Carissimo don Bruno, mi permetto innanzitutto di darti del tu come si fa tra di noi e vengo subito al dunque: sono veramente stufo di tutta questa retorica che coinvolge il Vajont ogni volta che ci avviciniamo alla triste e famosa data della tragedia.
Tutto quel che è successo (o non successo), è la quintessenza dell’Italia. Interessi enormi e politici conniventi e nessuno che paga, ormai mi si dirà che sono passati 50 anni e chi doveva beneficiare degli eventuali aiuti non c’è praticamente più, senza contare che la vita di chi è sopravvissuto non è stata più la stessa e non lo sarà più. Io vivo a Treviso e forse il problema lo sento più di altri, nel 1963 avevo 5 anni e vivevo vicino al Piave e mi ricordo molto bene il viavai di ambulanze, camion militari, sirene e il pianto delle mamme per una tragedia che doveva essere evitata. Allora faccio una considerazione piccola piccola: non è che in 50 anni sia poi cambiato molto, gli interessi e la politica continuano il proprio percorso sulla falsariga di sempre, l’unica certezza positiva siamo noi alpini, oggi come allora punto fermo di un’Italia come dovrebbe essere, ma che molto spesso, (soprattutto nei palazzi di Roma), viene sminuita da chi coltiva solo la logica del profitto e venderebbe volentieri la madre per qualche euro.
Enzo Dal Sie – Gruppo di Ponzano, sezione di Treviso
Caro Enzo, non credo che quella del Vajont sia retorica. Duemila morti sono qualcosa di più di un incidente e l’assenza di risposte da parte dello Stato non può chiudersi con l’inaugurazione di qualche monumento.