Pellegrino malato di infinito

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    Amis, ve raccomandi la mia baracca L’accorato appello di don Carlo Gnocchi agli amici che attorniavano il letto di morte tradisce la speranzosa preoccupazione per il futuro dell’Opera di carità, sognata nei momenti più drammatici della seconda guerra mondiale, nella ritirata di Russia accanto ai suoi amati alpini, tenacemente voluta e lucidamente realizzata, oltre mezzo secolo fa, accogliendo e restituendo alla vita orfani, mutilatini, mulattini e poliomielitici.

    Quel monito, in rigoroso dialetto milanese, interpella oggi ciascun operatore ed estimatore della Fondazione che oggi porta il suo nome, ieri insediata sulla trincea dell’infanzia abbandonata e dolente, oggi impegnata in una grande impresa di carità, che ha esteso i suoi paletti sulle estreme frontiere della vita fragile e allargato il suo raggio d’azione in molte zone povere del mondo. Uomini e donne impegnati ai più diversi livelli e con differenti responsabilità nella baracca di don Gnocchi. Collaboratori, sostenitori, simpatizzanti, persone da sempre pronte a dare una mano come gli alpini: tutti amis , chiamati a essere degni eredi e custodi gelosi della sua Opera.

    La Fondazione e la società tutta, ecclesiale e civile, insieme alle penne nere e ai tantissimi amis della baracca hanno celebrato il 25 ottobre, con entusiastico slancio e con profonda umiltà, questo grande dono della beatificazione di don Carlo, che la Chiesa riconosce con la sua autorevolezza. La Chiesa celebra e propone all’emulazione il don Gnocchi uomo, definitosi pellegrino malato di infinito, incamminato verso l’eternità .

    Il don Carlo cristiano, che ha sempre cercato con avida e insistente speranza il Dio che è tutto qui: nel fare del bene a quelli che soffrono e hanno bisogno di un aiuto materiale o morale , fornendo così la ricetta della felicità: Molti si preoccupano di stare bene, assai più che di vivere bene, per questo finiscono per stare molto male; cerca di fare tanto bene nella vita e finirai per stare tanto bene . Il don Gnocchi formidabile educatore di giovani degli oratori e delle scuole cristiane.

    Il don Carlo sacerdote alpino, che tra gli orrori visti e patiti nella tragedia della guerra in Grecia, Albania e in Russia, di fronte a un soldato morente esclama: Ho veduto il Cristo sotto la maschera essenziale e profonda di ogni uomo percosso e denudato dal dolore . Il don Gnocchi padre dei mutilatini e apostolo dell’infanzia sofferente. Il don Carlo precursore della riabilitazione intesa come terapia dell’anima e del corpo, del lavoro e del gioco, dell’individuo e dell’ambiente nella prodigiosa impresa di ricostruire quello che l’uomo o la natura hanno distrutto . Il don Gnocchi imprenditore della carità, che nel tentativo di promuovere e servire di più e meglio la vita, invoca e impegna l’amoroso e inesausto travaglio della scienza; le opere multiformi dell’umana solidarietà; i prodigi della carità soprannaturale .

    Il don Carlo profeta e antesignano del trapianto di organi, che regala le sue cornee a due ragazzi non vedenti. Sì, amis, ve raccomandi la mia baracca , dopo la beatificazione, dilata il suo originario significato e assume una nuova vocazione. In piazza Duomo a Milano, il 25 ottobre, abbiamo celebrato un evento unico, irripetibile, storico che riassume memoria e progetto, radici e frutti, presente e futuro.

    L’avvenire della Fondazione e di quanti si rifanno al suo insegnamento non può che partire da qui: dal beato don Gnocchi, ieri vulcanico ideatore, coraggioso cappellano militare e intelligente fondatore, da oggi intercessore e protettore, sempre più bussola d’orientamento dell’azione professionale vocazionale di tutti gli operatori e di coloro che si richiamano a lui, come gli alpini. Beato Carlo Gnocchi, prega davvero per tutti noi e per la tua e un po’ nostra baracca !

    Monsignor Angelo Bazzari presidente della Fondazione Don Gnocchi

    Pubblicato sul numero di novembre 2009 de L’Alpino.