Quelli che son tornati

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    In occasione della celebrazione di Nikolajewka tenutasi a Boario Terme ho sentito affermare che al loro rientro dalla Russia i superstiti erano stati trattati male. Io avevo scritto a L’Alpino che a me ciò non risultava affatto vero, anzi il contrario. Avrei sempre piacere di conoscere dove e con chi è avvenuto questo. Io, fra l’altro, ricordo la visita accorata di Gariboldi (il comandante dell’Armata Italiana in Russia) all’ospedale militare di Dresda. Non parliamo poi dei maestri del mio paese Pian Camuno. Mi auguro che, a chi viene dopo di noi, venga consegnata una versione il più obiettiva possibile del nostro passato.

    Andrea Garatti Artogne (BS)

    La versione che i nostri reduci, al loro rientro in Italia, non siano sempre stati accolti in modo benevolo l’ho sentita e letta anch’io. Qualcuno sembra sia arrivato a dire che non dovevano sporgersi dai finestrini dei treni per non far vedere lo stato pietoso in cui versavano. Si è perfino detto che sono circolate frasi nei loro confronti da fare rabbrividire. La testimonianza di Andrea è importante perché dà una lettura dei fatti opposta ad una leggenda che, se non veritiera, è d’obbligo sfatare. L’invito rivolto ai reduci di inviare, in qualsiasi modo lettere, telefonate (02 29013181 oppure 340 3653785), e mail: lalpino@ana.it le loro testimonianze vuole essere un tentativo di chiarire, una volta per tutte, come sono andate le cose.

    Pubblicato sul numero di giugno 2010 de L’Alpino.