Un eroe. È Giuseppe La Rosa capitano dei Bersaglieri, che in Afghanistan si è gettato su una bomba a mano lanciata a bordo del “Lince”, facendo scudo ai suoi compagni, salvandone la vita. Il nostro mensile arriva in ritardo con questa tragica notizia, per comprensibili tempi di stampa, ma ciò non diminuisce lo sconcerto e il dolore per quanto è avvenuto in quella terra dove si trova anche la brigata Julia e dove sono caduti tanti nostri alpini.
Sconcerto e dolore, ma anche profonda ammirazione e orgoglio per l’esempio del sacrificio di questo nostro soldato impegnato a costruire normali condizioni di vita in una terra da decenni tormentata dalla guerriglia. L’attentato è avvenuto nei pressi della base di Farah, alla quale era diretta la pattuglia composta da tre “Lince” dopo aver svolto attività in sostegno alle unità dell’esercito afgano. Ad un incrocio molto trafficato il convoglio ha rallentato, ed a questo punto un giovane ha gettato la bomba a mano attraverso la botola superiore del primo blindato. Pochi istanti dopo, l’esplosione e la morte del capitano, mentre gli altri tre militari a bordo hanno riportato ferite non gravi.
Qualche giorno dopo l’attentatore è stato riconosciuto e arrestato dalla polizia afgana, alla quale ha confessato di essere l’autore dell’attentato: si chiama Walick Ahmad, ha vent’anni, ed è lo stesso che il giorno prima, al passaggio di un convoglio, aveva lanciato un altro ordigno che non era però esploso. Secondo quanto ha riferito alla Camera il ministro della Difesa Mario Mauro, l’attentatore ha goduto della complicità di alcuni uomini sul posto e probabilmente anche di un poliziotto. Solenni sono stati i funerali del capitano, promosso al grado di maggiore con decorrenza dal 7 giugno, il giorno prima della morte. Sono stati celebrati nella basilica romana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, presenti i genitori del Caduto, straziati dal dolore, e le massime autorità dello Stato, dal Presidente Napolitano al capo di Stato Maggiore della Difesa ammiraglio Binelli Mantelli.
L’ordinario militare, mons. Pelvi, ha affermato che “va manifestata doverosa riconoscenza a chi, pagando di persona con le lacrime e il sangue costruisce nell’inferno afgano il futuro sereno della popolazione. E non è certo aiutato – ha ammonito – dalle nostre sensibilità altalenanti, né da interessi di parte, né da comportamenti egoistici…”. Al termine la salma del Caduto è stata trasferita a Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese, paese di residenza della famiglia, dove ha ricevuto l’omaggio di migliaia di cittadini nella camera ardente allestita nella sala del Consiglio comunale. Poi la tumulazione.