Zona franca

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    Rubrica aperta ai lettori.

    Imparare l’Italia, a scuola

    Ho tra le mani l'ennesimo articolo d’un quotidiano, che accusa, tra altre agenzie educative, la scuola di non essere in grado o interessata a far amare l'inno nazionale, l'amor patrio, ecc. Non è sempre così… almeno nelle mie classi. Sono un'insegnante elementare, ma non si immagini una vecchia maestra nostalgica, ho 36 anni, cresciuta in un'atmosfera particolare che solo i figli dei veci alpini possono comprendere. Insegno da diversi anni storia, geografia ed educazione musicale. Queste discipline mi permettono di far conoscere ai miei alunni l'Italia sotto diverse forme. Mediante l'apprendimento di vicende, cultura e tradizioni di popoli autoctoni e di altri, invasori, che si sono stabiliti nel tempo nelle regioni italiche, si giunge a comprendere che costruire una nazione è costata fatica e sacrificio da parte di tanti uomini e donne spinti da quegli ideali così lontani dalla moderna mentalità. La geografia invece dà facoltà di far apprezzare ai nostri ragazzi italiani quale Bel Paese sia l'Italia, osservando che non le manca nulla e nulla ha da invidiare: protetta dalle maestose Alpi a nord, attraversata dai fratelli minori, gli Appennini, coccolata dai dolci pendii collinari e cullata dal caldo abbraccio del Mar Mediterraneo che la circonda. E giungiamo ai canti che fanno da sottofondo musicale alle vicende storiche studiate e agli ambienti esaminati. Ecco che i miei piccoli cantano fieri ‘Il Piave mormorava ‘, ‘Venti giorni sull'Ortigara ‘, ‘La Tradotta ‘ e infine ‘Fratelli d'Italia’. Ma quale soddisfazione sentire cantare anche il piccolo Mohamed tutto contento senza per questo rinnegare il suo Paese di far parte di una nazione che ama chiunque la ami senza condizioni! Concludo questa mia rivolgendo a tutte le colleghe, e spero che siano numerose, un augurio di continuare il proprio lavoro con entusiasmo, lasciando agli altri l'onere di fare ed essere sempre disfattisti a qualunque costo, anche a discapito dei nostri bimbi.

    Amedea Venditti

    Quell’Angelo degli Alpini

    Scrivo mentre mio figlio è a Trieste con gli alpini all’Adunata. Vorrei esserci anch’io, ma i miei…più di ottanta anni non me lo permettono… Però leggo sempre il giornale L’Alpino dalla prima all’ultima parola. Mi ha profondamente commosso il racconto di Marina Vio L’Angelo degli alpini . Soltanto loro sono capaci di tale eroismo. E chi non lo sa riconoscere è privo del bene dell’intelletto. Sono figlia di un alpino che ha fatto la guerra 15/18. Tengo la sua medaglia… Sono sorella di due alpini, uno deceduto nel gennaio del ’44 nel lager tedesco. Ho una venerazione infinita per lui. Sono la sposa di un alpino che restò più di 8 anni sotto la naia. Sono la mamma di due alpini che ho cercato di crescere forti e o­nesti. Sono la nonna di un alpino, classe 1980, che ha fatto la naia a Venzone. Il giorno del suo giuramento sono stata a Conegliano, emozionatissima perché si è svolta la cerimonia sullo stesso campo dove anni prima giurò il mio amato fratello, ora deceduto. Senza presunzione credo che sarei capace di scrivere un intero giornale che riguarda la mia ammirazione per gli alpini. Quando assisto alle sfilate degli alpini guardo ogni viso: ci trovo quel qualcosa di speciale che mi rimescola il sangue perché sono l’immagine della semplicità e o­nestà. Il cappello alpino e la bandiera guai a chi me li tocca o me li strapazza.

    Angela Dalla Mora Crespano del Grappa TV

    A Redipuglia, con vergogna

    Quest’anno compio 40 anni. Io la guerra non l’ho vista. Quello che so della guerra l'ho imparato dai racconti dei miei genitori che hanno tenuto viva in me la storia della seconda Guerra Mondiale, da loro direttamente vissuta quando non erano ancora maggiorenni. Durante il viaggio di rientro dalla 77ª Adunata nazionale degli alpini a Trieste, ho sentito il dovere di rendere omaggio ai Caduti della prima guerra mondiale con una tappa al Sacrario di Redipuglia. Mi aspettavo un ambiente mesto, con persone in rispettoso silenzio davanti ai Caduti … ed è stato automatico, per riguardo del luogo, da cristiano e da alpino, spegnere il telefono cellulare e assumere un atteggiamento adeguato. Qui a Redipuglia non sono riuscito a rimanere più di due minuti all’interno del Sacrario senza iniziare a piangere, smettendo solo dopo esserne uscito. L’angoscia che mi ha preso non è stata data solo dal luogo, ma dal vedere lo scempio che si è celebrato in quel luogo… Telefoni accesi con suonerie a tutto volume, chiacchiere sguaiate da scampagnata fuori porta, foto ricordo davanti ai sarcofagi, in posa trionfale davanti agli obici che hanno ucciso anche i nostri avi, o ancora, con sorriso smagliante davanti alle due lapidi con scritto 30.000 militi ignoti … È dovuto suonare quasi metà del silenzio prima che tutte le persone presenti (alpini e non) si fermassero… in silenzio. E pensare che quello di lunedì 17 maggio 2004 non era turismo da ragazzotti in gita scolastica… era un turismo scelto… erano tutti alpini adulti di ritorno dall’adunata nazionale con le rispettive famiglie… alpini adulti con età media di 60 anni… alpini adulti che dovrebbero mantenere la nostra memoria storica sugli errori e orrori del passato… Ma se questi alpini adulti sono la nostra memoria storica, io, a questi alpini adulti dico: vergognatevi!

    Luigi Mellini Aosta