Il coraggio non trema

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    A cavallo fra Umbria, Lazio, Abruzzo e Marche, sta la parte nascosta dell’Italia più colpita dal sisma del 24 agosto 2016. Amatrice, Norcia, Accumoli, Arquata del Tronto e le loro tantissime frazioni hanno subito danni gravi, risultando in gran parte rase al suolo. Una notte tragica nel racconto di un testimone. «Siamo stati svegliati in piena notte da quella terribile, singola scossa, e siamo vivi per miracolo», mi racconta Stefano Piergiovanni che era ad Arquata del Tronto con sua moglie Lidia e le sue figlie Monica e Ludovica.

     

    Stefano lavora nel settore editoriale e poligrafico e vive oggi nella zona di Teramo. Come ogni anno era tornato nella sua Arquata, quella della sua famiglia, dove aveva conosciuto e sposato sua moglie Lidia, anche lei originaria di questa cittadina. Il suo è un racconto dettagliato di quella notte, della difficoltà di uscire dalla casa di famiglia danneggiata, del soccorso prestato sul momento ai vicini sepolti dalle macerie, delle perdite di amici carissimi a pochi passi da casa.

    Il suo rinnovato dolore è un triste album fotografico che raccoglie in scatti nitidi i minuti, le ore di una distruzione totale che ha privato la bellissima Arquata del Tronto della sua storica bellezza di antico borgo e che ha purtroppo portato con se nuove vittime. «Eravamo tornati come ogni anno per l’estate e con le mie figlie e avevamo appena concluso la sera precedente una mostra fotografica promossa dall’Associazione Arquata Potest che raccontava il nostro paese».

    Erano state giornate di festa. Quegli scatti che raccontavano lo spirito di Arquata, Stefano li ha voluti recuperare dalla sua casa in zona rossa, compromessa dal terremoto, riattraversando quegli spazi dove «il silenzio assordante della notte e il sapore amaro della polvere» hanno accompagnato la salvezza della sua famiglia fra i sassi e le macerie di quegli attimi indimenticabili. «Vorrei tornare ad esporle così, rovinate dalla pioggia e dalla polvere» ci ha detto Stefano, perché Arquata ha ora bisogno della sua memoria, della sua religiosità, del suo carattere, ma anche «perché la sua ricostruzione sia frutto dell’affetto e dei ricordi di una comunità. Solo il lavoro e la costanza la faranno rinascere».

    Sono gli stessi sentimenti che animano Silvio Perla, restauratore, originario di Pretare di Arquata del Tronto, a pochi chilometri da Arquata, ai piedi del Monte Vettore. «Eravamo a Pretare la mattina del 23 agosto 2016. Mia moglie ed io ci trasferiamo sempre nel paese di origine della mia famiglia da Ascoli, d’estate da giugno a novembre », racconta. Qui si trovano le radici della famiglia Perla e opera ancora oggi l’azienda di restauro e falegnameria.

    «Abbiamo portato quassù, a più di 900 metri, opere e oggetti da restaurare sin da quando mio Padre Pasquale aprì la sua prima falegnameria nel 1957, tornando da Roma dove si era specializzato come ebanista, sulle orme di nonno Orlando, falegname». La ditta Perla oggi ha un laboratorio danneggiato di 1.500 metri quadri a Pretare di Arquata, un vero e proprio centro di restauro dove si eseguivano lavori di pulitura, sabbiatura, reintegri e verniciature, in legno, lapideo e pittura. Sono gli artigiani che hanno realizzato, fra l’altro, l’attuale cornice della “Sindone di Arquata”, ma anche restaurato le più belle porte delle grandi chiese di Ascoli Piceno, oltre ad aver riportato alla luce tante opere lignee laiche e religiose.

    Silvio Perla ebbe una strana sensazione il 23 agosto e pensò che fosse meglio tornare ad Ascoli, interrompendo le vacanze, fatto del tutto inusuale, ma che gli ha salvato la vita. Se la notte del terremoto fosse restato a casa a Pretare con sua moglie proprio uno di quei grandi quadri che custodisce gelosamente a casa, «a capo letto », staccatosi con parte della parete li avrebbe irreparabilmente colpiti. Silvio ringrazia Dio per quell’intuizione, anche se un incidente lo ha avuto nei giorni seguenti il terremoto, durante il trasferimento urgente delle macchine della sua falegnameria da Pretare al nucleo industriale di Ascoli Piceno.

    Oggi segue con una gamba ingessata i lavori di ripristino dell’azienda familiare e con suo fratello Massimo hanno deciso di non fermarsi ma anzi, per affrontare quel lavoro che verrà, «se la provvidenza vorrà», hanno assunto con loro Fabrizio, restauratore di Accumoli che ha perso tutto, casa e attività nella stessa notte del 24 agosto. Quella faglia li ha uniti in una sfida: far rinascere tanta bellezza sepolta sotto le macerie di una storia alla quale da generazioni hanno contribuito con forza e perseveranza, consapevoli della loro capacità artigiana. Primi passi di un rinnovato cammino.

    Massimo Alesii
    alesii.massimo@tin.it