Cuneo volta pagina, con un po' di malinconia

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    Resistono, i tricolori, nelle vie di Cuneo il giorno dopo la sfilata. E non sono solo le bandierine appese dal Comitato ai lampioni delle rotonde o sopra le auto ad attraversare le strade (che solo il tempo porterà via), ma i mille e mille lenzuoli verde bianco rossi che i cuneesi hanno messo alle finestre, ai balconi e ovunque arrivasse un filo di vento da farli sventolare. Resistono senza fatica, come del resto Cuneo ha resistito con infinito piacere alla fantastica invasione delle penne nere.

    Nessuno ha il coraggio né la voglia di toglierli, i tricolori, a voler ricordare un evento che resterà per sempre nella storia di questa città e nella memoria di chi l’ha vissuto, ultimo segno visibile di un’Adunata che non si ripeterà più, alla faccia di coloro pochi che sono fuggiti al mare o si sono barricati in casa. Sono le 8 del mattino e sui soffici prati inglesi di corso Dante vietatissimi ai cuneesi sono rimaste poche tende. C’è chi dorme su un plaid, accarezzato dal sole sempre presente nei giorni dell’Adunata, c’è chi finisce di caricare l’auto per tornare a casa, e chi, armato di scopa e rastrello, lascia pulita la piazzola del temporaneo campeggio.

    Da lontano si sentono i colpi di martello di chi sta smontando le altissime tribune di corso Nizza, ripide come le nostre montagne, grigie come le rocce delle Marittime. Poco più in là, sotto i portici, un gruppo di lavoratori manifesta sventolando le bandiere dei sindacati. Qualche passante si volta incuriosito, sperando che siano ancora gli alpini, poi torna sui suoi passi deluso. La festa è finita. È lunedì mattina e Cuneo, questa volta a fatica, ricomincia il tran tran quotidiano.

    Nei bar la gente ha voglia di parlare di questi giorni così straordinari, così lontani dalla nostra cuneesità quotidiana. Ciascuno porta nel cuore qualcosa: un incontro, un istante, un’emozione. Per chi c’era nel 1971, è lontano il ricordo di quell’Adunata di 36 anni fa, quando si racconta i negozianti cuneesi rimasero con le tasche vuote e i magazzini pieni perché gli alpini si erano portati tutto da casa: pane, vino e salame. Perché questa è stata anche l’Adunata del riscatto, e oggi si volta pagina con un po’ di malinconia. Volgendo lo sguardo su piazza foro Boario, dalle finestre della sede del Comitato, viene il nodo in gola, ma non si tratta del gozzo dei cuneesi.

    I gonfiabili della Barilla giacciono stesi per terra e gli alpini, quelli in armi, stanno smontando quella Cittadella che li ha obbligati a fare gli straordinari per poter accogliere tutti i visitatori. Il cielo è un poco coperto e qualche goccia di pioggia cade a lavare l’asfalto. Anche la girandola tricolore che da qualche mese girava su un balcone in fondo alla piazza non si vede più e, in maniera del tutto inaspettata, per la prima volta nella mia vita, mi prende dentro il rimpianto di non aver fatto l’alpino.

    Fabrizio Pepino