Celebrato a Colico il 59° anniversario della battaglia di Nikolajewka

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    Parazzini: ‘Abbiamo dei pilastri: la Bandiera, la Patria, la famiglia e il senso del dovere’

    Centinaia di penne nere con le massime autorit Commemorato, dal nostro presidente nazionale, Peppino Prisco che da vent’anni era l’oratore ufficiale della campagna di Russia.
    ‘Venendo qui, mi venuto da pensare come il sacrificio, la determinazione, la solidariet, il coraggio, l’eroismo possano trasformare una tragica ritirata in una fulgida pagina di storia’.
    Il prefetto di Lecco Antonio Pagnozzi parla agli alpini della sezione di Colico, raccolti dopo la sfilata sul piazzale davanti al monumento eretto in memoria dei Caduti. E’ il clou della celebrazione della battaglia di Nikolajewka. Ci sono il nostro presidente nazionale Beppe Parazzini affiancato dal presidente della sezione di Colico Luigi Bernardi, il questore, il col. Luigi Vivona, comandante del 5 reggimento Alpini della brigata Tridentina di stanza a Vipiteno, il Gonfalone della Citt di Colico scortato dal sindaco Milo Crespi, i sindaci di una decina di comuni del territorio lecchese, con il vessillo di Colico quelli delle sezioni di Torino, Varese, Vicenza, Como, Sondrio, Lecco, Tirano, Valtellina, circa settanta gagliardetti e centinaia di penne nere.
    ‘E’ quanto accaduto 59 anni fa in Russia continua il prefetto Pagnozzi quando gli alpini con il testa la divisione Tridentina e il generale Reverberi, uniti come un sol uomo, seppero superare le armate russe e rompere l’accerchiamento raggiungendo con Nikolajewka la libert e la gloria. Ricordare non solo fare memoria di un fatto, ma anche un impegno ad assumere quelle responsabilit, a far s che quell’esempio non cada nell’oblio. Ed quanto voi alpini fate, perch quella solidariet che sublima ogni azione la continuate nella vita di ogni giorno, attraverso il vostro aiuto a chi ha bisogno’.
    Mentre il prefetto parlava si sentiva quasi reale la presenza di uno dei protagonisti di quell’epica battaglia, l’avvocato Peppino Prisco, due medaglie d’Argento sul campo, colto prima di Natale da quella morte che amava canzonare, con quella punta d’ironia con la quale prendeva la stessa vita. ‘Un’ironia ha detto il prefetto che non abbandonava mai l’amico Peppino, anche nei momenti pi drammatici’.
    Peppino Prisco da vent’anni era a Colico l’ospite d’onore, oltre che l’oratore ufficiale della celebrazione di Nikolajewka. E bene ha fatto il Consiglio comunale ad attribuirgli la cittadinanza onoraria.
    ‘Per noi ha detto il sindaco Giuseppe Prisco significava, o meglio significa il filo diretto che unisce la battaglia di Nikolajewka agli alpini e a tutta la citt di Colico. Basta ricordare quanto gli alpini fanno nella vita sia durante il periodo militare che quando ricoprono un ruolo attivo nella societ’.
    Colico era imbandierata sin dalle prime luci del mattino, da quando erano incominciati ad arrivare gli alpini in auto e in treno. Si erano radunati nel piazzale della stazione, poi attorno al monumento ai Caduti, davanti al palazzo del Comune, quindi avevano raggiunto la chiesa parrocchiale dove il parroco don Gianni Bruseghini aveva concelebrato con padre Lino Gurini e padre Lodovico Valenti la S. Messa, bene accompagnata dal coro Musica viva’, che aveva alternato canti religiosi e alpini. Quindi la sfilata e il ritorno al monumento ai Caduti, per la commemorazione ufficiale.
    Aveva introdotto la commemorazione il presidente sezionale di Colico, Bernardi, che non ha potuto contenere la commozione nel ricordare Prisco, ‘un grande amico, un grande uomo, un grande alpino…Da lass, siamo sicuri, ci star guardando e con la sua intelligenza e simpatia, con la sua ironia e la prontezza di spirito star ironizzando su quanto sto dicendo…’.
    Il saluto degli alpini in armi, anello di congiunzione fra presente e passato, ha portato il colonnello Vivona, comandante del mitico 5 Alpini.
    E quindi il ricordo di quanti dal fronte del Don non sono tornati e quella battaglia che segn il momento pi tragico d’una guerra terribile, guerra non capita, non voluta, ma che gli alpini combatterono per senso del dovere, come ha tenuto a sottolineare subito il presidente Parazzini. Ha affermato che sono i reduci che dovrebbero parlare non solo nelle commemorazioni ma anche nelle sezioni, nei gruppi, perch solo loro ne hanno veramente titolo. Il gruppetto di reduci presenti, ricchezza e vanto della sezione, stato lungamente applaudito.
    Parazzini ha rievocato la campagna di Russia, i primi 60mila uomini inviati si credeva per poche settimane, e poi altri e altri ancora fino a diventare duecentomila. ‘Fra questi c’era anche Peppino Prisco, partito volontario, come il nostro Nardo Caprioli, mio predecessore presidente dell’ANA, e anche Caprioli ci tiene a rimarcare che part volontario. Perch allora le situazioni socio politiche erano quelle e partire volontario era ritenuto un dovere ed bene ricordarlo, perch non ci si deve vergognare dei sentimenti che albergano nel cuore in certi momenti storici’.
    ‘Poi ci fu Nikolajewka ha continuato Parazzini un’epopea drammatica trasformata in eroismo e in una vittoria della dignit dell’uomo anche nei momenti peggiori: stato un grande momento di umanit. E questa battaglia apr la strada a molti per venire a casa, a tanti altri quella prigionia dove andarono ancora a soffrire’.
    ‘Prisco pot tornare in Italia. Dei 52mila alpini componenti il Corpo d’Armata alpino comandato dal generale Italo Gariboldi, bene che si sappia che 33mila furono i Caduti e i dispersi, altri diecimila furono i feriti e per i rimanenti diecimila che rientrarono in Italia non si sa come and a finire’.
    ‘Oggi ci commuoviamo per tre, quattro, cinque giovani che restano vittime degli incidenti del sabato sera: pensiamo ai 33mila che non sono pi tornati nelle loro case! E’ per questo che noi siamo qui: per trarre insegnamento, per non commettere pi questi errori’.
    ‘Peppino Prisco, rientrato in Italia, si accorse che coloro che erano andati a fare il loro dovere perch cos era previsto allora: come oggi previsto che si devono pagare le tasse, allora era previsto che si dovesse andare a fare la guerra si accorse che non solo erano considerati poco, ma erano considerati quasi come nemici. Di qui la continua rivendicazione del dovere compiuto che ha sempre fatto parte dello spirito e della missione di Peppino Prisco’.
    ‘Cos ha continuato il presidente ecco tante iniziative per onorare i reduci e commemorare i Caduti. Ecco l’idea di celebrare una Santa Messa una volta l’anno, all’inizio nella chiesetta di San Sebastiano, a Milano, poi in quella di San Carlo e siccome gli alpini non ci stavano tutti, viene celebrata in Duomo.
    La Messa, che viene dedicata agli alpini del battaglione l’Aquila, anche su suggerimento di Bedeschi diventa poi degli alpini della Julia, e poi di tutti gli alpini e infine viene dedicata a tutti i Caduti’.
    ‘Peppino Prisco, con la sezione di Milano e la sede nazionale, organizzava tutti gli anni questa splendida manifestazione, tipica dell’alpino, con la santa Messa, che un momento essenziale delle nostre cerimonie, con la deposizione di una corona per onorare chi ha fatto il proprio dovere sacrificando la vita, con l’alzabandiera, nel rispetto delle autorit, del senso del dovere…’
    ‘Questo bisogna far capire ai ragazzi: che ci sono anche doveri oltre che diritti, e bisogna educarli con questi sentimenti. E’ con questi sentimenti che gli alpini sono andati a costruire la scuola multietnica vicino a Sarajevo, scuola che andremo ad inaugurare fra pochi giorni (domenica 17 febbraio, n.d.r.). E perch siamo andati a Sarajevo?Perch l ci sono le truppe alpine, altrimenti avremmo potuto benissimo andare altrove.
    Ci siamo andati per aiutare le nostre Truppe alpine nella loro magnifica opera di assistenza e di aiuto, anche se da qualche parte si dice che noi siamo nemici dell’istituzione militare. Le Truppe alpine sono quelle che ci hanno formato, che ci hanno cementato, e la nostra riconoscenza ci sar comunque, quale che sia l’atteggiamento dell’istituzione militare’.
    Parazzini ha poi rievocato episodi, aneddoti degli incontri con Prisco, tutti improntati alla difesa dei valori alpini, e le cene con gli alpini avvocati, gli scherzi, le battute folgor
    anti, la passione per la ‘sua’ Inter, il tifoso accanito ma cavalleresco. E i tentativi, negli Anni Sessanta, di far pubblicare il libro di Bedeschi Centomila gavette di ghiaccio, in momenti politici che gli editori ritenevano ‘poco adatti’ alla rievocazione della tragedia della guerra. Invece quei momenti sono passati, come tante altre cose, ha concluso Parazzini. ‘Ma gli alpini ci sono ancora! E’ qui la nostra forza! E perch ci sono ancora?Perch abbiamo dei pilastri: la Bandiera, la Patria, la famiglia, il senso del dovere e Peppino Prisco.
    Viva l’Italia, viva gli alpini!’.