Ora si sa, ufficialmente: per la sindrome dei Balcani e del Golfo l’esposizione alle polveri di uranio impoverito dei proiettili anticarro sparati nei vari teatri di guerra 37 militari italiani sono morti e attualmente 255 sono ammalati di cancro. Queste crude cifre, dietro le quali ci sono tragedie infinite di altrettanti giovani e delle loro famiglie, sono state fornite dallo stesso ministro della Difesa davanti alla Commissione d’inchiesta presieduta dalla senatrice Lidia Menapace.
Parisi ha precisato che nei dieci anni intercorsi fra il 1996 e il 2006, dei 255 militari colpiti da tumore reduci dai Balcani, dal Libano, dall’Iraq e dall’Afghanistan, 161 appartengono all’Esercito, 47 alla Marina, 26 all’Aeronautica e 21 all’Arma dei Carabinieri; dei 37 deceduti, 29 erano dell’Esercito, uno dell’Aeronautica e 7 Carabinieri.
Cifre che secondo le associazioni dei familiari e secondo l’Osservatorio militare sarebbero calcolate per difetto: i militari colpiti da patologie tumorali sarebbero 2.536, dei quali 164 deceduti. Sarebbero numeri in contrasto con quelli ufficiali, dunque, anche se il ministro ha affermato che su tutta la materia resta un quadro di evidente incertezza , che sono stati stanziati dieci milioni di euro per un centro di analisi scientifiche sul fenomeno dell’uranio impoverito e altri 170 milioni di euro per risarcire le vittime o le loro famiglie.
Parisi infine si è riservato di riferire alla Commissione sull’eventuale sgancio di ordigni all’uranio impoverito nelle acque del lago di Garda da parte di un aereo statunitense in difficoltà . Egli ha infine escluso che nel poligono di Quirra, in Sardegna, siano stati usati proiettili all’uranio, non avendone mai il nostro Esercito fatto uso, a meno di dichiarazione mendace di utilizzatori stranieri che non voglio neppure ipotizzare .
Non possiamo certo porre la parola fine a questa tragica vicenda, né sottacere la tragedia che stanno vivendo le famiglie delle vittime e degli ammalati. L’uranio impoverito è uno dei componenti dei proiettili da 30 mm (in dotazione, per esempio agli aerei controcarro A 10 in dotazione all’esercito statunitense) che permette di perforare le corazze dei carri armati con maggiore efficacia rispetto ai proiettili convenzionali.
Le radiazioni diffuse sia sulle carcasse fuse dal calore sia sul terreno sono permanenti e in grado di contaminare chiunque si trovi a distanza ravvicinata. Benché ufficialmente non ci fosse stata finora una conferma di tumori contratti per queste radiazioni, tutto lascia ora pensare a una stretta correlazione con le malattie denunciate.
Sul nostro giornale che è l’organo della nostra Associazione ne abbiamo parlato solo quando ci è giunta qualche lettera. La nostra posizione è sempre stata di attesa: in mancanza di una versione istituzionale non potevamo, non dovevamo privilegiare alcuna ipotesi, che del resto sarebbe parsa ideologica. A chi ci ha riferito il fenomeno abbiamo risposto che ne avremmo scritto quando avremmo avuto versione e dati ufficiali.
Lo abbiamo fatto ora, pur rilevando per dovere di cronaca che lo stesso ministro ha riferito che casi di tumore sono stati riscontrati anche in militari italiani che non sono mai stati impegnati in missioni all’estero, in zone di guerra. Forse non resta che avere fiducia nel Centro per le analisi scientifiche del fenomeno , istituito dal ministro nella convinzione ci auguriamo che gli inquietanti interrogativi che pone questa angosciante vicenda, trovino presto le doverose risposte. Lo dobbiamo alle vittime e alla verità. (ggb)