Un parere sulla naja

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    Vorrei far notare al signor Manfredi che un linguaggio più pacato (oserei dire più civile… sottile veleno…sprovveduto nostalgico…clima pessimo nelle caserme) non solo avrebbe giovato di più alla sua tesi, ma sarebbe stato anche più aderente alla realtà. Senza pensare di ripristinare il servizio di leva, io penso che far svolgere quattro mesi di naja (a uomini e donne) potrebbe fare solo bene. 

     

    Per quanto attiene al “clima pessimo nelle caserme” (anche se parlare di se stessi non è mai bello), posso dire che, da capitano, ho comandato a San Candido (Bolzano) dal 1964 al 1966, la 274ª compagnia del btg. Val Brenta. Erano, per capirci, gli anni degli attentati e del terrorismo in Alto Adige. Da maggio a novembre la Compagnia doveva presidiare i rifugi di Monte Elmo (2.600 metri) e Monte Arnese (2.700 metri) e, per tutto l’anno, tre posti di vigilanza ferroviaria. In breve, almeno per il periodo da maggio a novembre, significava avere fuori sede 76 alpini. Se si aggiungono i servizi di guardia, la squadra manutenzione opere e tutti gli addetti ai servizi di caserma, si capirà come in certi momenti facevo fatica a concedere perfino la licenza ordinaria. Ciò nonostante, supportati per brevi periodi dagli alpini della Julia o della Cadore, i “miei alpini” hanno effettuato sia le escursioni estive che quelle invernali. A dimostrazione del “pessimo clima nelle caserme”, pur svolgendo in quel periodo un servizio militare molto più duro della norma, gli alpini del 1º contingente 1965 hanno organizzato a San Candido “…cinquant’anni dopo…”, il 2 maggio 2015, una memorabile giornata per ritrovarci, io ormai ottantenne e loro di dieci anni più giovani, ma tutti ormai nonni. Come vede, signor Manfredi, a seminare bene, poi si raccoglie.

    Vincenzo Caruso Gruppo di Tarcento, Sezione di Udine

    Io ho un ricordo bellissimo dei miei comandanti e di tanti amici incontrati nei quindici mesi di naja. Penso che molto dipenda da come si guarda. C’è chi guarda alla caserma, simbolo di regole e divieti, e a chi c’è dentro, con tutta la ricchezza di umanità che si trova.