I genieri alpini a Kabul nella guerra degli ordigni

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    Hanno compiuto oltre 180 interventi e rimosso ben 440 ordigni: è il bilancio di due anni di attività degli specialisti del 32° reggimento genio guastatori alpini della Brigata Taurinense , di stanza a Torino.

     

    Un tempo si usava il termine artificieri’ per indicare chi trova, identifica, neutralizza e poi distrugge residuati bellici e affini. Oggi, i genieri dell’Esercito adoperano una sigla inglese, EOD, che sta per Explosive Ordnance Disposal, cioè bonifica ordigni esplosivi: esattamente il compito che assolvono dal 1 aprile del 2006, giorno in cui hanno assunto la responsabilità per tutto il territorio italiano del nordovest.

    Ogni settimana il 32º reggimento riceve in media 2 3 chiamate da parte delle prefetture competenti o dei Carabinieri del luogo dove vengono rinvenuti residuati bellici: il più delle volte si tratta di cantieri di ristrutturazione che prevedono scavi o movimento di terra. Il Piemonte è la regione che ha registrato il numero più alto di interventi (70 del totale), seguita da Liguria (25 ) e Valle d’Aosta (5 ).

    La maggior parte degli ordigni ritrovati dai team EOD del genio alpino sono bombe a mano e proiettili di artiglieria, spesso ancora in buono stato di conservazione ed ancora a rischio di esplosione.

    L’esperienza, gli operatori specializzati del 32º reggimento l’hanno accumulata nel corso delle missioni all’estero, in paesi martoriati dalla guerra: Bosnia, Kosovo, Albania, Libano ed Afghanistan. Molto spesso gli ordigni sono fabbricati artigianalmente, con materiali di fortuna e riciclando materiale esplosivo di recupero: i cosiddetti IED, Improvised Explosive Devices, che comprendono oltre alle mine giubbotti imbottiti di tritolo, automobili o motociclette riempite di esplosivo ed ordigni comandati a distanza.

    Vittime principali degli ordigni sono i civili, in particolare i bambini, visto che alcune munizioni hanno forme che attirano la curiosità per poi rivelarsi trappole letali. Per dare un’idea della gravità del fenomeno, solo a Kabul, l’ospedale ortopedico della Croce Rossa Internazionale di Ginevra (diretto dal piemontese Alberto Cairo) cura 6.000 persone l’anno, per lo più vittime di esplosioni. Senza contare chi perde la vita.

    Nelle varie missioni multinazionali, i genieri alpini svolgono in collaborazione con le agenzie delle Nazioni Unite, anche opera di prevenzione, tenendo lezioni di riconoscimento degli ordigni esplosivi e di comportamento ad un pubblico selezionato: bambini delle scuole e forze armate locali. Attualmente sono 58 i genieri alpini all’opera in Afghanistan, inquadrati nella compagnia che fa parte del contingente italiano a Kabul, la cui ossatura è costituita dal 2º reggimento Alpini di Cuneo. Il lavoro non manca nella capitale afgana: ricognizioni, bonifica di ordigni, interventi in caso di incidente.

    Da gennaio di quest’anno sono stati ritrovati e distrutti ben 300 razzi ed altrettante bombe da mortaio, senza contare le migliaia di munizioni di ogni calibro. Da qualche anno i team EOD possono contare su equipaggiamenti di ultima generazione, come il robot telecomandato, e su team cinofili addestrati al riconoscimento degli esplosivi. In Afghanistan ci sono sei animali che escono in pattuglia insieme al proprio operatore, con il quale esiste una perfetta sintonia. Fidji (nella foto), questo il nome di una giovane femmina di pastore belga Malinois, è in grado di riconoscere un ordigno sospetto e di dare conferma all’operatore che si tratta proprio di esplosivo.

    Si intendono a gesti, e quando il cane si ferma perfettamente immobile davanti a qualcosa di sospetto significa che è il caso di intervenire: direttamente o utilizzando per le operazioni il robot teleguidato a distanza dall’operatore, il quale può vedere attraverso l’occhio della telecamera e disattivare l’ordigno per mezzo del cannone ad acqua montato sullo stesso robot. Ma è l’esperienza lo strumento principale adoperato dagli specialisti: solo con il tempo e lavorando sul campo si acquisisce la sensibilità giusta per operare in sicurezza ed eliminare i pericoli di esplosione. A Kabul come a Torino.

    Mario Renna (capo cellula P.I. Kabul)


    Alcuni genieri impegnati nella preparazione della buca di brillamento degli ordigni recuperati.


    Con il fido cane addestrato nel fiutare gli esplosivi: un collaboratore indispensabile per la scoperta di arsenali nascosti.