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sabato, 3 Maggio 2025

Interprete d’umanità

Racchiudere in un’immagine la straordinaria figura del beato don Carlo Gnocchi è impresa improba e per nulla soddisfacente. Eppure, tra gli slogan sopravvissuti alla storia, due sembrano sintetizzare più di altri la poliedrica e affascinante personalità di un uomo – e di un prete – che ha fatto la storia del Novecento italiano: santo con la penna alpina e padre dell’infanzia mutilata. Non sono icone poi così distanti. 

Gorizia città alpina

Il raduno del 3º raggruppamento che si terrà a Gorizia, dal 17 al 19 giugno ha due temi principali attorno ai quali è stato predisposto l’intero programma della tre giorni, riportato nella guida allegata a questo numero de L’Alpino, con lo stesso filo conduttore legato alla memoria e al ricordo. Il primo tema è quello della commemorazione dei Caduti della Prima Guerra Mondiale: Gorizia è la città scelta dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia come fulcro degli eventi per l’anno 2016, ricorrendo nel mese di agosto il centenario dell’entrata delle truppe italiane.

La parola del bene

È l’Opera di un santo. Sognata, voluta e realizzata da don Gnocchi per assicurare cure, riabilitazione e integrazione sociale a mutilatini e poliomielitici. Un’Opera di carità, nata nei giorni più drammatici della ritirata di Russia. Scrisse in quell’inferno bianco al cugino Mario: «Sogno, dopo la guerra, di potermi dedicare per sempre ad un’opera di carità, quale che sia, o meglio quale Dio me la vorrà indicare.

Dedicato al nostro “papà”

In occasione del centenario della morte del generale Giuseppe Perrucchetti, da tutti conosciuto come il papà degli alpini, la Sezione di Milano e il Gruppo di Cassano d’Adda hanno organizzato una serie di eventi commemorativi che hanno avuto il culmine domenica 17 aprile. Una bella anticipazione c’è però stata sabato 9 con l’inaugurazione della mostra dedicata al generale, curata da Giuseppe Martelli, Francesco Testa e dagli alpini di Cassano, seguita dalla conferenza dal titolo “Giuseppe Perrucchetti e Armando Vitali, dall’Aquila Asburgica alla Croce Sabauda: patrioti per l’Italia unita”, curata da Marco Galbusera e Dario Riva.

Una geniale intuizione

Tra le carte e i documenti che riposano al Museo del Risorgimento di Milano alla voce Giuseppe Domenico Perrucchetti, l’argomento “alpini” non è trattato come ci aspetteremmo. Infatti per il Generale la formazione delle Compagnie alpine fu vista come una logica conseguenza dei suoi studi sulla geografia militare, sul controllo dei confini e sulla difesa nazionale. Sopra a queste carte Perrucchetti spenderà l’intera sua vita con energia, passione, ardimento, correggendole nel tempo, rivedendole, aggiungendo nuove osservazioni avanguardistiche e pubblicandole in diverse opere. Con un tratto frenetico (aveva una pessima grafia!) racconta la sua amarezza per non essere stato del tutto compreso. Molti dei suoi studi, infatti, vennero relegati a pubblicazioni accademiche, più teoriche che pratiche, suscitando riluttanza, invidie o indifferenza. Gli eventi però, smentiranno i suoi detrattori dandogli ragione. In quel raccoglitore polveroso c’è un mondo intrecciato di autentica passione, quello di un uomo temerario, molto polemico ma geniale che meriterebbe di essere studiato nella sua totalità. Il fatto d’essere ricordato come il “papà degli alpini” è solo un aspetto di un intelletto lungimirante e senza tempo.

Aprite le porte

Grandi novità quest’anno alla ventesima edizione del Cisa. Per la prima volta nella sua storia, il Convegno Itinerante della Stampa Alpina, tenutosi nei giorni del 2 e 3 aprile a Belluno, ha visto la partecipazione di noi ragazzi: Tommaso Anselmi di Treviso, Alessandro Marcomini e Nicola Vazza entrambi di Belluno ed io, chiamati a contribuire attivamente al dibattito nato attorno al tema “L’Ana e i giovani, loro speranze e attese”.

Don Carlo e gli alpini

Sono trascorsi sessant’anni dalla sua dipartita eppure l’eco di don Gnocchi risuona ancora in tutti, alpini e non. È emblematico come quest’uomo, figlio di un artigiano del marmo, modelli la propria vita sulle orme di Cristo facendone un esempio luminoso che rifulge a distanza di anni continuando a (s)colpire le nostre vite. La sua è una carità trasbordante, quella che all’indomani dalla Russia mette in moto qualcosa di nuovo. L’esperienza della guerra con il suo alito di morte e neve lo cambia, ma è lui, in ultimo, a mutare il conflitto stesso, umanizzandolo fino alla creazione del fiore più bello, la Pro Juventute. Un’ancora di Pace nella fluttuante atrocità della guerra. E per una volta possiamo dire che la montagna partorisce un gigante. Un alpino instancabile capace di grande sensibilità e acume in grado di sollevare gli animi, specialmente dei più giovani, gli stessi che oggi tornano nell’occhio del ciclone. Prendiamo allora parte a questa sua eredità con la semplicità di quel sorriso che fa nuova la società!

Dicono di lui…

  Mario Rigoni Stern «Segni di croce sugli alpini» Struggenti le parole di Mario Rigoni Stern, anch’egli alpino della Tridentina, reduce di Russia e autore...

Missione Libano

Dodici alpini appartenenti alle Sezioni di Asti, Bergamo, Luino, Monza e Salò, lavorando sodo e rinunciando a trascorrere le festività pasquali con la propria famiglia, in soli dieci giorni sono riusciti a portare a termine l’impegno promesso. In stretta collaborazione con ufficiali e soldati del Cimic (Civil- Military Cooperation) e con gli alpini della Brigata Taurinense il sito storico archeologico di Qana ha davvero cambiato faccia.

L'impeto della valanga

Anni fa d’estate in montagna, cedevo volentieri la mia stanza a monsignor Luigi Crivelli, per me sempre don Luigi; passava così dei giorni per riposarsi dalle fatiche, soprattutto intellettuali, causate dall’allora erigendo Museo Diocesano di Milano. Con celata sofferenza fisica, il male incurabile lo aveva già attanagliato, mi seguiva nelle trincee, ascoltando le mie spiegazioni. Sul luogo ove avvenne la slavina che abbatté dei ricoveri di alpini, uccidendo anche il cappellano militare don Costanzo Bonelli e sulle fosse ancora oggi visibili ove vennero sotterrate le vittime, s’impressionò molto quando gli raccontai dell’opera di soccorso che ne seguì per strappare dalla “morte bianca” i colpiti. Cent’anni fa, proprio in questi mesi, c’era al fronte la “stasi delle operazioni”, ma a migliaia (italiani, austriaci, prigionieri russi e borghesi) morirono a causa della natura.

Realizzare un sogno

Come si passa da un’idea a un progetto condiviso? Come lo si realizza? Per gli alpini la risposta a queste domande è semplice: abbiamo una grande storia alle spalle da poter raccontare, una grande passione verso il presente da poter testimoniare e una grande visione del futuro al servizio della nostra Patria e di chi ha più bisogno. Questi sono i semplici ingredienti che conditi con la nostra innata capacità di stare insieme in modo conviviale, ci rendono riconoscibili e capaci di affrontare e vincere qualsiasi sfida. Così è nata un’idea. Attorno a un tavolo, una sera a cena in una trattoria di Torino, alla vigilia della prima Conferenza sul Centenario della Grande Guerra organizzata dall’Ana lo scorso ottobre.

Tutto per la Patria

Da come vedi e come capirai non sono né colto e né attrezzato per una bella e buona scrittura. Sono un alpino che come tanti, o tutti, leggono con vivo interesse quanto riportato sul nostro giornale, specie le lettere al direttore.

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