Cesare Battisti, eroe attuale

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    Sul colle che domina la città, il Doss Trento, al cospetto del monumentale mausoleo circolare di marmo bianco dove riposano le spoglie di Cesare Battisti, anche quest’anno, gli alpini della sezione di Trento si sono dati appuntamento lo scorso 12 luglio per ricordare, con solennità tutta alpina, il giorno della morte tragica della Medaglia d’Oro, legionario trentino e tenente del battaglione alpini Vicenza. Una corona è stata deposta davanti all’austero sepolcro, al cospetto del vessillo della Sezione con le sue Medaglie d’Oro… la prima di esse quella conferita, alla memoria, a Cesare Battisti, del quale gli alpini tengono vivo il ricordo.

     

    Certo 97 anni sono tanti, ma la figura di Cesare Battisti continua ad essere assai più attuale di quanto si possa pensare. E l’attualità diventa ancora più evidente nel progressivo avvicinarsi del centenario della sua morte: nel 2016. Sul Doss Trento non c’è solo il mausoleo di Battisti; a pochi passi da esso sorge il Museo Nazionale Storico degli Alpini, diretto dal gen. B. Stefano Basset: un altro tòpos della memoria alpina. Ed è proprio nella biblioteca del Museo degli Alpini che si è tenuta, come avviene da qualche anno a questa parte, una conferenza – che ha preceduto la deposizione di una corona al mausoleo – organizzata dalla Fondazione Museo storico del Trentino, dall’Associazione Museo storico in Trento, dal Museo nazionale storico degli Alpini e dall’ANA.

    La relazione su “Patria e socialismo nel Trentino di Cesare Battisti” è stata affidata al professore Vincenzo Calì, già direttore del Museo Storico del Trentino e docente di storia contemporanea all’Università degli Studi di Trento. Un tema complesso quello trattato dal prof. Calì, ma estremamente utile a cogliere nell’insieme della drammatica vicenda del Battisti, la sua costante essenza alpina che ne ispirò le azioni e le decisioni e che ne fecero, secondo la condivisibile interpretazione del relatore, un personaggio la cui valenza travalica il ruolo pur rilevante che occupa nella cultura e nella storiografia nazionale per assumere una dimensione realmente europea.

    Sin da giovane Cesare Battisti avvertì il dovere di compiere scelte difficili in un territorio, il Trentino austro-ungarico, segnato da una profonda depressione economica, politica e morale ed il cui popolo, come ha ricordato il prof. Calì, “rischiava in un paio di generazioni di sparire, dissanguato dall’emigrazione ed imbastardito nella propria lingua dall’invadenza pangermanista”. Per Battisti quello fu il momento di prendere posizioni scomode: l’irredentismo, l’impegno politico nel partito socialista e l’assunzione di un indiscusso ruolo di guida della sua generazione che si affacciava al nuovo secolo.

    Proprio in quel periodo furono molti e rilevanti i contatti di Battisti con personalità di spicco del socialismo non solo in Austria, ma anche in Italia e in Francia. A guerra esplosa, era il 1914, venne l’ora per Battisti di prendere, sebbene dolorosamente, le distanze dalla posizione neutralista del socialismo italiano ed invocare l’intervento a fianco dell’Intesa, convinto com’era che: “il permanere della neutralità italiana avrebbe in tempi brevi portato alla germanizzazione del Trentino”.

    Conseguente a se stesso ed a tali premesse di vita fu poi la scelta, pochi giorni dopo l’entrata in guerra dell’Italia, di arruolarsi volontario nell’Esercito italiano, avvenuta a Milano nel 5° Reggimento Alpini il 29 maggio 1915. Ed ancora fermamente coerenti appaiono le sue insistenti richieste di impiego sul fronte trentino, pur nella perfetta consapevolezza del rischio, tutto particolare, che l’eventualità di una sua cattura avrebbe comportato. Rischio che puntualmente si verificò sul Monte Corno, aprendo la strada al tragico epilogo – in quel grigio 12 luglio 1916 nella fossa del Castello del Buonconsiglio – della vita breve ma straordinaria di un autentico alpino e di una personalità che ancora merita la massima attenzione.

    Roberto Bertuol