Solo canti (degli) alpini?

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    Il dibattito sulla coralità.

    Da oltre 40 anni canto nel Coro ANA Roma, e sono anche il curatore del relativo sito Internet. Il Coro ANA Roma fu fondato nel 1963 dal compianto Lamberto Pietropoli, che ci ha lasciato un grande patrimonio di armonizzazioni, sia di canti alpini che di canti popolari. Vorrei rispondere in particolare, senza desiderio di polemiche, a Rodolfo Gallazzi che, mi pare, tende a trasformare un legittimo discorso di gusto musicale in una sorta di predica morale che non mi sento assolutamente di condividere.

    Tanto per cominciare vorrei ricordare il padre di tutti i cori alpini e popolari italiani, cioè il coro della SAT, a cui va riconosciuto il merito non solo di cantare in modo eccezionale, ma di aver compiuto una ricerca etno musicografica assolutamente esemplare, proponendo una grande varietà di canti genuinamente popolari, alpini, di montagna e non. Quasi tutti gli altri cori ne imitano in qualche modo lo stile.

    Dice un proverbio anglosassone che ‘la varietà è il condimento della vita’: sono convinto, anche per esperienza personale, che un coro che eseguisse solo canti della tradizione alpina o addirittura solo canti degli alpini, dopo un po’ verrebbe a noia al pubblico. La presenza di canti di ogni parte d’Italia, alpini e non, dà varietà e sapore ad un concerto, cattura l’interesse del pubblico e favorisce la conoscenza di un patrimonio musicale, anche alpino, che altrimenti verrebbe rapidamente perduto per disinteresse del pubblico.

    E, per citare quanto scrive Gallazzi, che ‘il pubblico che va ad un concerto di cori alpini si aspetta di sentire canti della tradizione alpina e non trittici romani, veneti, siciliani …’, ma chi lo dice?Forse questo potrà essere vero in qualche cittadina di provincia, ma facendo parte di un coro che ha cantato in mezzo mondo, sempre portando alta la bandiera del canto italiano, posso dire che è vero esattamente il contrario.

    Altrimenti aboliamo il coro della SAT, o i Crodaioli di De Marzi: Monte Pasubio o Joska la Rossa tanto per fare un esempio, non sono mica canti degli alpini, ma canzoni d’autore. Quanto alla cultura ‘rinunciataria’ (quante volte ho sentito questa parola a sproposito), credo che cori come quello di cui mi onoro di far parte valorizzino il patrimonio alpino incastonandolo nel più ampio patrimonio della cultura musicale italiana.

    Se poi l’amico Gallazzi non vorrà più ascoltare concerti come quello a cui si riferisce nel suo intervento, padronissimo, però credo che perderà l’occasione di ascoltare della buona musica corale.

    Rodolfo Gamberale Roma