Hanno sfilato anche per chi non è tornato

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    Chi dice che le Adunate sono tutte uguali?Nelle immagini, nei sentimenti, nei suoni e nei ricordi che evocano?Quando, al suono del Trentatrè che da lontano si mescolava al brusio della folla stipata sulle tribune, ammassata ai lati del lunghissimo viale che divide in due la città sono apparsi il fronte della sfilata e il cadenzare dell’onda umana che seguiva come un fiume che aveva rotto gli argini e traboccava maestoso, e poi, finalmente, la Fanfara della Taurinense e la Bandiera di guerra del 2º reggimento Alpini e le due compagnie compatte e imperiose, sembrava che il tempo si fosse fermato.

    Era la storia che si ricomponeva, e quei ragazzi dal viso severo di uomini sembravano centuplicati perché sfilava con loro anche la Cuneense, quanti non sono tornati, le migliaia di giovani che hanno lasciato, senza più rivederli, i paesi di questa terra dove nessuna croce manca perché quegli alpini sono rimasti nel cuore della gente che ancor oggi li piange nel chiuso delle case. Ferite aperte, vite spezzate, sofferenze infinite.

    Il Labaro, scortato dal presidente nazionale e dal comandante di tutti gli alpini e dal Consiglio Nazionale, sembrava prendere vita ai raggi del sole del mattino. È stato un momento troppo breve, come se si fosse aperta una finestra nel tempo, poi è stato tutto un tripudio di gonfaloni, bandiere e alpini. Era già sfilata, e sarebbe durata per dieci ininterrotte ore. Hanno cominciato i reduci, quelle poche centinaia che ancora ci rimangono e che sono la nostra storia e la nostra ricchezza, e poi gli alpini dell’Italia che ci manca, che si chiamano giuliani e dalmati, e quindi i più lontani, ma solo geograficamente: alpini giunti dal Sudafrica, dall’Australia, dall’Argentina, dal Cile e dal Brasile, dal Venezuela e dal Canada

    Sfilano i nostri volontari: tute arancioni e verdi che significano solidarietà, in testa ai vari settori perché sono come un simbolo di quelli che poi seguono. Passa l’Italia migliore, provincia per provincia, e non c’è differenza fra bergamaschi e siciliani, abruzzesi e veneti: è l’immagine dell’Italia pulita che dice: Noi ci siamo . Così fino alla sera d’una giornata illuminata dal sole, fino allo sfilamento delle sezioni più vicine e al boato che ha accolto gli alpini di Cuneo (per tradizione sfilano per ultimi i padroni di casa) e allo striscione Arrivederci a Bassano .

    Ma l’Adunata non era ancora finita: l’ultimo atto è stato l’ammainabandiera in piazza Galimberti, dove tutto era cominciato venerdì sera. Poi la piazza si è velocemente trasformata, è tornata dei cuneesi anche se molti alpini indugiavano ancora per le strade, per i lunghi portici, quasi a voler prendersi anche le briciole di un’Adunata che, davvero, resterà nella storia. Cosa ci ha dato?Un’immagine di unità, una voglia di continuare e di contare, di non dimenticare. Un grande concorso di alpini superiore a tante altre adunate, anche se strade e ferrovia non facilitano grandi affluenze.

    In compenso Cuneo ha risposto alla grande offrendo colpi d’occhio favolosi. E che bello non dover fare lo slalom fra i trabiccoli. Certo, ce n’erano ancora, ma per la prima volta si è notato una inversione di tendenza, con gli stessi alpini, oltre che i vigili urbani (sono anche state ritirate patenti e comminate multe pesanti), che provvedevano a far dirottare i più irriducibili su strade meno frequentate. Si sta capendo che la gioia e il divertimento, che pur fanno parte degli incontri di alpini, sono un’altra cosa. Lunedì mattina piazza Galimberti aveva il suo aspetto di sempre: traffico tranquillo, ancora pochi passanti, nessun segno della grande festa, un silenzio irreale: sembrava che Cuneo si stesse ancora svegliando da un breve, magico sogno.

    La musica d’una bancarella lontana faceva più tristezza che allegria mentre una coppia tenace ballava l’ultimo valzer. Alpini dall’aria smarrita vagavano fra le auto della città che riprendeva velocemente il suo ritmo di sempre: simili agli stornelli che volavano a frotte sulla piazza, quasi avessero perso la strada del nido.