costruito dagli alpini per onorare i Caduti in Russia – all’apertura ufficiale del raduno. Il tricolore e la bandiera russa sono saliti sullo stesso pennone agli inni nazionali dei due Paesi.

    Rendevano gli onori una compagnia del 5° reggimento Alpini con la fanfara della Julia. Sul piazzale, un gruppetto di reduci accanto al Labaro con il presidente Perona e il Consiglio Direttivo Nazionale. Schierati, con i vessilli e gagliardetti e i comandanti di reggimento della Julia. Ospiti d’onore il generale Alexander Prikhodko, addetto militare all’ambasciata Russa di Roma, con il col. Sergey Schukrov e Marina Mitusova, vice sindaco di Livenka, cittadina della quale Nikolajewka è oggi un sobborgo. Non ci sono stati discorsi, solo le parole di un reduce, Diotalevio Leonelli, della 36ª batteria del gruppo Val Piave, che ha ricordato come superò il vallo della ferrovia e la figura del generale Reverberi, al grido “Tridentina, avanti!” in quell’inferno dal quale non sarebbe uscito nessuno. E poi, in Italia, la vista del padre e dei fratelli che lavoravano nel campo di casa vicino alla linea ferroviaria mentre il treno dei reduci passava diretto a Ferrara.

    Nel pomeriggio di sabato la sfilata dallo Spalto San Marco fino a piazza della Loggia, dove il generale di Corpo d’Armata Alberto Primicerj, comandante delle Truppe alpine, ha voluto al suo fianco il presidente Perona e il generale Prikhodko passando in rassegna il 5° reggimento schierato e la selva di vessilli e di gagliardetti. È stato un momento davvero storico. Poi i discorsi del sindaco Paroli (“Alpini, siete i nostri angeli custodi”), al quale è seguita la consegna del piastrino di un alpino, Luigi Rodolfi di Bedizzole (Brescia), trovato da un operaio che faceva uno scavo nei pressi del terrapieno della ferrovia, a Nikolajewka.

    Il piastrino è stato consegnato al nipote che porta il nome del nonno dalla vice sindaco Marina Mitusova, che il ricordo dei Caduti di entrambi dev’essere monito ai giovani per perseguire la pace. Poi la Messa, celebrata dal vescovo mons. Luciano Monari con i cappellani militari. Traendo lo spunto dal Vangelo di Luca che narra della visita di Gesù nella sinagoga di Nazaret, e legge un passo dal rotolo di Isaia, ha affermato che ogni uomo è il completamento dell’altro ed è circondato dall’amore e dal perdono di Dio. Al termine della Messa, la Preghiera dell’Alpino e l’intervento di un pope che ha recitato in russo, tradotta poi in italiano, la preghiera per i Caduti. A sera, concerto del coro sezionale “Alte Cime” e dei “Crodaioli” di Bepi De Marzi: un grande concerto e un grande successo.

    Domenica la sfilata, con quaranta vessilli e 420 gagliardetti e un mare di alpini che non finiva mai. Dal palco delle autorità, allestito davanti al duomo in piazza Paolo VI, il presidente della sezione Davide Forlani ha assicurato i reduci presenti, una dozzina, che gli alpini e l’Associazione non dimenticheranno mai i loro sacrifici e il loro esempio. Il sindaco Paroli ha auspicato il gemellaggio della città con Livenka; il prefetto di Brescia Livia Brassesco Pace si è detta “orgogliosa di essere prefetto di questa Repubblica che voi avete onorato”.

    L’addetto militare russo gen. Prikhodko ha affermato che il governo del suo Paese tiene in gran conto la collaborazione con l’Italia e che il nome di Nikolajewka unisce l’Italia e la Russia e non va dimenticato mai. Ha concluso con un triplice “Viva l’Italia, viva la Russia, viva gli Alpini”. È seguito l’intervento del gen. Primicerj, per il quale “i reduci danno costante esempio ai giovani e ai nostri alpini che sono schierati fuori dai confini nazionali.

    A loro va la nostra riconoscenza e il nostro rispetto”. Ha chiuso il presidente Perona, che ha fra l’altro ricordato come è nata l’idea dell’asilo a Rossosch, del desiderio, oltre le celebrazioni e i monumenti ai Caduti, di costruire qualcosa di vivo: ed è nato l’asilo “Sorriso”, che è diventato un punto di riferimento e al quale, in settembre 2013, sarà fatto un raduno nel ventennale della costruzione.

    Giangaspare Basile