BOLOGNESE ROMAGNOLA Raduno alla ricostruita chiesa della Rondinaia

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    Quando nell’ormai lontano 2000 ci buttammo in questa impresa ci voleva del coraggio a credere che saremmo arrivati in fondo , dice Giancarlo Poggioli presidente del Memoriale Alpini Romagnoli della Rondinaia . Della chiesa della Rondinaia sull’Alto Bidente, comune di Bagno di Romagna, non restavano che sbrecciati muri perimetrali e della canonica si intravedeva solo il perimetro delle fondamenta. Ora è tornata al suo antico splendore, grazie all’intervento, anche economico, degli alpini di 23 dei 46 gruppi della Sezione Bolognese Romagnola, che con l’aiuto di amici, enti e associazioni nonché di donatori rimasti anonimi, hanno ristrutturato o ricostruito la chiesa e la foresteria.

    Quest’ultima potrà diventare l’archivio dei singoli gruppi: una memoria storica. E, non certo ultimo uso, l’edificio che era destinato a foresteria. L’inaugurazione del complesso è avvenuta sabato 13 giugno, con il raduno della Sezione. Gli alpini si sono affettuosamente stretti attorno ai tre ospiti d’onore, tre reduci che con le loro brevi, commoventi ma profonde riflessioni hanno esaltato il significato di questo recupero e dello stesso raduno: Nelson Cenci, Carlo Vicentini, Federico Zanotti. Gianfranco Cenni, presidente sezionale, ha coordinato le varie fasi inaugurali, dagli onori ai Caduti, al ringraziamento a nome di tutta la Sezione per quanto fatto, alla lettura del messaggio di saluto del presidente nazionale Perona che plaudiva all’iniziativa con un bravi alpini .

    Le presenze dei sindaci di Santa Sofia, Forlimpopoli, Mercato Saraceno e Galeata, del vicepresidente della Comunità Montana e del Vicario della diocesi di Forlì Bertinoro hanno significato l’attenzione di larga parte del territorio alla realizzazione di quest’opera. Soddisfatti il parroco don Giordano Milanesi per la rinata chiesa e l’architetto Bacchi che ne ha puntigliosamente seguito i lavori. E soddisfatti anche Luciano Foglietta e Piero Mariani, ambientalisti e storici del territorio, che hanno interpretato questo recupero edile, rispettoso delle primitive linee architettoniche e di un habitat locale libero da inquinamenti, come una vittoriosa controtendenza all’abbandono della montagna.

    Giovanni Vinci

    Pubblicato sul numero di settembre 2009 de L’Alpino.