Cent’anni di storia, sacrifici, eroismi

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    Nel 1909 il col. Antonio Cantore costituisce l’8º Reggimento alpini su tre battaglioni. Il Gemona ed il Tolmezzo tratti dal 7º Alpini, ed uno di nuova costituzione, da lui tenacemente voluto per reclutare gli alpini della Slavia italiana : il Cividale ! È costituito su tre Compagnie: la 16ª proveniente dal Dronero , la 20ª proveniente dal Saluzzo e la 76ª, neo costituita con alpini degli altri due battaglioni. Dapprima il reparto non ha una sua fisionomia particolare, ma man mano che i congedati vengono sostituiti dalle reclute delle Valli del Natisone, il Cividale di nome diventa Cividale di fatto.

    Un reparto che porterà sempre l’impronta del suo creatore e del suo primo comandante, il magg. Giordana, Medaglie d’Oro al Valor Militare nella Grande Guerra, morti sul campo. Il battaglione non partecipa alla guerra di Libia, ma fornisce tanti dei suoi alpini per il completamento del Tolmezzo e molti di essi si distingueranno per atti di eroismo. Nell’estate del 1914 all’8º si aggiunse una compagnia di Milizia Mobile, la 110ª (la Cp. rimase al Cividale fino ad aprile del 1916 per poi passare al Monte Matajur ). Il 24 maggio 1915 il Cividale è schierato nella zona di Drenchia. Alle 2 muove per occupare la zona di Casoni Solarie. Nei combattimenti di pattuglie, alle ore 4, viene colpito l’alpino Riccardo Di Giusto, primo Caduto della Grande Guerra.

    Il 2 giugno il battaglione viene mandato all’attacco del Rudeci Rob, nel massiccio del Monte Nero. Lo slancio degli alpini è meraviglioso, ma, quando la vittoria sembra sicura, un cedimento di altro reparto sulla destra fa si che siano investiti dal fuoco sul fianco. Sono costretti al ripiegamento. Bilancio della giornata: persi 300 uomini tra cui 11 ufficiali. Il 6 luglio la 20ª compagnia muove all’attacco del Monte Rosso. Si arriva all’assalto alla baionetta, ma viene respinta da forze soverchianti. La compagnia, forte in partenza di 300 uomini è ridotta a 40, con tutti gli ufficiali feriti.

    Il btg. rimane nella zona del medio Isonzo fino all’aprile del 1916, distinguendosi nella conquista del trucchetto del Vodil ed in molti altri episodi. In questa fase furono assegnate ai suoi alpini 16 Medaglie d’Argento e 13 di Bronzo. Nell’aprile del 1916 viene trasferito nella zona dell’Astico, ove rimarrà fino a giugno. Si distingue in particolare nella conquista e successiva difesa del monte Toraro, nella strenua ed eroica difesa del Monte Cimone di Arsiero, che merita al Cividale una Medaglia di Bronzo al V. M., e nella difesa di Monte Novegno, che blocca definitiva mente l’offensiva nemica. In quest’ultima operazione viene colpito a morte il comandante, maggiore Michele Lanfranco. Vengono assegnate 2 Medaglie d’Argento e una di Bronzo individuali.

    Il Cividale viene spostato sull’altipiano di Asiago dove dal 6 al 13 luglio attacca le posizioni di malga Pozze con perdite devastanti (oltre metà degli effettivi e tra gli altri il comandante della 16ª, ten. Attilio Ruffi). Il 22 luglio viene lanciato all’attacco di malga Campigoletti. Per queste operazioni riceve l’encomio dal gen. Porta. Vengono assegnate 2 Medaglie Argento individuali. In settembre viene spostato nella zona delle alpi di Fassa ove rimarrà per oltre un anno. Qui il Cividale opera sul Monte Coltrondo, Monte Canzenagol e Monte Busa Alta, con perdite di oltre 240 uomini, tra cui 8 ufficiali.

    Vengono assegnate una Medaglia Argento e una di Bronzo individuali. Appena giungono le prime notizie di Caporetto, gli alpini del Cividale chiedono all’unanimità, attraverso il comandante di battaglione, di essere inviati a difendere le loro vallate. La domanda fu elogiata ma per evidenti motivi fu respinta. Il reparto viene inviato a creare uno sbarramento nella zona di Col Falcon, Croce d’Aune, Monte Avena per proteggere la ritirata delle truppe provenienti dal settore dolomitico. Con una serie di feroci combattimenti frena le avanguardie nemiche e, assolto il suo compito, riesce a disimpegnarsi, ultima retroguardia dell’intero settore.

    La resistenza opposta dal Cividale ha dato tempo alle truppe della Carnia e del Cadore di completare nella notte del 12 novembre lo sfilamento per la piana di Feltre. Se il battaglione non avesse così tenacemente resistito, gran parte delle truppe sarebbe stata tagliata fuori. Il battaglione viene rischierato sul Monte Grappa. Monte Fontanasecca, i terribili combattimenti di Monte Spinoncia (per i quali viene citato sul bollettino del Comando Supremo), i due giorni del tremendo assalto al Monte Valderoa (Medaglia d’ Oro all’alpino Gianluigi Zucchi di Tradate, classe 1901, volontario per sostituire il fratello caduto sul campo) sono le tappe di quel duro periodo. Le perdite: 822, di cui 29 ufficiali, tra morti accertati, feriti e dispersi.

    Le decorazioni individuali una Medaglia d’ Oro, 19 d’Argento, 14 di Bronzo. A maggio il Cividale viene spostato in alta Valcamonica; combatterà sul Tonale ed effettuerà un attacco al Torrione di Punta Albiolo. A settembre del ’18 rientra in zona Grappa. Attacca e conquista i Solaroli, insegue il nemico in ritirata e per primo entra in Seren del Grappa ed in Feltre. In queste operazioni perde 213 uomini, di cui 10 ufficiali che, con l’assegnazione di due Medaglie d’Argento e 8 di Bronzo individuali, sono la testimonianza della durezza di questo scontro. Per il Cividale la guerra è finita. Non rientra però subito in Friuli, ma viene a lungo impegnato in varie località con compiti di ordine pubblico.

    Fra le due guerre il battaglione Cividale passa per un breve periodo (1921 25) alle dipendenze del 9º Alpini, ma presto ritorna all’8º, nel quale rimarrà sempre inquadrato nella Divisione Julia. L’11 aprile 1939 il Cividale lascia il Friuli, si imbarca a Bari, sbarca a Durazzo per poi accamparsi a Kukes, nell’Albania settentrionale. Il 28 ottobre 1940 attacca la Grecia e il 3 novembre raggiunge l’abitato di Vovusa, massima penetrazione italiana nel massiccio del Pindo. In seguito al quasi totale accerchiamento della Julia è costretto a ritirarsi per la vallata dell’Aoos, sostenendo duri scontri nella zona di Pades.

    Il 17 novembre è in linea nella zona di Perati, dove si distinse nella difesa del ponte fino al 22 novembre. Ai primi di dicembre viene fatto arretrare sul Mali Topjanit, dove si difende disperatamente fino all’8 gennaio 1941. In seguito ad un ulteriore arretramento del sistema difensivo, è costretto a ripiegare, combattendo per tutto il mese. Ridotto a 70 uomini, viene ritirato e ricostituito con i complementi. Il 19 febbraio entra in linea sul Golico. Il 28 sostiene un duro combattimento nel quale perde la vita il sottotenente Giacomo Brunengo, M. Oro al V. M. Dal 15 al 24 marzo conduce una serie di attacchi alla quota 1.143 del Golico, subendo perdite pesanti. Il 16 aprile scende dal Golico e cessano le ostilità con la Grecia. Per il suo comportamento durante la campagna viene insignito di Medaglia d’ Oro al V. M.

    Nell’aprile del ’42, rientrato in Italia, viene dislocato nella zona di Tricesimo per riorganizzarsi. Nel maggio riceve le reclute della classe 1922. Viene costituita una nuova compagnia definita Armi di Accompagnamento, la 115ª, reparto già in vita durante la Grande Guerra al Btg. Monte Saccarello, che a lungo aveva combattuto a fianco del Cividale. Tra l’8 e il 9 agosto si mette in movimento: destinazione Russia, dove viene schierato nella zona del Don. L’episodio più significativo della campagna avviene tra il 4 ed il 6 gennaio 1943.

    Una quota denominata dai tedeschi Signal, insignificante di per sé (176 metri), riveste una grande importanza tattica. Persa dal reparto tedesco che la presidiava
    viene riconquistata dal Gemona il 30 dicembre e riconsegnata ai tedeschi. I Russi, valutandone l’importanza, concentrano nuove truppe e la riconquistano, presidiandola in maniera massiccia.

    Il Cividale riceve l’ordine di riconquistarla. Per tre giorni le compagnie si dissanguano in una serie di attacchi e di azioni difensive dai contrattacchi Russi. La quota viene conquistata e persa più volte, ma alla fine rimane in mani italiane. I tre giorni di epica lotta hanno dimezzato il battaglione. Le pendici della quota sono letteralmente coperte di cadaveri, in gran parte russi.

    Innumerevoli gli atti di eroismo, basti ricordare la Medaglia d’Oro sergente maggiore Paolino Zucchi, cap. Dario Chiaradia e sottotenente Carletto Gavoglio. Ma tutti furono eroi. Il comando tedesco, ammirato il comportamento del reparto, ribattezza la collina Quota Cividale . Ma tanto eroismo fu vano. Dopo pochi giorni la Julia riceve l’ordine di ripiegare e per il Cividale inizia il calvario noto nella memoria collettiva nazionale come ritirata di Russia .

    Rientreranno in Italia 255 uomini. Il comandante interinale del battaglione è un tenente (Guglielmo De Bellis), le perdite totali stimate sono di 1.218 uomini. Il Cividale viene insignito di Medaglia d’ Oro al V.M. I superstiti vengono inquadrati nella Compagnia Reduci Cividale e partecipano ad azioni contro i partigiani Jugoslavi ai confini orientali del Friuli.

    In seguito agli avvenimenti dell’8 settembre 1943 il Cividale viene sciolto. Ricostituito nel 1948, la sede ancora a Cividale del Friuli fino al 1963, quando si trasferisce nella nuova caserma di Chiusaforte. Dopo il terremoto del 1976, il battaglione, benché direttamente colpito, interviene in soccorso alle popolazioni circostanti, meritandosi, oltre alla riconoscenza ed alla stima della popolazione, la Medaglia d’Argento al Valore dell’Esercito.

    Nel 1980 partecipa alle operazioni di soccorso alle popolazioni dell’Irpinia, colpite dal terremoto. Nel 1992 viene inquadrato come unico battaglione nel neo costituito 15º Reggimento Alpini e partecipa alle operazioni Testuggine (sicurezza dei confini orientali) e Vespri Siciliani (sicurezza in Sicilia). Nel 1994 viene inviato per una operazione di peace keeping in Mozambico, meritandosi una Croce d’Oro al Merito dell’Esercito.

    In una grigia giornata di novembre, il 15, del 1995, il Battaglione Alpini Cividale viene sciolto e la sua Bandiera di Guerra viene scortata al Vittoriano. Ma il Cividale non è morto: vive attraverso l’associazione Fuarce Cividat ma è soprattutto nel cuore dei suoi alpini.

    Maurizio De Stefani

    Pubblicato sul numero di febbraio 2009 de L’Alpino.