L’eremo camaldolese di San Pietro di Feletto (Treviso) risale al 1670 e fu soppresso nell’ottocento da Napoleone. Attualmente ne restano solo alcune parti, tra cui quattro celle, il refettorio e l’albergo dei poveri, dove ha sede il municipio. Quelle celle sono state per due secoli simulacri vuoti e abbandonati. Dal 1989 una di queste è la sede del Gruppo alpini San Pietro: con i suoi 39,40 metri quadri è la sede più piccola tra i Gruppi della Sezione.
Fin dalla rifondazione, negli anni Sessanta, la sede era il tinello di casa del Capogruppo storico, Narciso Piccin. Quello di San Pietro non mosse quindi i suoi primi passi in una fumosa stanza dell’osteria del paese, come per la maggior parte dei Gruppi del coneglianese, ma l’atmosfera era la stessa, tra torte, biscotti e il vino che la moglie di Narciso, Elide, metteva in tavola alla fine delle riunioni. Poteva anche accadere che si intonasse una nenia alpina, a ricordare i difficili momenti vissuti da qualche reduce presente. Nessuno ha dimenticato la passione e la fede alpina di Narciso, e proprio in sua memoria è dedicata la sede.
Durante la Messa don Adriano – figlio e fratello di un alpino – ha detto di sapere chiaramente che alpinità significa amicizia, solidarietà, gratuità, condivisione, amore per la propria terra. È il sporcarsi le mani, nel fango, nella polvere delle macerie, è avere il coraggio di farsi carico del disagio altrui, anche se ciò significa andare controcorrente rispetto ai messaggi che la società ci offre. Nell’appassionato intervento il Presidente nazionale Sebastiano Favero, ha rivendicato il ruolo degli alpini nel difendere i valori della “millenaria civiltà cristiana”.
Sul significato di queste parole incombono le immagini degli attentati di poche ore prima a Parigi. «Non rinunceremo mai a quelle parole della “Preghiera dell’Alpino” – ha ribadito Favero – troppo spesso messe in discussione: l’alpino è armato di fede e di amore e usa la sua forza non a offesa ma a difesa. E noi, nel profondo rispetto di tutte le altre, la nostra civiltà la difenderemo!».
Palpabile l’emozione del Capogruppo Mario Casagrande, che ha ricordato i tanti alpini che hanno dato un pezzo della loro esistenza a questo Gruppo e al loro paese. La passione e l’impegno di Mario sono ripagati da un grande consenso: guida le penne nere locali da 24 anni e sarà destinato a svolgere la mansione di capogruppo a vita proprio per quell’attaccamento che i suoi alpini nutrono per lui.