Da alpino del 2°/1963, congedato a Tolmezzo col grado di “sergente in caso di richiamo” mi complimento per i ponderati concetti espressi, “fuori del gregge”, nel suo editoriale. Condivido appieno il richiamo a credere nell’Europa. Cosa possiamo fare per questa nostra Casa Comune messa in cattiva luce da tanti governanti? Sembra che il buonsenso e l’onestà abbiano smarrito la strada segnata dai tre grandi fondatori.
Se gli uomini non rinsaviscono, i posteri conosceranno un’epoca fosca per non dire tragica. Nelle comunità si sente la mancanza di appartenenza a qualche cosa che riesca a unire per portare avanti un ideale al di sopra degli interessi personali. Constatazione preoccupante è che le nuove leve non si rendono conto di ciò che sta avvenendo; sono disarmati, impreparati ad affrontare gli eventi che verranno. Che possiamo fare?
Questa è la sofferenza che vorremmo allontanare da noi ma che si ripresenta ogni giorno con fatti sempre più efferati. Sono i notabili europei che debbono riacquistare la saggezza dei padri fondatori. L’immagine di un’Europa veramente unita deve riuscire a svegliare le coscienze di tutti i cittadini affinché diano il loro contributo per la realizzazione di una Casa aperta che sia la meta di ogni uomo di buona volontà. Lei affronta con eleganza la questione morale dei popoli. Come ripartire da questo deserto dove si commettono ignominie più numerose dei granelli di sabbia? Ogni settore della società manifesta decadenza e corruzione.
È giunto il tempo di parlare chiaro. Quali prospettive avrebbe una società che vive all’insegna di “faccio quello che mi pare e piace”?. Il panorama che si presenta ai nostri occhi non rassicura certamente i cittadini. Vorrei chiarire che, per il modo mio di concepire le relazioni umane, ho il massimo rispetto per tutti gli uomini anche per quelli che considerano A=B. Ognuno può credere a ciò che vuole: imporre però, addirittura per legge, che A può assolvere le stesse funzioni di B crea perplessità e sconcerto. Ciò non toglie che chiunque a casa sua possa comportarsi come vuole. È estremamente importante, come sosteneva Seneca, che tutti i nostri atteggiamenti siano improntati al rispetto dell’altrui sensibilità. Addirittura, secondo il filosofo, anche nel vestire bisognerebbe passare inosservati tra la gente.
Nella conclusione accenna pure all’ingerenza dei media. La televisione ammannisce spettacoli, programmi inqualificabili e fuorvianti, supportati da invitati supponenti con l’oro sempre in bocca. Che fare allora? Non sarebbe ora che i dirigenti di questo mezzo di comunicazione importantissimo venissero eletti democraticamente dal popolo creando nel contempo un osservatorio fatto da membri sempre scelti dai cittadini? Il discorso si amplia in tutti i settori della “cosa-pubblica”. Chi ha orecchie per intendere intenda!
Bruno Ippoliti – Borgo Velino (RI)
Caro amico, che lo scenario sia desolante non è convinzione solo dei pessimisti. La situazione è quella che è, ma sarebbe davvero riduttivo credere che tutto sia colpa dei politici. È piuttosto che tutta la società è diventata più individualista, in tutte le sue diverse ramificazioni. Dalla politica alla famiglia, dalla Chiesa alla scuola… È il soggettivismo, cioè il proprio star bene personale, che ha preso il sopravvento sul bene pubblico. Per dirla con un’espressione tecnica, il patto morale, quello non scritto che regola i rapporti umani, è saltato lasciando il posto al menefreghismo e all’indifferenza. Interessante la tua sottolineatura alla possibilità di eleggere i dirigenti dell’informazione pubblica, direttamente dai cittadini. Certamente è una procedura che sta facendo sempre più proseliti, anche in campo partitico. Ma siamo sicuri che questo metodo garantisca anche la competenza? Da quanto si è avuto modo di vedere, più che arrosto si è visto, almeno per ora, tanto fumo di demagogia.