Ciao, san Carlo, cappellano degli alpini

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    Le celebrazioni per il centenario della nascita di don Carlo Gnocchi.

    La sera del 28 febbraio 1956 ormai in odore di santit si spegneva alla clinica Columbus di Milano don Carlo Gnocchi, cappellano degli alpini della divisone Tridentina prima in Grecia e Albania e poi in Russia. Era conosciuto da tutti come il pap dei mutilatini, degli orfani degli alpini Caduti e dei bambini che le devastazioni della guerra combattuta nel nostro Paese avevano ferito e segnato per sempre.
    A cent’anni dalla nascita di don Carlo, avvenuta a San Colombano al Lambro il 25 ottobre 1902, la Fondazione don Carlo Gnocchi ha organizzato una serie di iniziative che hanno preso l’avvio a Milano secondo un calendario presentato ufficialmente il 28 febbraio scorso. Celebrazioni, ricorrenze, feste, convegni, giornate di studio si susseguiranno per tutto l’arco dell’anno, scandite dalla riedizione dei suoi libri primo fra tutti Cristo con gli alpini, una cui edizione anastatica stata pubblicata in collaborazione con l’ANA. Si pu dire che non ci sar manifestazione di un certo tenore in Lombardia, dagli avvenimenti sportivi agli incontri culturali, alle manifestazioni del tempo libero, che non abbia un riferimento a don Gnocchi, a questo grande personaggio che ha segnato il secolo scorso con il suo apostolato spirituale e sociale. A Catania, durante l’Adunata, non mancher una sua celebrazione.
    La terribile esperienza della guerra ha segnato per sempre tanti reduci, ne ha condizionato la vita. Don Carlo, raccolto stremato dai suoi alpini ai margini d’una pista durante la ritirata, fu caricato su una slitta e portato in salvo.
    Raccogliendo le ultime parole degli alpini morenti aveva promesso di pensare ai loro figli. Cos fu.
    Ma non subito, perch per due anni, gir per le vallate alpine visitando le famiglie dei suoi Caduti, aiutando molti giovani a riparare in Svizzera durante la Resistenza, fu catturato dalle SS e messo in carcere a San Vittore. Ma gi nel 45 era direttore dell’istituto Grandi invalidi di Arosio, che accolse i primi figli mutilati di alpini. Nacquero cos, un po’ dovunque i collegi della Pro infanzia mutilata, poi gli istituti di ricerca, le cliniche specialistiche riabilitative. Oggi ci sono venti centri distribuiti in nove regioni d’Italia, ricerca e corsi specialistici vengono tenuti anche in tanti Paesi in via di sviluppo, in Kosovo, in Zimbabwe, in Tibet.
    Ormai prossimo alla morte, nel febbraio del 56, chiam al suo letto l’amico professor Cesare Galeazzi. Sorridendo gli disse: Te la senti di rischiare la prigione per me?, e gli chiese di trapiantare le sue cornee su due bambini ciechi. Era un’operazione vietata in Italia, perch come purtroppo spesso accade, il cosiddetto Legislatore non aveva provveduto a regolare questa esigenza, gi diritto altrove, con una normativa. Il professor Galeazzi trapiant le cornee di don Gnocchi e quei due bambini di allora che vedono con gli occhi di don Carlo e non hanno mai pi avuto bisogno di cure. Quel primo trapianto smosse il Parlamento che, finalmente, var la prima legge in materia.
    Ai funerali Milano si ferm, il Duomo (s’impose l’allora cardinale Montini, perch la Curia non voleva che si celebrasse il rito in cattedrale) era stracolmo, migliaia di persone sul sagrato, in silenzio. Alla fine un bambino raggiunse il microfono. Salutandoti disse con voce ferma ti dicevo: ciao, don Carlo; ma adesso ti dico: ciao, san Carlo. I milanesi esplosero in un lunghissimo, incontenibile applauso.
    Oggi la Fondazione continua l’opera di don Gnocchi. E sta per concludersi il suo processo di beatificazione che per chi ha conosciuto personalmente don Gnocchi sar soltanto poco pi d’una formalit. Chi oggi ha la fortuna di ricordarlo concorde nel dire che era un uomo minuto, modesto, umile. Ma che dietro questo aspetto di facciata si sentiva che era semplicemente diverso, straordinariamente diverso, per quel suo apparente distacco da tutto quasi vivesse in una costante levitazioneUn santo.
    E di un loro santo in pi, pare che gli alpini di questi tempi ne abbiano proprio bisogno.