Festeggiato il 110 compleanno del Cavaliere di Vittorio Veneto Lazzaro Ponticelli

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    È nel salone d’onore dell’Hotel degli Invalidi di Parigi che ha avuto luogo la cerimonia del 110º compleanno del Cavaliere di Vittorio Veneto Lazzaro Ponticelli, attorniato da tutta la famiglia, che conta attualmente cinque generazioni, e da diversi civili e militari, che con molta gentilezza Lazzaro ha voluto vicino a sé.

    Il ricevimento degli ospiti lo faceva proprio lui, e dalla sua seggiola aveva per tutti una parola di benvenuto. Rappresentavano l’Associazione Nazionale Alpini il presidente della sezione Francia Renato Zuliani e il col. Massimo Panizzi, a Parigi per uno stage alla Scuola Militare. Mentre il colonnello Panizzi gli regalava un cappello alpino, in ricordo e riconoscenza del suo periodo bellico, Lazzaro ha voluto raccontare quando novant’anni fa fu ferito in trincea, e alcune schegge lo colpirono al viso.

    Da buon soldato continuò a fare il suo dovere di mitragliere per ben quarantotto ore, prima di essere inviato a Napoli per un intervento chirurgico, con terribili sofferenze, perchè effettuato senza anestesia. Durante il pranzo che è seguito, il console generale d’Italia a Parigi, Alessandro Levi Sandri ha letto un telegramma inviato dal presidente della Repubblica italiana, on. Giorgio Napolitano.

    È seguita la lettura, da parte di un nipote, di una lettera inviata dal presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy. I due testi hanno evidenziato quanto Lazzaro Ponticelli sia diventato leggendario per la Francia, e fierezza per l’Italia, visto come ha saputo integrarsi, con la ditta costruita con i suoi due fratelli Celeste e Bonfiglio, che conta attualmente duemila dipendenti.

    La domenica successiva Lazzaro è stato invitato al museo dell’emigrazione, dove il direttore Jacques Toubon ha esaltato ancora una volta le gesta dell’emigrante e il cammino percorso da quando partì da Bettola, in provincia di Piacenza, con le scarpe in spalla per non consumarle , sino ai giorni nostri.

    r.z.


    Un alpino che ha onorato due Patrie

    Il 16 dicembre scorso è stata festa grande a Parigi per i 110 anni di Lazàre Ponticelli uno dei due ultimi combattenti francesi della Grande Guerra ancora in vita. Ponticelli è uno dei ders des ders ( ultimo degli ultimi , una curiosa espressione legata a quella con cui fu definita in Francia l’immane tragedia della Prima Guerra mondiale: L’ultima delle ultime ), ma in pochi sanno che è anche il decano dei veterani italiani e quello di tutti noi alpini.

    L’ ancient combattant detiene una serie di primati che hanno dell’incredibile: oltre ad essere uno dei decani dei combattenti francesi, il decano dei veterani italiani (dopo la morte di Luigi Rava, scomparso a 108 anni a Marina di Ravenna, nel 2005), Ponticelli è uno degli ultimi legionari , uno degli ultimi garibaldini (se non l’ultimo), e come abbiamo visto, uno degli ultimi alpini del 1915 18. Francesi?Italiani?Legionari? Garibaldini?Alpini?Come è possibile tutto ciò?Andiamo con ordine.

    Innanzitutto Lazzaro Ponticelli nasce il 7 dicembre 1897 proprio in Italia, a Bettola, un paesino dell’Emilia Romagna. La famiglia è poverissima e la sua infanzia è misera; i fratelli emigrano in Francia per cercare una vita migliore. Nel 1907, quando Lazzaro ha soli dieci anni, li raggiunge arrivando, da solo, alla stazione di Piacenza e da lì a Parigi; è solo una delle tante avventure della sua vita. Nella capitale francese sono anni duri per gli emigrati e Lazzaro campa facendo piccoli lavori: è spazzacamino e poi strillone di giornali. Nel 1914, allo scoppio della guerra Lazzaro ha 17 anni.

    Dice: Era un momento in cui la gente ti guardava male se eri giovane e non eri alle armi, inoltre, pur essendo italiano, volevo difendere la Francia che mi aveva accolto: era la mia maniera di dire grazie. Mi sono allora presentato volontario, truccando la data di nascita, alla caserma di Boulevard Richard Lenoir. Mi hanno immediatamente incorporato nel 1º reggimento della Legione Straniera . Essendo nel 1er Regiment Etranger , automaticamente viene inquadrato nel reggimento garibaldino (esattamente nel terzo battaglione, decima compagnia, al comando del capitano Antonio Bruera) formato da volontari italiani animati dallo spirito garibaldino del passato Risorgimento e dalla solidarietà per il debole verso l’oppressore; il principale fautore è Peppino Garibaldi (nipote dell’Eroe dei Due Mondi) e con lui ci sono i fratelli minori Ricciotti , Bruno, Sante, Costante ed Ezio.

    Il 4 éme Regiment de marche (4º Reggimento di Marcia) del 1er Etranger (il 1º rgt. Stranieri della Legione), è formato esclusivamente dai 1.964 garibaldini italiani, con qualche ufficiale e sottufficiale francesi; gli uomini sono vestiti in uniforme francese sotto la quale portano la loro camicia rossa. Il comando della legione Italiana è dato a Peppino Garibaldi, col grado di tenente colonnello, mentre Ricciotti è Capitano, Sante è Tenente, Bruno ed Ezio sottotenenti e Costante è ajudant chef (maresciallo). Il reggimento viene inviato nelle Argonne, dove per tre mesi combatterà con valore a Bolante, Soissons, Courteschausses, Four de Paris, Meurissons. Il giovane Lazzaro Ponticelli ha il primo impatto con la guerra, la morte, i bombardamenti.

    Oggi, nonostante la sua età, ricorda tutto con perfezione: All’inizio sapevamo batterci a malapena, avevamo poche munizioni; ogni volta che uno di noi cadeva, tacevamo aspettando il nostro turno, ma io reagii con coraggio . Si ricorda un episodio avvenuto all’inizio del 1915: Sentii continue grida d’aiuto provenire dalla terra di nessuno, dietro il filo spinato; era un compagno a cui una bomba aveva amputato una gamba. I barellieri avevano paura ad uscire, ma io non ne potevo più, presi una pinza tagliafili ed uscii. Prima di arrivare a lui sono incappato in un tedesco gravemente ferito ad un braccio; mi fece segno con due dita e capii che aveva due figli; allora me lo sono caricato e l’ho portato fino alla sua trincea, con i tedeschi che sparavano e lui che urlava di non farlo.

    Poi sono tornato a prendere il mio compagno, l’ho trascinato fino alla nostre linee, pregandolo di far silenzio per non attirare ancora il fuoco nemico; ci siamo riusciti e quando l’infermiere lo ha portato via, egli ha voluto abbracciarmi ringraziandomi da parte dei suoi quattro figli; non ne ho saputo più nulla, ma sono cose che non si dimenticano . Con l’entrata in guerra dell’Italia, la legione garibaldina , come tutti la chiamavano, fu sciolta ed i soldati furono liberi di andare ad arruolarsi nell’Esercito Italiano; Ponticelli però, non vuole abbandonare la Francia; si nasconde a Parigi e cerca di reingaggiarsi nell’esercito francese, ma essendo ancora cittadino italiano e chiamato di leva, suo malgrado viene accompagnato da Parigi a Torino sotto la scorta di due gendarmi francesi.

    Giunto nel capoluogo piemontese, è immediatamente incorporato nel 3º reggimento Alpini ed inquadrato in una compagnia mitraglieri Fiat, in partenza per il fronte. Combatte sul Pal Piccolo e sul Monte Cucco dove conoscerà i primi attacchi con i gas.Viene anche ferito, come racconta: Fu una giornata nera, le nostre artiglierie avevano sbagliato il tiro ed eravamo decimati, io ero stranamente ancora vivo e mi fu dato ordine di tirare in continuazione sull’uscita di una galleria da dove arrivava il nemico; una pallottola nemica mi ha colpito in faccia, il sangue mi colava davanti agli occhi, ma pur pensando di essere spacciato, non ho smesso di sparare; ad un certo punto gli austriaci sono usciti, ma avevano in mano dei drappi bia
    nchi, si arrendevano! .

    Trasferito ad un ospedale militare a Napoli, Ponticelli torna a combattere nel 1918; sul Montello, ritrova un battaglione di cacciatori del corpo di spedizione francese inviato in Italia, con loro rievoca i ricordi del 1914, delle Argonne, della Marna. Dopo la vittoria del 1918, viene trattenuto alle armi. Nell’agosto del 1920 Lazzaro può finalmente tornare a Parigi, dove incomincia una nuova vita con i suoi fratelli, tutti miracolosamente scampati al conflitto. Dell’Italia ho molti ricordi belli, ma il migliore è quello delle lettere che mi mandava la mia madrina di guerra, una lattaia che avevo conosciuto prima di partire per il fronte. Allora non sapevo ancora né leggere, né scrivere ed erano i miei compagni che mi aiutavano a corrispondere con lei .

    Nel 1921 Lazzaro Ponticelli, il giovane illetterato, fonda con i due fratelli un’impresa, la Ponticelli Frères , che si specializza nel lavoro delicato del montaggio e smontaggio di ciminiere di fabbriche. L’impresa esiste ancora ed è una delle più importanti di Francia. Ponticelli, che dal 1937 vive nella stessa casa a Kremlin Bicêtre, vicino a Parigi, e ogni anno si reca alle cerimonie per ricordare i Caduti dell’immane conflitto, nel 1996 ha ricevuto dalle mani del presidente francese la Lègion d’Honneur . Ironicamente e con un po’ di malizia dice: Si interessano e vengono a cercare i vecchi combattenti perché adesso non ce ne sono più! e sottolinea: Non siamo poi rimasti in molti, vero? .

    Stefano Rossi