Zona franca

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    Rubrica aperta ai lettori.

    NON SOLO I TRABICCOLI, ANZI!

    Mi permetto di scrivervi in merito al problema ‘trabiccoli all’Adunata’. Noto da tempo quale polverone venga sollevato sull’argomento dal nostro Consiglio e, di conseguenza, dalla nostra cara rivista L’Alpino. Pare che tali improvvisati mezzi di trasporto siano la madre di tutti i nostri mali. All’ultima Adunata in quel di Cuneo ci sono stato per la sola giornata di sabato, in quanto ho voluto che fossero con me mia moglie e i miei due bimbi di sei e tre anni. È stata una giornata magnifica in un contesto fantastico e i miei eredi hanno goduto appieno della festa che si era creata nelle vie e nelle piazze della città. Vedere i miei bambini divertirsi così e chiedermi più volte in seguito quando ci fosse stata la prossima Adunata mi ha riempito il cuore di gioia. Al contrario, sin dal primo pomeriggio, barcollavano in strada gruppetti di pseudo giovani alpini, tutti rigorosamente a torso nudo, che faticavano a reggersi in piedi da quanto alcool avevano già assunto. Tali elementi importunavano tutte le persone che incontravano, in primis i ‘civili’ che da quei comportamenti giudicavano la globalità di noi alpini. Questi tizi in quelle condizioni potevano essere pericolosi per sè e per gli altri. Ma tale argomento/problema/vergogna non l’ho mai sentito sottolineare con particolare veemenza: mai ho letto dell’attivazione dei capigruppo o del servizio d’ordine per arginare questa vergogna. Il problema unico pare essere quello dei trabiccoli: puo’ darsi che anche questi siano effettivamente, ed in certe condizioni, pericolosi ma, a mio parere ed in ordine di priorità, penso che la problematica da me evidenziata sia ben più grave e di peggior pubblicità nei nostri confronti.

    Francesco Bedetti Casnate con Bernate (Como)

    SOLO ALPINI

    Sulla rivista L’Alpino è stata trattata, alcuni anni fa da Luciano Viazzi (maggio e settembre 1989), l’epopea dei Valdesi con sintetica e appassionata chiarezza. In quella occasione egli vide nell’impiego della Compagnia di Valdesi sull’Assietta un embrione delle truppe alpine che nacquero solamente nel 1872: è vero il supposto per quanto riguarda i motivi, i metodi dell’arruolamento, l’organizzazione delle compagnie e l’impiego strategico/tattico, da cui forse prese spunto il Capitano Perrucchetti, ma da qui a citare, nel numero di ottobre 2007 de L’Alpino alla pag. 10 dell’articolo Loano, un raduno da ricordare , che il miglior colpo d’occhio lo danno gli alpini valdesi lascia molto sorpresi. Gli alpini sono sempre stati e lo sono ancora, tutti gli Italiani che hanno dovuto o voluto servire la Patria nelle truppe di montagna, senza distinzione di genia, ed oggi nemmeno più di territorio (delle Alpi), ma tanto meno distinzioni di fede religiosa. La frase riportata doveva e poteva essere così espressa (chiedo scusa) gli alpini delle valli Valdesi o delle valli Pinerolesi o, meglio ancora, della sezione di Pinerolo di cui i gruppi ANA delle valli fanno parte . Desidero fare presente, come notizia (data l’autorevolezza degli studiosi), che il gruppo di Villar Pellice e di Torre Pellice hanno ospitato due interessanti conferenze sulla storia delle Truppe alpine (prof. Giorgio Rochat, docente di Istituzioni Militari presso la Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino) e della conquista del Monte Nero (dottor Pierluigi Scolè, presso l’Università di Torino ); nel particolare il Prof. Rochat ha citato come tra le Truppe alpine ci fossero ministri di culto (documentati) Cattolico (poi trasformato, in modo univoco, in Ordinariato Militare), Ebraico e Valdese (egli stesso ritiene di essere l’unico nipote di un cappellano, il Pastore Evangelico Rostan) arruolati come Cappellani Militari : non ci furono mai alpini cattolici o alpini ebraici o alpini valdesi .

    Gianni Mattana Gruppo di Torre Pellice sez. Pinerolo

    IL SEMPLICE PERCHÉ DELL’ADUNATA

    Un mio collega di lavoro mi ha chiesto, forse provocatoriamente, cosa mi spinge a partire già venerdì sera per andare ad un raduno alpino. Mi rendo conto che se fosse stato un alpino avrei potuto rispondere l’alpinità e tutto si sarebbe risolto, ma a chi alpino non è stato viene difficile spiegare il sentimento che spinge migliaia di persone a ritrovarsi agli annuali incontri. Mi viene alla mente quanto mi diceva l’amico Vittore; pressappoco: È stupefacente vedere tutta questa gente, questi alpini che si incontrano in un determinato posto, qui a Loano o all’Adunata Nazionale, senza direttive se non quella di incontrarsi; sono come le rondini che di punto in bianco tutte assieme decidono di partire, formano gli stormi e vanno . Noi in effetti delle direttive le abbiamo, dal raggruppamento, dalla Sede Nazionale, ma nessuno ci obbliga, affrontiamo, a nostre spese trasferte e permanenze, ci guida solo la voglia di esserci. Mi si dice che andiamo per bere e fare bisboccia. Certo che beviamo, qualcuno forse esagera anche, ma il bere è una conseguenza del ritrovarci, non il movente; sarebbe per questo molto più comodo sbronzarci a casa nostra, quantomeno più economico. Sabato sera, sul tavolo del baretto sulla spiaggia dove ero attendato, non c’era più posto per le bottiglie vuote, con la gran gioia delle due graziose gerenti, mentre un giovane alpino dava fondo alle proprie ottime qualità canore con un continuo di canzoni in vernacolo genovese. Si è tirato fino alle tre di notte, ma il pomeriggio di domenica uno degli alpini di Cavour con il quale dividevamo l’arenile, beveva acqua perché doveva guidare fino a casa. Del resto al lunedì si parla delle stragi del sabato sera dopo l’uscita dalle discoteche. Non ho mai sentito parlare di stragi post raduni alpini che pure sono centinaia ogni domenica. Certo dispiace, ma sono quei giovani che, figli delle mamme apprensive, poverini ce li mandano a fare il soldato lontano tra i brutti e cattivi , che non sono capaci di neppure di allevarli, sgravati dal servizio di leva obbligatoria si istupidiscono con alcool, fumo, pasticche e chissà cos’altro. Ma queste sono altre storie, lasciamo perdere! Intanto non sono ancora riuscito a trovare una risposta valida del perché ci ritroviamo in migliaia alle nostre manifestazioni. Non è certo un motivo di censo e di ceto, ci si dà del tu dallo sconcio al generale a tre botte anche se non ci si conosce. Neppure un fatto d’età, ci sono i bocia sotto le armi, i giovani, i meno giovani (come me) e i reduci dell’Armir, tutti insieme, tutti con lo stesso spirito. Già, lo spirito alpino, l’alpinità! Ti entra nel sangue e si appiccica al DNA appena metti in testa quel cappello con la penna e condiziona la vita dalla naia in poi. Ecco un valido motivo, convenire tutti quanti hanno lo stesso gene per condividere le stesse emozioni e gli stessi ideali. Cantare insieme l’Inno nazionale ed il Trentatré, commuoverci vedendo issare il Tricolore, salutare deferenti il nostro Medagliere, amare e rispettare la Patria.

    Marco Zignone Sezione Valsesiana