L’essenza dell’Adunata

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    È vero, i ricordi sono personali, ciascuno tiene cari i propri: a me dell’Adunata di Rimini rimarrà per sempre il cinquecentesco torrione di Castel Sismondo su cui venivano proiettate con effetto ottico eccezionale le immagini della nostra storia. Sono stato lì a guardarle a lungo, di sera, sotto una pioggerella insistente che aveva vuotato la piazza: volti noti e meno noti della vita della nostra Associazione, una sequenza che ti faceva sentire parte di una storia importante e unica. Credo e spero che le abbiano gustate in tanti, perché con esse era facile identificarsi. E il giorno dopo un altro evento impagabile e forse irripetibile: l’arrivo di tutte le Bandiere di Guerra di tutti reparti che fanno capo al Comando Truppe Alpine, diciannove (anzi diciotto più una, d’istituto), seguite in piazza Cavour dal nostro Labaro: tra muri di vessilli e gagliardetti è sfilata quella che un amico ufficiale in servizio ha acutamente definito “Legion d’onore” degli alpini.

    In quella rassegna di medaglie è concentrato un secolo e mezzo di vicende valorose, incise nella storia a segnare una traccia a cui si ispirano i nostri valori ed il nostro agire. Valori che la gente riconosce, tributandoci rispetto e consenso: bastava vedere la domenica in sfilata il calore con cui è stato accolto il passaggio del gen. Francesco Paolo Figliuolo, simbolo di successo della lotta alla pandemia a cui le penne nere hanno contribuito con 5,4 milioni di ore di lavoro volontario in un anno, portando serenità e fiducia nei centri vaccinali. La 93ª Adunata nazionale è andata in scena dopo due anni di dolorosa attesa: la voglia di esserci era davvero tanta e gli alpini hanno risposto numerosi, fugando anche i timori di quanti paventavano assenze generate dalla residua paura del virus.

    Bastava guardarsi attorno in quella capitale del turismo per cogliere un anticipo d’alta stagione. Ma se non bastassero le sensazioni parlano i numeri: 132mila visitatori alla Cittadella degli alpini al Parco Fellini (dove i giovani dei Campi scuola Ana hanno ringraziato il Presidente Favero con una semplice e bella pergamena incorniciata) e ben 46.500 alla interessante Cittadella Storica in piazza Malatesta, che era pur sempre concentrata in un solo tendone. Una voglia di partecipazione che è risaltata anche allo stadio Neri, dove il celeberrimo paroliere Mogol (ammettetelo avete sempre pensato che avesse due cognomi, Mogol Battisti) ha dato il via al concerto delle tante fanfare alpine (forse non erano proprio trentatré, ma erano comunque tante) che insieme hanno suonato il nostro inno: un’esibizione breve, ma molto intensa, tanto da aver attirato oltre cinquemila persone, lasciandone fuori altrettante che non sono potute entrare perché la Questura aveva prudenzialmente ridotto la capienza dell’impianto.

    Terreno di gioco che il giovedì pomeriggio (con i paracadutisti rinviati di 48 ore causa meteo sfavorevole) aveva ospitato anche l’accensione del tripode dell’Adunata con la fiaccola simbolicamente giunta da Milano, la consegna di contributi Ana a meritorie associazioni solidali locali e la spettacolare estensione, a cura dei Vigili del fuoco, di un gigantesco Tricolore da un pilone dell’illuminazione. L’Adunata numero 93 è stata la prima ad approdare in uno stato estero (per la verità nel 1935 gli alpini si ritrovarono a Tripoli, ma allora la Libia era territorio italiano). San Marino, la Repubblica più antica del mondo, ha spalancato le sue porte alle penne nere e ha vissuto un sabato intenso di emozioni, unendo la sua fanfara (perfetta nel suonare il Trentatré) e la sua gendarmeria agli alpini del 9º reggimento nell’omaggio ai volontari sammarinesi caduti per la libertà.

    Un incontro tra i Capitani reggenti il nostro Presidente ed il gen. Ignazio Gamba nel Palazzo Pubblico (di origini trecentesche, nel 1894 venne reinaugurato nientemeno che da Giosuè Carducci) ha dato particolare solennità alla giornata, proseguita sul monte Titano, dove, accanto al Centro Kursaal, all’arrivo di un sentiero rimesso a nuovo dagli alpini è stato collocato un piccolo significativo monumento che raffigura un “vècio alpìn” che indica la via ad un ragazzo. Nello stesso centro, poco dopo, il sempre più commovente incontro coi rappresentati delle Sezioni all’estero, venuti in Italia sin dagli antipodi australiani, come da Sud e Nord America e da tutta Europa: molti denunciano il peso degli anni, ma sono quelli che mantengono più forte il legame con la Patria, quelli che vedi felici di essere tra la loro grande famiglia, i cui valori con mai abbastanza lodata costanza trasportano in terre lontane.

    La notte del sabato ha trasformato Rimini in una gigantesca arena di festeggiamenti, un turbine di musica, canti e brindisi: purtroppo molti, forse troppi, hanno ecceduto e la tempesta mediatica scatenata dai loro gesti ed apprezzamenti volgari si è riversata, dolorosamente, sull’Associazione. Sarà lo spunto per riflettere su molti aspetti, a cominciare dal fenomeno ormai dilagante delle migliaia di persone che partecipano all’Adunata con in testa un cappello (che magari è anche legittimamente loro, ma che nulla hanno a che vedere con la vita associativa e con la tradizione dell’Ana) solo per lasciarsi andare come se si trattasse di una lecita occasione di trasgressione. Difficile spiegarlo all’esterno, visto il dilagare su tutti media (a cominciare dai social e dalle tv) di critiche che generalizzano, associando la negatività dei comportamenti (che peraltro, alla data di chiusura del giornale, solo in un caso si sono trasformati in una denuncia formale per molestie) all’essere alpino. Ma i numeri sono chiari: si è calcolato che a Rimini sabato girassero non meno di trecentomila persone.

    Di queste meno di centomila erano certamente soci dell’Ana: lo abbiamo visto la domenica nella sfilata, durata dieci ore e (secondo un calcolo medio ormai consolidato) partecipata da oltre 70mila penne nere. Settantamila “alpini veri”, che hanno sfilato raccogliendo affetto e applauso di tante persone: forse la necessità “pandemica” di utilizzare come percorso il rettilineo lungomare ha tolto un po’ del fascino offerto dai centri storici, ma l’essenza dell’Adunata non è certo stata scalfita. Gli Alpini, con la A maiuscola, c’erano a Rimini, eccome. E il pensiero corre già a Udine 2023.

    Massimo Cortesi