Gli alpini? “Tessitori dell’Unità nazionale”

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    Carissima Torino, domenica 8 maggio 2011 qualcuno ti ha privilegiato colorandoti, per quasi tutto il giorno, del giallo del sole e dell’azzurro del cielo: guarda caso, i colori del tuo Gonfalone. Vestita di bandiere, striscioni, vessilli, gagliardetti, divise, calzata da scarponi, hai ravvivato l’austerità del tuo tessuto urbano e ai tuoi abitanti hai regalato senso di libertà e partecipazione in allegrezza con le migliaia di ospiti. “Stupore, entusiasmo, incredulità – risponde Torino – un’Adunata nazionale degli Alpini li genera sempre ma questa … questa è stata da letteratura!”.

    Confermiamo. La città, simile a un arcobaleno sceso in terra “a miracol mostrare”, ha vissuto beata di Trentatré; di ultraottantenni penne nere sfilanti dritte come aste di bandiere; dei giovani della mininaja; della riconoscenza per le generose marce in più offerte (un esempio: “Grazie Piemonte; Barisciano non dimenticherà mai”). A noi è venuto un pensiero allacciante il Piemonte, profondo nord, al profondo sud della Sicilia, terra natale dell’alpino primo arrivato sull’Ortigara: mattone nella faticosa costruzione dell’Unità d’Italia. Dal generale al particolare.

    Piazza Castello, Mariella Piccoli, 70 anni: “Sono qui con i miei due figli. Tutto è così coinvolgente, festoso che vorremmo non finisse mai”. Via Garibaldi, Federico Baldi, 45enne, moglie e quattro figlioletti: “Abbiamo seguito tutti i gruppi musicali senza alcuna intenzione di tornare a casa”. Gli fa eco, in piazza Statuto, la 44enne professoressa Elena Galnieri: “Io e le tre figlie, abbiamo cercato di vivere il più intensamente possibile queste giornate fino alle due di notte senza timore di rischi e fraternizzando con centinaia di alpini anche a pacche sulle spalle”. Anna Maria Calilli, fisico da bambolina nonostante i quasi ottant’anni: “In Russia con la Julia c’era mio zio; mi sono commossa per lui, per le donne delle fanfare, per l’impeccabile sfilata, per la marea di gente eppure senza confusione”.

    Simona Primon, vent’anni, lavora fino alle 23 ma “Non ho rinunciato a buttarmi in questo caos fra alpini simpatici e corretti”. Giorgio, in via M. Vittoria, la vede così: “Saranno cose retoriche ma ci si emoziona sempre. Organizzazione perfetta”. Elena Cornaglia Alunno, 67enne presidente della Fondazione Difesa Fanciulli: “Ho ospitato nell’Ente tanti Alpini: che spirito di Corpo, che capacità organizzativa, quanto senso della comunità e dello Stato! In una Torino pre-elezioni, le penne nere hanno allentato le tensioni facendo da collante tra le diversità di pensiero; ci hanno fatto «andare oltre». Grazie”.

    All’entusiasmo dei residenti si accodano i forestieri. Piazza San Carlo, Giorgia da Bergamo: “Torino ci ha sorpreso per l’accoglienza incondizionata e totale”. Da Verbania, Sergio è approdato in via Roma: “Vengo ai raduni per onorare mio padre soldato in Russia; questo 84° è favoloso”. A piazza Castello, Elvira da Biella, terra dei tessuti, fa un gioco di parole e considera Piemonte e alpini “Tessitori dell’Unità nazionale”. Gente entusiasmata, dunque, che un domani sarà ben lieta di parafrasare un celebre titolo librario: “Torino, 84ª Adunata nazionale degli alpini: c’ero anch’io”.

    Marcella Rossi Spadea