Bentornati a casa! : sono state queste le commosse parole sussurrate da un reduce quando dalla stiva del C130 è uscita, portata a spalla dagli alpini della Julia e accompagnata dalle note della Marcia Funebre di Chopin, la prima delle 130 casse avvolte nel Tricolore contenenti le spoglie di soldati italiani caduti in Russia.
Ad attenderle, mercoledì 21 novembre all’aeroporto militare di Rivolto, c’erano il gen. Andrea Caso, comandante del Comando militare del Friuli Venezia Giulia, il generale Arturo Zandonà, del Commissariato generale per le onoranze ai Caduti in Guerra, il senatore Giovanni Collino della Commissione Difesa, il presidente della sezione ANA di Udine Rinaldo Paravan e di Palmanova Luigi Ronutti, rappresentanti delle Associazioni d’Arma e delle istituzioni politiche.
Dopo aver ricevuto gli onori militari da parte del picchetto con fanfara della brigata alpina Julia, le urne sono state tumulate al Tempio Sacrario di Cargnacco. Delle 130 salme recuperate in Russia nella valle del Don è stata identificata solo quella di Giovanni Mazzola, di Abbiategrasso (Milano), classe 1915. L’attività di ricerca si è svolta nella Regione di Voronez, tra le province di Kalac, Vorobjovka, Petropavlok, Bouguciar, Vernij Mamon.
La cittadina di Kalac, che si trova a circa 70 chilometri ad Est del Don, fu un centro di smistamento e raccolta dei prigionieri italiani; si calcola che durante i trasferimenti e nei primi mesi di prigionia morì circa il 70 per cento dei prigionieri, che furono poi sepolti in fosse comuni dalle stesse popolazioni locali. Nella cittadina di Bouguciar, che comprende i territori di Orobinsk, Donskoi, Vernij Mamon e Petropavlok, vennero annientate le Divisioni italiane Cosseria e Ravenna, che subirono lo sfondamento russo, e successivamente le Divisioni Pasubio, Torino, Celere e Sforzesca.
Questo potrebbe essere uno degli ultimi rientri perché è ormai difficile localizzare i luoghi in cui vennero sepolti i nostri militari in quel vasto teatro di guerra. Le ricerche, grazie all’opera di Onorcaduti e con la collaborazione delle autorità russe proseguono ora in Kazakistan, nelle aree situate nei pressi dei campi di prigionia. Ma l’identificazione dei luoghi risulta difficile, soprattutto perché è scomparsa ogni documentazione, le condizioni ambientali sono radicalmente mutate e le informazioni sono spesso di seconda o terza mano.
Il generale Zandonà ha spiegato che Germania e Ungheria hanno già sospeso le ricerche dei loro morti, ma che Onorcaduti continuerà ancora per qualche tempo la pietosa e doverosa opera di recupero e rimpatrio.