La mattina del 4 maggio, sui grandi spazi dell’Ippodromo Militare “Giannattasio” di Roma sono schierati alcuni mezzi militari di ultima generazione e due compagnie di cavalleggeri tengono in attività i loro destrieri con piccolo trotto, cariche a spada sguainata, passo lento.
C’è aria di festa nel ritrovare amici, salutare ufficiali e militari in alta uniforme in attesa dell’inizio della cerimonia per il 151° della costituzione del nostro Esercito, erede della sabauda Armata Sarda. Sulle note dell’Inno nazionale eseguito dalla banda militare, composta da oltre cento elementi, tutti con diploma di conservatorio, alzabandiera e subito dopo schieramento di una brigata di formazione in rappresentanza di tutte le specialità. Con l’ingresso dei Medaglieri e Labari delle associazioni combattentistiche e d’arma, dei gonfaloni della Capitale, della Provincia, della Regione e della Bandiera di guerra dell’Esercito si concludono i preliminari della cerimonia. Nel frattempo le massime autorità militari e di governo hanno preso posto in tribuna e fra queste c’è il nostro presidente nazionale Corrado Perona e il delegato ANA in Roma Federico di Marzo.
Annunciato dai rituali tre squilli di tromba entra nell’area della cerimonia il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Il volto è segnato da un’espressione severa che non tradisce emozioni. Non è routine perché questi non sono tempi di ordinaria amministrazione né per lo Stato, né per la società civile. Prende la parola il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, gen. C.A. Graziano. Dopo l’omaggio ai Caduti e ai feriti nelle missioni all’estero con voce ferma, ma senza enfasi, dice che l’Esercito rappresenta una delle più belle espressioni della società, simbolo dell’unità nazionale. “Questo efficace strumento è organizzato per una pronta integrazione in ambito NATO” e costituisce un riferimento affidabile nelle sfide che ci attendono. La sua forza poggia sulla disciplina, l’addestramento e la motivazione. Il Capo di Stato Maggiore della Difesa, gen. Abrate apre il suo intervento con espressioni di vicinanza ai 6.500 militari impegnati nelle 25 missioni loro affidate dal Parlamento; si complimenta per i risultati ottenuti e per i lusinghieri riconoscimenti ricevuti da parte delle popolazioni dove operano.
“Siete – aggiunge – un patrimonio di tutta la collettività”. Il Ministro della Difesa, ammiraglio Di Paola, conclude gli interventi sottolineando come si stia vivendo un periodo difficile in cui emerge forte la necessità di trovare momenti di coesione. L’Esercito dev’essere uno strumento sostenibile, integrato nell’Alleanza Atlantica e capace di concorrere efficacemente alla sicurezza comune. “Non è la Croce Rossa e nemmeno la Protezione Civile, anche se al momento sappiamo anche esserlo, ma l’espressione militare del nostro Paese”. Il soldato non fa una professione, un mestiere: giura fedeltà alla Repubblica Italiana.
In un’atmosfera di forte tensione emotiva, ma anche di grande compostezza, il Presidente della Repubblica ha consegnato le onorificenze concesse ai militari nell’arco dell’anno. Sono sei Croci d’Onore alla memoria: al 1° cap. magg. Matteo Miotto del 7° Alpini, al cap. magg. capo Luca Sanna dell’8° Alpini, al capitano Massimo Ranzani del 5° Alpini, al cap. magg. scelto Roberto Marchini guastatore dell’8° reggimento Genio della “Folgore”, al cap. magg. scelto David Tobini, paracadutista del 183° Reggimento “Nembo”, al cap. magg. scelto Gaetano Tuccillo del btg. logistico “Ariete”; una Croce d’Onore all’alpino Luca Barisonzi dell’8° rgt. e al primo cap. magg. Simone Careddu, paracadutista dell’8° rgt. Genio Guastatori. E, infine, le Medaglie d’Oro al Valor Militare al sottotenente alpino Mauro Gigli e al caporal maggiore capo scelto Pierdavide De Cillis del 21º reggimento Genio di Caserta. Di queste ultime due riportiamo le motivazioni.
La Medaglia d’Oro al V.M. è stata consegnata alla moglie del sottotenente Mauro Gigli, Vita Maria Biasco, ed è stata decretata dal presidente della Repubblica con la seguente motivazione: “Capo nucleo bonifica ordigni esplosivi improvvisati, dalle straordinarie qualità umane e professionali, in missione di pace in Afghanistan, pur in turno di riposo si offriva di effettuare la neutralizzazione di un ordigno che metteva a repentaglio la sicurezza della popolazione civile e del personale militare. Dopo aver disarticolato un primo dispositivo, avvedutosi di una seconda trappola letale, senza indugio alcuno, accortosi dell’imminente pericolo decideva di donare gli ultimi momenti della sua vita per allontanare i presenti piuttosto che porre se stesso al riparo. Improvvisamente, mentre del personale riusciva a porsi in salvo, veniva investito dall’esplosione dell’ordigno, perdendo la vita. Fulgido esempio di coraggio e altruismo ispirati alle migliori tradizioni dell’Esercito”. Herat (Afghanistan), 28 luglio 2010.
Questa la motivazione della Medaglia d’Oro al V.M. alla memoria del caporal maggiore capo scelto Pierdavide De Cillis: “Giovane volontario dalle straordinarie qualità umane e professionali, in missione di pace in Afghanistan come operatore addetto alla bonifica degli ordigni esplosivi improvvisati, pur in turno di riposo, appreso del rinvenimento di un artifizio in un villaggio, senza esitazione si offriva per effettuarne il disinnesco. Durante tale operazione, dopo aver contribuito a disarticolarlo, avvertito dal capo nucleo della presenza di una seconda trappola esplosiva e dell’imminente pericolo, esponendosi a manifesto rischio della vita e anteponendo l’altrui incolumità alla propria, faceva scudo con il corpo all’ufficiale responsabile della raccolta delle prove legali presente sul posto, salvandolo dagli effetti dell’esplosione e andando incontro alla morte. Fulgido esempio di coraggio e altruismo ispirati alle migliori tradizioni dell’Esercito”. Herat (Afghanistan), 28 luglio 2010.
(v.b.)