I caff nella storia, e nel cuore di Trieste

    0
    543

    DI SERGIO GASPÀRI


    Entravano, facevano bottino delle paste, dei liquori e delle argenterie. Poi mandavano in frantumi tavoli e specchi. Infine mettevano in azione il petrolio, la benzina e le vampe’. Così un cronista dell’epoca ricorda la furia distruttrice che i gruppi anti italiani scatenarono contro numerosi caffè, tradizionali ritrovi degli irredentisti, alla notizia della dichiarazione di guerra da parte dell’Italia all’Austria Ungheria, il pomeriggio del 23 maggio 1915 a Trieste: ‘Arsero completamente il caffè Fabris ed il caffè Portici di Chiozza: in quest’ultimo la distruzione fu così integrale che all’indomani, nell’atrio carbonizzato, non si trovò che il contorto scheletro di ferro di qualche seggiola. Devastazioni gravissime subirono anche il caffè Milano, il caffè San Marco, il caffè Edison. Il proprietario del caffè Stella Polare dovette difendere da sé il suo esercizio accerchiato da una masnada avida di rapina’.
    I caffè triestini, sempre in prima linea sono un pezzo di storia della città, ne rispecchiano i tempi, nella buona e nella cattiva sorte. Con i loro giochi di carte, scacchi, domino e biliardo, con le loro sale da lettura e da conversazione, con i concerti e i dehors nella bella stagione, moltiplicano le occasioni di incontri sociali e di intrattenimento, quando non addirittura di impegno sindacale e politico.
    Nel 1865 il caffè degli Specchi mette a disposizione della clientela ben quarantotto testate di giornali, di cui ventitré in lingua italiana, sei in francese (di cui una stampata a Trieste) e due in inglese.
    Quando nel dicembre del 1867 la Direzione di Pubblica Beneficenza sollecita offerte in denaro da distribuire ai bisognosi per l’anno nuovo, la raccolta viene effettuata nei caffè più noti. La stessa ‘Società del Progresso’ per le raccolte di firme su petizioni d’interesse cittadino distribuisce i fogli di sottoscrizione nei maggiori locali pubblici della città. Il raduno per la festa di primavera al primo di maggio è fissato dentro o davanti al caffè Ferrari alle quattro e mezzo del mattino (!) per salutare l’alba al suono delle musiche della banda cittadina. Anche
    le contravvenzioni elevate a carico degli esercenti hanno fin di bene: le multe pagate impinguano il bilancio dell’Istituto dei Poveri.
    Già nel 1739 quando Trieste conta poco più di cinquemila abitanti e su piazza Grande (oggi dell’Unità d’Italia) si affacciano le tre prime caffetterie, una sotto l’antica Locanda e due (di Vincenzo Buona Ventura Vanin e di Francesco Stefani) al pianterreno del palazzo comunale per poter servire con maggior e più agiato comodo quest’ illustrissima Nobiltà e i cittadini, esse provvedono ad una speciale illuminazione la sera del Venerdì Santo. È una cittadina operosa con molti artigiani (in prevalenza calzolai e falegnami o come si diceva allora, marangoni). Le persone prive di un lavoro ed oziose sono viste come pericolose e sospette ma gli zingari, i pellegrini privi di documenti, agli astrologhi, i maghi, gli scavatesori, i giocatori di bussolotti, i saltimbanchi e simili sono considerati gente pericolosa e qualora capitassero arrestarli e cacciarli dal territorio. Alcuni vengono anche incarcerati: in quel caso ogni mattina, scortati, escono a ramazzare le strade. Gli incorreggibili sono arruolati militari.
    La popolazione aumenta, la città si ingrandisce, i caffè si moltiplicano. Nel 1782 sono ventisei; nel 1808 quarantadue (uno riservato alla comunità israelitica) di cui 28 con biliardo. I più famosi?Lo storico Giuseppe Caprin ne enumera alcuni: lo
    ‘Stella Polare’ in cui, allora, conveniva la colonia tedesca; il caffè Greco, ritrovo d’orientali; il ‘Pierino’ dei negozianti, il ‘Griot’ dei nobili e dei burocrati.
    Apertura alle quattro e mezzo del mattino e chiusura alla mezzanotte, ma molti ottengono dalla direzione di Polizia di protrarla sino alle due del mattino. Non mancano le caffetterie autorizzate a rimanere aperte tutta la notte. Sino alla primavera del 1894 i camerieri indossano il frac con le code di rondine: poi lo smoking nero, egualmente elegante ma molto più pratico.
    Nel maggio 1915 di caffetterie ne esistono a Trieste settantadue: come si è detto molte vengono distrutte dalla furia anti italiana, altre erano già state chiuse alle prime avvisaglie del conflitto ed i rispettivi proprietari riparati in Italia, altre ancora vengono fatte cessare d’autorità nei mesi successivi perché di proprietà di cittadini italiani. Alla fine ne rimangono in attività solo quarantasette.
    A guerra conclusa tutti i caffè chiusi tornano in attività. Ma hanno perso un po’ del loro smalto: è cessato l’obbligo di consumare il caffè, il the, la cioccolata e le altre bevande calde, i ‘rinfreschi’ (gelati compresi) e le ‘bevande spiritose’ (liquori) solo ai tavolini. È finita la belle epoque: al caffè di cuccuma si preferisce quello della macchina espresso, servito rapidamente al bancone del bar. Alla fine della seconda guerra mondiale molti sono requisiti dall’amministrazione militare alleata: alla riapertura, dopo il 1954 ben presto cessano di essere remunerativi per gli altissimi affitti (i locali erano assai ampi) e le crescenti spese di conduzione. Anche gli stili di vita sono mutati, con la nascita della televisione e la diffusione delle autovetture: iniziano le cessioni, i ridimensionamenti, le cessazioni.
    In questi ultimi anni si usa chiamare ‘caffè’ qualsiasi bar, purché dotato anche di un solo paio di tavolini: ciò non compensa minimamente dell’irrecuperabile perdita di un patrimonio così prestigioso da essere parte rilevante della storia della nostra città. Delle antiche tradizionali caffetterie oggi ne sopravvivono ben poche.





    • CAFFÈ DEGLI SPECCHI
      piazza dell’Unità d’Italia (già piazza Grande) 7.

      Apre nel 1829 sulla principale piazza cittadina. È testimone dei più importanti fatti della storia della città, compresa l’apparizione per la prima
      volta ed in piena dominazione austriaca della bandiera tricolore italiana sulla torre del palazzo comunale. È domenica 20 settembre 1903: la piazza è gremita ed il vessillo continua a garrire a lungo tra l’entusiasmo di tanti. Ai gendarmi non riesce di ammainarlo, essendo la porta della torre chiusa a chiave e la toppa riempita di piombo e chiodi. Il Caffè, requisito dalle forze
      alleate dal 1945 al 1952, fu oggetto di un radicale restauro alla fine degli
      anni ’60.
      È in attività e riserva il lato sinistro dei suoi enormi saloni ad un qualificato
      ristorante. Meta obbligata per chi visiti la città.


    • CAFFÈ TERGESTEO
      Piazza della Borsa 15 (all’interno della crociera del palazzo ottocentesco del ‘Tergesteo’).
      Nel giugno 1842 il Lloyd Austriaco di Navigazione apre nei locali interni al Tergesteo prospicienti la piazza del Teatro Grande (ora piazza Verdi) una sala da lettura servita da caffè e rinfreschi ad uso dei propri dipendenti. Appena sei mesi dopo (16 gennaio 1843) si trasforma in una normale caffetteria aperta al pubblico.
      È in attività e dispone di un posteggio coperto, riscaldato d’inverno.


    • CAFFÈ EDISON
      Viale XX Settembre (già via dell’Acquedotto) 16

      Assume quest’insegna nel 1908 dopo un radicale restauro, in onore dell’inventore della il
      luminazione elettrica, di cui il locale fa tanto impiego.
      È uno dei più grandi caffè della città, tanto che ancora nel 1933 dichiara di avere in media ben 14 dipendenti. Poi viene radicalmente ridimensionato. Di esso rimane in attività il bar ‘Rio’, all’angolo con la via Spiro Xidias.


    • CAFFÈ FABRIS
      piazza Dalmazia (già piazza Caserma) 4
      In attività dal 1857 assume ben presto un ruolo di prestigio, anche grazie alla sua collocazione all’incrocio tra le strade che portano l’una a Miramare, l’altra all’altipiano. Nel 1888 è uno dei primi tre esercizi cittadini dotati di telefono. Dal 1967 è trasformato in ristorante pizzeria sotto la vecchia insegna.


    • CAFFÈ SAN MARCO
      via Battisti (già corso Stadion) 18

      Inaugurato il 20.10.1913.
      Principale ritrovo di artisti e letterati. Le sale maggiori sono riccamente decorate in stile floreale dorato con immense pitture di maschere e perciò soggette alla tutela della Soprintendenza alle Belle Arti. Vale una visita.


    • CAFFÈ STELLA POLARE
      via Dante 14 (angolo piazza Sant’Antonio)

      È il più antico dei caffè esistenti.
      Aperto nei primi anni del 1800, assume tale importanza nella vita cittadina
      che nel 1902, per non costringerlo a sospendere l’attività quando lo stabile in cui ha sede viene demolito, si erige di fronte alla Chiesa un padiglione in legno in cui provvisoriamente trasferirlo.
      Scampato alla distruzione nel maggio 1915, nei mesi successivi è soggetto
      ad infinite angherie sinché, nel dicembre dello stesso anno, la licenza viene pretestuosamente revocata ed il proprietario arrestato prima e confinato poi. Fu il primo a riaprire nel dopoguerra (31 dicembre 1918). È in attività, anche se grandemente ridimensionato.


    • CAFFÈ TOMMASEO (IN ORIGINE: TOMMASO)
      piazza Tommaseo (già Negozianti) 4/c, angolo riva Tre Novembre 5

      Aperto nel 1825 all’insegna ‘Fenice’ con ingresso in via San Nicolò, nel 1838 assume la denominazione originale, ricavata dal nome del fondatore.
      Già nel 1886 il quotidiano ‘L’Indipendente’ scriveva: ‘al caffè Tommaso è legata strettamente una bella parte delle nostra vita cittadina, anzi della storia triestina: esso rammenta ai vecchi e ai giovani molte pagine insigni negli annali della Patria, molte pagine illustri nell’evoluzione dell’Arte nostra. Il caffè Tommaso è una tradizione: bisogna conservarla’. È in attività e svolge anche servizio di ristorante.