A dar retta alla statistica, la nostra scuola costa un terzo più della media di quanto spendono i Paesi europei nonostante gli insegnanti italiani siano pagati molto meno dei loro colleghi e come efficienza è agli ultimi posti, poco prima della Turchia. Nella classifica dei Paesi maggiormente sviluppati, siamo 67esimi. Lo dice uno studio dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Ma si sa come sono fatte le statistiche: c’è chi ci crede e chi no, anche se fanno riflettere.
Di questi tempi, sembra che più che farci riflettere i giovani facciano discutere, perché riempiono con i loro comportamenti i dibattiti televisivi e le pagine di cronaca nera dei giornali. Giovani permale, i cui modelli sono gli eroi negativi che, assurdamente, hanno successo. Abbiamo considerato la scuola perché è al centro dell’età evolutiva, perché è impossibile non fare riferimento alla scuola come momento più significativo della formazione del giovane, importante quanto la famiglia, istituzione in crisi ancora più profonda, e perché i giovani d’oggi saranno gli uomini di domani, quelli che plasmeranno il nuovo modello di società. Sono il futuro.
Non intendiamo girare il coltello nella piaga, ma c’è da rimpiangere il servizio di leva, che era un momento di formazione e di maturazione del giovane. Le conseguenze si vedono: possono essere fieri i sostenitori dell’abolizione di questo cuneo . Fortunatamente, il corrispettivo di questo spaccato giovanile è ampiamente positivo, perché i giovani perbene sono di gran lunga più numerosi, e non fanno notizia: fa più rumore un albero che cade d’una foresta che cresce.
È questa seconda immagine di giovani quella che disegnerà il modello di società che avrà futuro e bene ha fatto la nostra Associazione a puntare su di loro, forte dei valori dei nostri Padri. Ci piace nutrire questa speranza, lasciandoci alle spalle un anno intenso in cui si è seminato, per iniziarne uno nuovo denso di progetti e di cose da fare. La nostra Associazione ha un compito: quello di continuare sullo spirito di coloro che 89 anni fa salirono sull’Ortigara per stare ancora insieme.
Non erano dei nostalgici o degli illusi romantici, conoscevano le atrocità della guerra ma anche la necessità e il valore della pace, sapevano cos’è la giustizia, quale sia il dovere, avevano il senso di quello Stato che avevano contribuito, e come!, a costruire. Certo, oggi ci sono giovani che uccidono i loro coetanei e purtroppo anche i propri genitori, la famiglia sembra aver perso valore, il sacrificio viene rifiutato. Ma ci sono tanti, tantissimi giovani che studiano, che fanno sacrifici, che hanno degli ideali, la certezza che sapranno costruirsi un avvenire.
Molti non hanno avuto la possibilità di portare il cappello alpino: possiamo tenerli lontani, estranei, o possiamo avvicinarli e indicare loro un positivo modello di vita, con l’esempio, la solidarietà. Possiamo interessarli alle nostre attività: la Protezione civile, i momenti agonistici, i cori e le fanfare, le attività culturali, gli studi e le tesi di laurea sugli alpini, il lavori per il recupero delle testimonianze della Grande Guerra, l’amore per il territorio e la montagna in particolare, coinvolgendo gli istituti scolastici
Non vi sembra un programma esaltante? Quei nostri Padri sono saliti sull’Ortigara anche per loro, perché sognavano, volevano, un’Italia migliore. (g.g.b)