L’agguato costato la vita a quattro alpini

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    I tempi di stampa del nostro giornale ci costringono a dare solo dopo molti giorni (anche se sembra sempre di ieri) la notizia della morte di quattro alpini in Afghanistan, uccisi in un agguato nel distretto di Gulistan, nella regione sud ovest del Paese, il 9 ottobre scorso. Erano a bordo di un Lince, un veicolo corazzato saltato su un ordigno di manifattura artigianale nascosto lungo la pista percorsa dalla colonna. Dopo l’esplosione sono stati sparati colpi d’arma automatica sul convoglio, i cui alpini hanno risposto al fuoco.

    Le vittime dell’agguato sono il primo caporal maggiore Gianmarco Manca, di 32 anni, di Alghero (Sassari), il primo caporal maggiore Francesco Vannozzi, 26 anni, pisano, il primo caporal maggiore Sebastiano Ville, 22 anni di Lentini (Siracusa) e il caporal maggiore Marco Pedone di 23 anni, di Gagliano del Capo (Lecce). Tutti del 7º Alpini di stanza a Belluno. È rimasto ferito il caporal maggiore scelto Luca Cornacchia, 38enne di Pescina (L’Aquila) anche lui del 7º, ormai in via di guarigione. Alpini della brigata Julia, arrivati in Afghanistan da poche settimane, per dare il cambio alla Taurinense che stava rientrando in Patria dopo la missione durata sei mesi (il cui consuntivo è in queste pagine).

    La colonna stava portando materiali e attrezzature destinati ad una base avanzata della brigata, secondo una strategia che mira al controllo del territorio destinata a mettere in sicurezza aree sempre più grandi da restituire alla vita normale delle popolazioni dei villaggi. Ed è proprio sul controllo delle vie di comunicazione che si svolge una battaglia, meglio sarebbe dire una guerra, giorno dopo giorno. Le salme dei quattro alpini Caduti, trasportate in Italia da un C 130 dell’Aeronautica sono state accolte all’aeroporto di Ciampino dai parenti, dal presidente Napolitano e dalle altre alte cariche della Repubblica.

    I solenni funerali di Stato si sono svolti nella basilica di Santa Maria degli Angeli, a Roma, in un’atmosfera di grande e commossa partecipazione di migliaia di cittadini. Era presente anche il nostro Labaro, con il presidente nazionale Corrado Perona, il vice presidente Ornello Capannolo e il delegato ANA a Roma Federico di Marzo e alcuni vessilli sezionali.

    L’ordinario militare, monsignor Vincenzo Pelvi, ha avuto parole alte all’omelia. Ha chiamato i quattro Caduti ‘profeti del bene comune, decisi a pagare di persona ciò in cui hanno creduto e per cui hanno vissuto’. E, riferendosi alle polemiche che in Patria interessano ricorrentemente queste missioni in insidiosi territori di guerriglia, che i nostri militari si nutrono anche della forza delle nostre convinzioni e della consapevolezza di una strategia chiara e armonica, che le nazioni mettono in campo per un progetto di convivenza mondiale ordinata. Dinanzi a tale responsabilità ha aggiunto monsignor Pelvi nessuno può restare neutrale o affidarsi a giochi di sensibilità variabili, che indeboliscono la tenuta di un impegno così delicato per la sicurezza dei popoli .

    La Preghiera dell’Alpino e le note del Silenzio hanno chiuso la celebrazione. Poi le bare avvolte nel Tricolore, al canto del Signore delle Cime sono state portate via a spalla dai commilitoni degli alpini Caduti. Infine la partenza dei feretri per i luoghi di residenza dei quattro Caduti, che ha lasciato un senso di vuoto e di smarrimento. A San Giovanni alla Vena (Pisa) è stato dato l’ultimo saluto a Francesco Vannozzi. Il consigliere nazionale Balleri, accompagnato dal gen. Primicerj ha incontrato i familiari porgendo loro le condoglianze del presidente Perona e di tutta l’ANA. Il feretro è stato infine scortato fino al cimitero dal vessillo della sezione Pisa Lucca Livorno, presente con sette gagliardetti e 40 alpini.

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    La Messa a Belluno per i 4 Caduti

    Nella medesima giornata delle esequie a Roma, i quattro alpini deceduti in Afghanistan sono stati ricordati a Belluno, sede del 7º Reggimento, con una Messa nella Cattedrale di San Martino, gremita di fedeli. Il rito religioso è stato celebrato dal vescovo mons. Andrich alla presenza di una selva di 155 gagliardetti e 12 vessilli, non solo dell’ANA, con i gonfaloni della Provincia e del Comune di Belluno, oltre a quelli di Longarone e Conegliano, e parecchie autorità locali. Massiccia la rappresentanza ANA guidata dal vice presidente vicario nazionale Marco Valditara accompagnato dai consiglieri Favero, Geronazzo, Miotto, Munarini, Baradello e Munari. All’omelia il vescovo ha invitato a dare il giusto rilievo alla protezione della vita, libertà e pace delle altre persone . Poi, sottolineati dai canti del coro Monte Dolada , i momenti toccanti del Silenzio e del Signore delle cime a riempire il silenzio di struggente commozione. (d.b.)

    Pubblicato sul numero di novembre 2010 de L’Alpino.