A Mittenwald per onorare i Caduti e per rinnovare la volont di pace

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    DI VITTORIO BRUNELLO


    Brendtenfeier, giugno. Una giornata dalla limpidezza straordinaria, come avviene dopo una nottata di vento e pioggia, esalta la bellezza della collina dove sorge il memoriale dedicato alle truppe di montagna germaniche. La cornice delle creste ancora innevate e la primavera nel pieno della sua prorompente esuberanza sottolineano lo scenario della festa di Pentecoste, scelta per ricordare i Caduti delle nazioni che hanno nei loro eserciti specialità alpine.
    La Federazione Internazionale delle Truppe di Montagna (IFMS) ne ha fatto l’appuntamento più solenne e celebrativo del suo calendario di manifestazioni. Sventolano infatti sugli alti pennoni che avvolgono le due stele messe a protezione di una croce semplice e dimessa, le bandiere degli Stati membri della Federazione: Austria, Francia, Germania, Italia, Polonia, Slovenia, Spagna, Stati
    Uniti.
    I soldati di montagna hanno capito da tempo che il passato dev’essere affidato al giudizio della Storia e che il presente pone al mondo la necessità di operare per lo sviluppo della cultura dell’uomo come valore assoluto, senza disperdere il patrimonio di testimonianze, tradizioni e legami alla propria terra, fondamento dell’identità dei popoli.
    Per questo in tanti, con i costumi bavaresi, la giacca e cravatta, la tenuta trekking o il cappello alpino hanno affrontato i ripidi pendii del Brendten, con enormi labari, decorazioni e fucili d’epoca, per assistere alla messa concelebrata da un cap puccino e da un pastore protestante, per deporre fiori, ascoltare gli ottoni. E per ricordare.
    L’A.N.A. era presente con i vessilli di Germania e Bergamo, alcuni gagliardetti e con alpini giunti anche dalla sezione Alto Adige, da Monaco di Baviera e da Augsburg. C’era anche qualche assenza. Giustificata, per aver raggiunto il paradiso di Cantore. La corona con la scritta Gli Alpini era anche per loro.
    L’indice di civiltà di un popolo si misura nel rispetto dei propri morti , ha esordito il presidente del Land bavarese, prendendo la parola, circondato da sindaci, comandanti di reparti militari, presidenti di associazioni combattentistiche e qualche migliaio di cittadini. Ha proseguito attaccando duramente i politici che non sanno o non vogliono tener conto delle aspettative della gente .
    Ha detto che i reparti con la stella alpina si stanno riducendo e tutto è condizionato da calcoli elettorali o di bilancio, dimenticando che così si impoverisce la collettività e si penalizzano le regioni montane. Ha proseguito ricordando ripetutamente i soldati tedeschi recentemente caduti a Kabul, così frettolosamente ridotti dai media al rango di cronaca, e il significato della presenza delle forze armate europee negli scacchieri caldi del mondo.
    La guerra è l’azione più ingiusta e odiosa che l’umanità abbia riproposto con sistematica frequenza dai tempi di Caino.
    Anche il terzo millennio è iniziato prendendo drammaticamente coscienza che il seme della violenza non è morto. Nonostante tutte le informazioni di cui disponiamo non siamo in grado di identificarne sempre le ragioni. C’è dunque bisogno di una forza in grado di tutelare la cultura della sicurezza, della dignità e della libertà per tutti. Una forza di pace, ma sempre una forza, capace di dissuadere, di fermare i violenti. Di tanto in tanto, durante la cerimonia, il vento portava l’eco di una manifestazione antimilitarista, antifascista, contenuta a valle da imponenti forze di polizia.
    Può darsi che noi non capiamo i giovani o che non riusciamo a far loro comprendere che nella volontà e nelle azioni siamo come e forse più di loro, senza debolezze o nostalgie, lontani dal militarismo di marca ideologica o di matrice economica.
    Peccato.
    Avessero portato il cappello alpino o il berretto con l’Edelweiss sarebbe stato più facile dialogare. O, molto probabilmente, non ce ne sarebbe stato bisogno.