Giovani d’oggi

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    Perché? È la domanda che mi sgorga spontanea, leggendo quanto scrive don Enrico Prete su L’Alpino di dicembre. Perché questi veci alpini si danno tanto da fare per la comunità nella quale sono parte importante? E così in tanti altri paesi e città della nostra Italia? La risposta la trovo una pagina avanti, laddove il nostro presidente Favero nel suo editoriale, quasi implorando chiede “a tutti i livelli un ritorno ad un servizio obbligatorio a favore della Patria”, ben consapevole che solo così, si riesce “a far crescere i giovani con senso dello Stato, consci dei loro doveri, prima dei loro diritti… capaci di comprendere cosa significhi e quanto gratificante sia dare gratuitamente” per gli altri, per la comunità. Una comunità la quale deve rendersi purtroppo conto che, “andati avanti” i veci attuali, poi non ci sarà più chi darà una mano alle svariate e molteplici necessità che si presentano, perché i nostri passati legislatori, con una cecità certamente condannabile, hanno ritenuto che, abolita la leva obbligatoria, il Paese fosse ormai pronto a camminare da solo nel senso della solidarietà e volontariato a tutti i livelli. Invece è sorta la generazione dello smartphone, che sa tutto di “app” e diavolerie elettroniche, ma che non riesce a capire il valore di spendersi per gli altri. Che, la cronaca in questo senso ci dà ampi quotidiani ragguagli, crede sia tutto lecito, tutto permesso, che non ha inculcati i vocaboli “diritti e doveri”, ma anche “amore per il prossimo” e ancora “rispetto”, “onore”, “solidarietà”. Un servizio a favore della Patria, come auspica Favero ma anche tutti noi alpini, che darebbe una risposta definitiva al mio perché iniziale.

    Giancarlo Angelini – Riva del Garda

    Caro Giancarlo, leggo la tua lettera dopo dieci minuti da quando sono sceso dalla metropolitana che mi ha portato nei pressi di via Marsala, mentre ripenso a quanto ho assistito poco prima. Sono seduto. Accanto a me si libera un posto. In piedi c’è molta gente di una certa età. C’è anche una mamma con una figlia adolescente, che sta leggendo un romanzo. “Siediti, tesoro” le sussurra la madre, mentre allarga le braccia come le ali d’una chioccia per impedire che qualcuno prenda quel posto. Dopo un po’ la voce registrata dell’altoparlante annuncia la fermata di Caiazzo. “Anche qui dicono le parolacce” mormora esterrefatta e fraintendendo l’implume fanciulla, forse involontaria interprete di quel detto antico, per cui si pensa sempre a ciò che si desidera. A quel punto alzandomi per cedere il posto a una signora un po’ più giovane di me, ho pensato che solo un serio servizio civile obbligatorio, in armi o di altro tipo potrà salvare le nuove generazioni. Soprattutto dai loro genitori.