A Felice Invernizzi il Premio Fedeltà alla Montagna

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    Chi attraversa i nostri monti e ne percorre i sentieri s’imbatte spesso in persone che provengono da luoghi diversi, anche lontani, ma che sono tuttavia accomunate da quello splendido sentimento che è l’amore per la montagna. Un sentiero ideale l’Associazione Nazionale Alpini ha cominciato a tracciarlo 27 anni fa istituendo il Premio fedeltà alla montagna , da assegnare a quanti con il loro lavoro concorrono a mantenerne vive le tradizioni, a salvaguardarne l’ambiente e a rilanciarne l’economia.

    Questo sentiero quest’anno ha condotto gli alpini a Pasturo, un borgo della Valsassina che sorge sulle pendici orientali della Grigna settentrionale, per festeggiare Felice Invernizzi, alpino della brigata Orobica, classe 1957, cui è stato assegnato il premio. Sono quattro generazioni che la nostra famiglia vive sulle pendici del Grignone, ma oggi siamo rimasti solo noi , dice Invernizzi con un velo di rassegnazione sul volto. Nell’azienda agricola in località Cornisella è impegnata tutta la famiglia: Felice con i fratelli Giacomo e Antonio, la sorella Maria Rosa, i genitori Virgilio e Natalina Orlandi e la moglie Marta Rota.

    Hanno circa 80 vacche di razza bruna alpina, 50 delle quali nella stalla a stabulazione fissa per la produzione di latte, utilizzato per confezionare la robiola e il quartirolo, un tipo di taleggio commercializzato nel lecchese con il nome di Quartirolo di Cornisella. La sveglia è alle 5.30 compresi sabato e domenica ci racconta la sorella Maria Rosa Diamo il fieno agli animali e verso le 7.30 si munge . Con la mungitrice automatica si raccolgono circa 800 litri di latte al giorno che vengono lavorati nelle caldaie di rame in modo da trattenere il latte appena munto a temperatura ottimale. Qui si fa quasi tutto come una volta. Spiega: Si prende la caldaia si stende il patì (una tela per filtrare il siero, n.d.r.) e quando la cagliata è tagliata resta il siero sul fondo. Il segreto di un buon formaggio è il fieno ed è solo quello che viene utilizzato come mangime per le vacche, perché il sapore del formaggio cambia in funzione di cosa mangiano gli animali .

    Sono circa 100 i chili di formaggio che sono portati ogni giorno in valle, al negozio a Pasturo, gestito dal fratello Antonio. L’azienda è proprietaria di 5 ettari di pascolo ma ne cura altri 40. È un pascolo scomodo che essendo in una zona montana può essere lavorato solo con la forza delle braccia e non, come spesso accade in pianura, grazie all’utilizzo delle macchine. Un lavoro faticoso che segue scrupolosamente i ritmi della natura: oltre al fieno da tagliare e da ricoverare ci sono i boschi da tenere puliti e d’inverno la neve da spalare, perché capita che nevichi da novembre fino a metà marzo.

    Settembre è invece il mese della transumanza delle manze dall’alta montagna. Ogni anno, a cadenza regolare, si parte con gli animali dal Monte Bondino e si portano alla Cornisella, passando per la chiesetta degli Alpini, dove sabato mattina centinaia di penne nere si sono radunate per celebrarne il 50º anniversario dalla consacrazione e per partecipare alla S. Messa in onore dei Caduti, concelebrata da don Leone Spinello e don Ferdinando Mazzoleni.

    La chiesetta di Cornisella è stata la prima ad essere eretta tra tutti i manufatti disseminati nel corso degli anni sulle nostre montagne , ricorda il presidente della sezione di Lecco Luca Ripamonti, durante la presentazione del premiato e del film documentario, realizzato dalla Sezione per la regia di Paola Nessi e intitolato Anima, sii come la montagna , lo splendido passo della poesia di Antonia Pozzi (‘Esempi‘), che anni fa gli alpini hanno voluto rendere memorabile apponendo una targa proprio sulla chiesetta della Cornisella.

    Intervenendo dal palco del teatro dell’oratorio di Pasturo il presidente nazionale Corrado Perona ha elogiato l’impegno di Invernizzi e della sua famiglia: Felice è un uomo di poche parole, ma queste sono meno importanti quando sono i fatti a testimoniare ciò che uno fa. Stamattina, quando ci siamo visti all’alpe mi ha detto: Qui siamo solo noi, 365 giorni all’anno . È una frase che suona come un ammonimento: quando c’è un disastro in montagna diamo spesso la colpa alle calamità naturali, scordandoci che quando non c’è più gente che vive e lavora in montagna, questa ci frana addosso .

    Domenica, in una Pasturo pavesata a festa, è avvenuta la consegna ufficiale del premio che si è svolta contestualmente alla celebrazioni per il 75º anniversario del gruppo e all’85º di fondazione della sezione di Lecco. Il Labaro dell’ANA, scortato dal presidente Perona, da numerosi consiglieri nazionali e dal comandante del Centro Addestramento alpino di Aosta, il generale Bruno Petti, ha aperto la sfilata per le vie del paese, al suono della fanfara della sezione di Lecco.

    Monsignor Roberto Busti, designato vescovo di Mantova, ha celebrato la S. Messa nella piazza del paese davanti a un migliaio di penne nere e a numerose autorità civili: l’on. Carlo Giovanardi, il presidente della provincia Virginio Brivio, il presidente della comunità montana Carlo Molteni, il sindaco di Pasturo Giuseppe Fusi e altri sindaci della zona. Tutt’attorno i vessilli delle sezioni e decine di gagliardetti dei gruppi. Sul palco, il capogruppo di Pasturo Franco Camesaschi ha ricevuto dal capogruppo di Spiazzo Rendena, Renzo Bonafini, il trofeo, che di anno in anno va al gruppo che ospita il premio: un tronco d’albero che affonda le radici nella terra.

    Questo trofeo simboleggia l’attaccamento alle tradizioni e si celebra con il passaggio di mano in mano, di famiglia in famiglia , ha ricordato il presidente della commissione ANA del Premio fedeltà e vice presidente nazionale Marco Valditara. E, a testimoniare questo legame, non hanno voluto mancare alla giornata tutti i precedenti premiati, fra i quali c’era il vecio Giuseppe Maccagno, uno dei pochi reduci della campagna di Grecia scampato al naufragio della nave Galilea.

    Ha quindi preso la parola il presidente Perona che aprendo il suo intervento ha reso omaggio a Sandro Merlini, indimenticato presidente della sezione di Lecco, figlio dell’ex presidente nazionale Ugo Merlini.

    Ha poi voluto rimarcare che il Premio fedeltà è qualcosa di più di una premiazione per un merito personale: Premiando oggi Felice Invernizzi noi in realtà rendiamo omaggio a tutti coloro che, spesso nel silenzio, non si dimenticano della montagna e non permettono che essa degradi e si impoverisca. Ricordo che nel 2001, anno internazionale della montagna ha continuato Perona sono state spese tante parole per la montagna ma alla fine non si è mai addivenuti ad una programmazione seria per rilanciarla .

    E ha concluso: Forse perché non si è ancora del tutto capito che è soprattutto la negligenza dell’uomo a causarle il maggior danno . Il presidente Perona ha quindi consegnato la pergamena con la motivazione del premio e l’assegno a Felice Invernizzi che, tradito da una forte emozione, ha detto: Grazie, grazie del buon cuore! . Parole semplici.

    Parole che sono riecheggiate nella valle e che hanno raggiunto alpeggi e maggenghi e fors’anche la chiesetta della Cornisella per sussurrare che la montagna un’anima ce l’ha ancora.

    Matteo Martin


    Una vita per la montagna

    LA FATTORIA DI FELICE INVERNIZZI è adagiata sui prati verdi della Valsassina: alle spalle la Grigna, dinnanzi agli occhi tutta la valle con i suoi paesini. Felice e la sua famiglia vivono e lavorano lassù con fatica e sacrificio: ogni cosa segue l’armonia delle stagioni, la giornata inizia col sorgere del sole e ha fine quando cala il buio. Felice e i suoi fratelli mungono le mucche, aiutano i vitellini a nascere e sui pendii che circondano la fattoria falciano i prati e lavorano il fieno con gli attrezzi di un tempo condotti solo dalla forza delle braccia, poiché quassù i trattori non arrivano e tutto è fatica. Gli occhi di Felice però sorridono: raccontano di un uomo cresciuto in montagna, innamorato della sua valle e dei tramonti che sa regalare, del sole caldo, della neve che cade a novembre e fino a marzo non se ne va.

    Il fratello ci mostra la stalla, pulita e ordinata, poi la sala dove la sorella Maria Rosa fa il formaggio: tutti insieme, come le famiglie di una volta, si prendono cura delle loro montagne con grandi sacrifici, ma soprattutto con amore. Al momento della consegna del premio, Felice che non aveva mai parlato prima in pubblico, si avvicina il microfono alla bocca e dice solo così: Grazie, grazie del buon cuore .

    Il presidente Perona lo abbraccia e durante tutta la cerimonia, se lo tiene vicino e parla rivolgendosi soprattutto a lui, a lui che tiene in ordine i suoi prati e i suoi boschi e che non si arrende, ma continua la sua opera, sapendo bene di essere uno degli ultimi rimasti a vivere e a lavorare in montagna. Prima di lasciare questa bella e dolce valle di Lombardia, penso a come talvolta il nostro nome racconti qualcosa di noi e così è anche per Felice Invernizzi: lui Alpino allevatore montanaro, è felice per davvero.

    Mariolina Cattaneo