Buon lavoro presidente

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    Chissà perché, caro Presidente, nel momento in cui l’Assemblea dei delegati proclamava l’esito delle votazioni che ti hanno visto eletto, mi tornava alla mente la scalata al monte Emilius che feci con la mia Compagnia nell’estate del 1968. È uno dei ricordi più nitidi dei cinque mesi trascorsi alla SMALP, che si accompagna a quello dell’odore delle erbe di Pollein, rimasto impresso nella memoria olfattiva, così come il sapore amaro dell’alluminio della gavetta, dove ci servivano ranci semifreddi nelle giornate gelide e nevose del campo invernale a La Thuile.

    Ragionandoci sopra, penso che la memoria di quel fatto mi sia venuta spontanea per il suo valore di metafora. Ed è nei contorni della metafora che mi tornano alla mente le fasi confuse e un po’ ansiose dei preparativi, le fatiche quando le salite si facevano particolarmente impegnative. Il ricordo si fa ancora più pungente pensando al tenente poco avveduto, tutto preso nella sua ostentazione di potere, e noi in coda a canzonarlo: «Che l’Inter vinca, che l’Inter perda, tenente di m…, tenente di m…». Già, perché ogni marcia incontra altruismi, ma anche guastatori che rallentano il percorso. Ripenso alla notte, trascorsa dentro il sacco a pelo tra i lazzi di una giovinezza scanzonata. Ricordo i “moccoli” lanciati contro il Cielo, ma anche l’ubriacatura d’infinito una volta in vetta, così travolgente da farti avvertire i brividi della vertigine, come una placenta morale in cui immergerti e restare per sempre.

    Pensavo e penso che anche presiedere la grande famiglia alpina sia qualcosa di simile ad una scalata, coi suoi malumori di partenza, con i suoi tenenti autoreferenziali, con le sue rabbie quasi mai urlate, più spesso metabolizzate nelle solitudini della responsabilità di chi ha il compito di stare davanti. Ma ci sono anche le vette, quelle dei risultati, quando la letizia si racconta con gli occhi o con una pacca sulla spalla.

    Moltissimi ti hanno scelto, caro Presidente, per metterti davanti ed essere aiutati ad andare in vetta. Lo hanno fatto conoscendo il tuo passo silenzioso ma tenace e costante. Non già per alchimie politiche o per smercio di promesse a buon mercato. Anzi, dalla tua, c’è una silenziosità che qualcuno vorrebbe interpretare come cordialità al ribasso. Chi ti conosce sa che alle parole preferisci i fatti. Sono quelli la cifra della tua cordialità. Come direttore de L’Alpino mi stringo a te con tutti i nostri lettori. Per congratularmi, per essere disponibile a rendere migliore il tuo servizio. Per servire insieme la nostra bella famiglia alpina. Buon lavoro, alpino Sebastiano.

    Il direttore