E' stato un piacere…

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    Potrei cominciare così questo mio commiato, gentili lettori, un modo estemporaneo per uscire di scena dopo undici anni di direzione de L’Alpino . Ma è anche un modo per mascherare rincrescimento e nostalgia: ho trascorso in mezzo a voi interessanti momenti avendo al fianco cinque collaboratori che mi hanno aiutato senza riserve nell’interesse della rivista, e perciò dell’ANA di cui L’Alpino è la voce.

    Sono loro grato per la lealtà che mi hanno dimostrato e che va oltre il semplice rapporto di lavoro: conserverò per le signore Giuliana Marra e Valeria Marchetti, segretarie di redazione, per Giangaspare B a s i l e, caporedattore, per Franco Mazzucchi, ingegnere archivista e per Matteo M a r t i n, addetto all’informatica, una profonda gratitudine. Senza dimenticare Franco Fucci, il caporedattore che mi accolse nel 1995 quando, digiuno del tutto di giornalismo, mi insegnò i primi rudimenti di quest’arte.

    Un pensiero a Vitaliano Peduzzi, non più fra noi, che mi passò il testimone: gli debbo non poco in fatto di signorilità e di cultura. Né posso dimenticare la collaborazione concessami da tutti gli occupanti dei due piani alti della Sede, cui ho chiesto spesse volte lumi per migliorare il mio rendimento. Un grazie anche ai lettori: ho intessuto con voi un dialogo lungo 121 numeri sia rispondendo a tutte le vostre lettere e a tutti i vostri messaggi, sia curando le rubriche “Lettere al direttore” e “Zona Franca”. È stata questa la parte più appagante; considero infatti il colloquio con il lettore, spesso giudice severo, l’essenza del mio lavoro di direttore.

    Una stretta di mano ai presidenti di sezione, sia quelli in carica sia i loro predecessori e ai capigruppo, colonne portanti dell’ANA: nessun generale potrebbe cogliere successi se non disponesse di efficaci comandanti di plotone. Un ringraziamento a Nardo Caprioli che ebbe fiducia in me affidandomi questo incarico, a Giuseppe Parazzini che quella fiducia confermò e a Corrado Perona per avermi assegnato per altri due anni il mandato. A loro unisco i consiglieri nazionali e tutti coloro che con me parteciparono ai “Consigli direttivi”, mese dopo mese, nel Sancta sanctorum dell’ANA ove si forgiano i destini dell’Associazione.

    Nel 1995, assumendo l’incarico, rivolsi un pensiero alle Bandiere dei reggimenti dell’allora 4º CAA: lo rinnovo oggi anche se molte non garriscono più alla testa di reparti non più in vita: però le superstiti si sono caricate di nuova gloria nelle missioni all’estero ove gli alpini hanno dimostrato, una volta ancora, cosa essi valgano. A tutti i Comandanti, a cominciare dal generale Ivan Resce, il mio saluto, mano alla tesa del cappello. Con quelle Bandiere saluto il Labaro, i Vessilli, i Gagliardetti, depositari anch’essi delle glorie di 134 anni di alpinità nata, vissuta, esaltata da cinque generazioni di soldati con la penna.

    Lascio la conduzione della rivista a Vittorio Brunello, amico di vecchia data: la sua cultura, la sua signorilità, la sua dedizione mi fanno certo che L’Alpino è affidato a ottime mani. Auguri, dunque, al ventesimo direttore.

    Cesare Di Dato