Caro direttore, tutti i telegiornali e gli organi di stampa qualche settimana fa hanno aperto con la terribile notizia del massacro conseguenza dell’attacco terroristico in una scuola di Kabul. Il brutale attentato ha fatto strage di studentesse in un Paese che nella sua storia sembra non trovare mai pace. Le brutte notizie dal mondo arrivano purtroppo quasi quotidianamente, ma questo tragico episodio mi ha colpito in modo particolare e fatto passare qualche notte insonne perché non ha potuto non ricordare la visita della nostra delegazione, con l’allora Presidente Corrado Perona, nell’ormai lontano dicembre 2012 a Herat. Quello in Afghanistan è stato sicuramente, a parer mio, uno degli impegni più importanti e significativi che l’Ana abbia portato avanti in questi ultimi anni e per me un onore e un ricordo unico avervi partecipato. Una delle attività più importanti fra le tante che la nostra straordinaria Associazione ha organizzato in supporto e collaborazione con i nostri alpini in armi. In quei giorni siamo andati a portare la nostra vicinanza e amicizia ai reparti in armi dislocati in missione su quel territorio, per quella che era una delicata ed importantissima dimostrazione di solidarietà alla popolazione, e non a caso si era scelto di intervenire donando una fornitura di computer ad una scuola femminile di Herat, precedentemente distrutta dai Talebani e appena ricostruita ed inaugurata con l’occasione. Come non ricordare gli sguardi fieri e pieni di gioia di quelle ragazze che vedevano forse quel giorno come la speranza per un futuro migliore, che nasceva dalla possibilità di tornare a scuola, studiare, costruire un mestiere. Oggi quella speranza è stata nuovamente colpita da chi tenta di stroncare in ogni modo ogni possibilità di rinascita del Paese, attaccando una scuola e massacrando innocenti ragazzi. La scuola in particolare dovrebbe essere per loro il luogo più sicuro oltre la base per una istruzione e un inserimento in un futuro produttivo. Stavano lasciando la scuola quando sono rimaste vittime dell’orrendo attacco, vittime innocenti di una guerra infinita della quale non hanno colpe. Ho letto di una di loro che di notte tesseva tappeti per potersi pagare gli studi, di un’altra che sognava di diventare pilota. Sogni di ragazzi infranti in un attimo. Appartenevano alla minoranza Hazara, un gruppo sciita fra i più presi di mira dai fondamentalisti, ma principalmente erano ragazzi che credevano di poter costruire un futuro per loro e per il loro Paese. Negli ultimi anni i passi delle donne afghane verso l’uguaglianza e l’inserimento nella società hanno fatto progressi da gigante, nel 2001 solo in 900 mila andavano scuola, tra loro solo pochissime donne. Oggi 9 milioni di bambini hanno accesso all’educazione e di questi 3,5 milioni sono ragazze. Nessuna società potrà mai progredire se le sue donne non sono istruite. E per questo chi vuole distruggere civiltà e democrazia le colpisce al cuore, ovvero nelle scuole. Il programma di ridimensionamento della missione Isaf della Nato, purtroppo come prevedibile, sta ridando spazio sempre più ampio a chi ha come unico obiettivo quello di riportare il Paese indietro di decenni. Il mantenimento della sicurezza, sia attraverso operazioni militari che con il contributo ad azioni umanitarie e di ricostruzione, non sarà facile. La speranza è che tutto quello che è stato fatto anche con gli enormi sforzi dei militari (come non ricordare i 52 componenti del nostro contingente che hanno perso la vita) non rimanga un inutile sacrificio. Il rischio che il governo di Kabul venga spazzato via dai talebani purtroppo esiste, come il rischio che il Paese torni ad essere riparo per organizzazioni terroristiche di ogni genere. Per noi rimane sempre il ricordo di quel piccolo grande contributo che abbiamo dato, uno di quei momenti nei quali abbiamo sicuramente “onorato i morti aiutando i vivi”. E dobbiamo continuare a farlo, anche davanti agli ostacoli più duri e quando possibile accanto ai nostri reparti in armi sempre più spesso in missione. Ugualmente dobbiamo continuare a porci obiettivi che a volte sembrano irraggiungibili, come quelli dell’Afghanistan, senza scordare che “per gli alpini non esiste l’impossibile”, così come è scolpito nella roccia del Doss Trento. Una frase che deve rimanere sempre anche nel nostro cuore. Un caro saluto.
Federico di Marzo, Consigliere Nazionale Ana
Grazie Federico. Ricordiamo che l’impegno dei militari italiani in Afghanistan è durato vent’anni e si è concluso ufficialmente lo scorso giugno.