I 104 di Luigi Secondo Martinetto

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    È l’alpino più vecchio d’Italia. Luigi Secondo Martinetto ha compiuto 104 anni. È stato festeggiato alla casa di riposo San Vincenzo a Valsalice, dalle penne nere di Torino e dagli alpini del gruppo di Moncucco, a cui è iscritto, che gli hanno donato un bel mazzo di fiori con il nastro tricolore. Il regalo più gradito è stato un bel salame, portato dal nostro presidente Giorgio Chiosso.

    Quando è entrato nella sala, a vedere tutti quei palloncini, la torta, e a sentire le note de Sul cappello , si è commosso. E meno male che c’era l’amico di sempre Franco Pivano a fargli coraggio. Lui una festa così non se l’aspettava, anche se sa che alla casa di riposo tutti gli vogliono un gran bene. Specialmente Elisa, la sua infermiera preferita, che con la sua dolcezza rischiara giornate lunghe. Luigi Secondo si chiama così, perché quando è nato e suo padre è andato a farlo scrivere in Comune era talmente felice che l’ha confuso con il primogenito Luigi e quindi è stato necessario aggiungere Secondo. È originario di Callianetto, il paese di Gianduja. Aveva sette fratelli, la moglie Secondina, il figlio Mauro.

    Gli sono rimasti un nipote e il suo cappello da alpino che tiene sul comodino, e ogni tanto lo accarezza. Lo mette in testa, lo posa sulle ginocchia, e dice: Questo verde è l’Italia, la palla rossa è Torino… tifo granata . In guerra non c’è andato, era un bambino per la prima ed era troppo vecchio per la seconda. E di ciò è contento: Ho fatto tanta fatica nella vita, ma non ho mai ammazzato nessuno neh… . Ricorda il suo capitano: Si chiamava Attilio Carrera. Non era severo, era uno giusto. Quando sono arrivato mi ha dato un mulo: Brusca e striglia. Striglia e brusca. Ricordati, prima c’è lui poi ci sei tu. Deve essere lindo come una goccia d’acqua altrimenti verrai punito. E soprattutto, prima mangia lui, poi tu .

    Ma quando, due anni dopo, si è congedato, lo ha abbracciato: Vai, Secondo, dalla tua Secondina e non mancarle mai di rispetto. A te manca la scuola, altrimenti potresti dirigere il mondo . È grato al suo capitano che gli ha fatto fare l’unico viaggio della sua vita e conoscere le montagne. Sono andato a fare il soldato un anno dopo che mi toccava perché ero magro, magro. Sono partito con la leva del 1906 . Era il 1925. Destinazione battaglione Fenestrelle, 29ª Compagnia.

    Era il Batajon tomatica , per via della palla rossa. Gli occhi si velano al ricordo di quelle montagne e del suo mulo: Partivo di notte e non mi piaceva portare la mitraglia. Era bello invece respirare l’odore del bosco, nel buio, per raggiungere la punta dell’Orsiera. Ti sembrava di toccare le stelle . Quando, nel 1927, si è congedato è andato ad abitare a Torino in largo Giachino e a lavorare per 40 anni alla Superga.

    È stato un eroe senz’armi e dal suo cappello sono scaturite solo storie d’amore. Come la tenerezza che oggi riserva a Elisa, l’infermiera che lo assiste. Lei gli parla nelle orecchie per farsi sentire e dice: È come se fosse mio papà , lui sornione la prende per mano: Domani mattina, alle cinque, bambina, ti sposo .

    Selma Chiosso

    Pubblicato sul numero di gennaio 2010 de L’Alpino.