Triveneto tricolore

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    Più di qualcuno l’ha definita una prova. Quella dell’Adunata del Piave che Treviso (insieme a Conegliano, Valdobbiadene e Vittorio Veneto) spera di ottenere nel 2017. Di certo, il raduno del Triveneto è stato il ritrovo dei 100.000. Numeri importanti che ne hanno decretato il successo, auspicato ma decisamente inatteso. 

    Anche perché potevano essere ancora di più se il tempo fosse stato più clemente. Un giugno strano ha accolto i tantissimi alpini e gli appassionati che hanno riempito vie e piazze di Conegliano. Prima un caldo ferragostano, poi la pioggia e il freddo che hanno caratterizzato proprio la giornata di domenica, quella della sfilata. Ancora una volta, però, gli alpini non si sono fermati, dimostrando – se ce ne fosse stato bisogno – di non essere solubili all’acqua.

    Il loro amore per la Patria, l’orgoglio di indossare il cappello con la penna che ha contribuito a scrivere la storia di questa nostra Italia, echeggiavano al ritmo del Trentatré, per tutta Conegliano. Una forza che si è potuta sentire soprattutto sabato quando, a sera inoltrata, le fanfare si sono riunite sulla Gradinata degli Alpini nel pieno centro della città del Cima.

    Dopo un silenzio assordante sulle note dell’Inno d’Italia, cantato all’unisono dalla grande folla assiepata lungo la gradinata, alpini, giovani, donne e bambini hanno urlato l’amore per questa nostra nazione, hanno dimostrato l’affetto per la penna nera. La tre giorni coneglianese è cominciata però già tempo addietro, con una serie di interventi significativi, quasi a scandire le tappe di avvicinamento all’evento.

    Un Triveneto, quello ospitato nella città del Cima, che è coinciso con un’altra importante ricorrenza: il 90º dalla fondazione della Sezione di Conegliano. Ed ecco allora che, in questo calendario congiunto, gli alpini si sono dati da fare, rimboccandosi le maniche per mostrare tutta la loro bravura e capacità operativa quando c’è bisogno di loro. Ad inizio anno sono entrati in azione, sistemando il tratto cittadino del Monticano, riportandolo al suo antico splendore. Poi, a maggio, è scattato il piano di imbandieramento come segno tangibile di un raduno che stava per arrivare. Quindi la restituzione alla città del Monumento ai Caduti, ristrutturato grazie anche al lavoro e al contributo delle penne nere ed infine la manutenzione straordinaria della passerella degli alpini, già donata alla città nel 2005.

    Il clima di attesa è finito con il primo evento nel calendario ufficiale del raduno: il concerto del venerdì sera in Duomo a Conegliano dove, ad esibirsi in una chiesa occupata in ogni ordine di posto, sono stati il coro sezionale “Giulio Bedeschi” e il coro Col di Lana di Vittorio Veneto. Canti che si sono levati in cielo aprendo la strada a quella che sarebbe stata la festa dei giorni successivi. E così è stato. L’alzabandiera del sabato mattina ha dato il via agli appuntamenti ufficiali e toccanti, così come, nel pomeriggio, l’accensione del tripode con il fuoco portato dai giovani partiti dal bosco delle penne mozze.

    Un legame e un rispetto che da sempre caratterizza il popolo delle penne nere nel ricordare chi è “andato avanti”, come a voler sottolineare questo continuo senso del camminare, del procedere, del non avere mai lo sguardo rivolto all’indietro, del continuare un percorso scritto nelle righe del destino. Ma è stato al calar delle luci, quando la magia della sera rende tutti amici, che è scoppiata la festa. Nelle chiese di Conegliano riecheggiavano le note dei cori; all’Accademia, stracolma di persone, lo show della fanfara dei congedati della Cadore. E poi, terminate le esibizioni, via tutti in centro, dove la tantissima gente attendeva l’esibizione a cielo aperto.

    Il nostro è un Paese che ha mille difficoltà, ma anche alcuni punti fermi di fronte ai quali ritrova la sua unità e la sua forza: il Tricolore, l’inno d’Italia e gli alpini. E così è stato anche a Conegliano, dove diverse decine di migliaia di persone – penne nere e cittadini – si sono strette le une alle altre e hanno cantato all’unisono le note del brano di Mameli. Domenica mattina la giornata si preannunciava grigia, fredda e con nuvole ricche di pioggia. Si sperava fino all’ultimo che il sole prendesse il sopravvento, ma le prime gocce hanno incominciato a cadere e gli ombrelli del pubblico ad aprirsi.

    Alla fine sarà una sfilata un po’ bagnata e un po’ no. Ma non è il meteo a condizionare gli alpini. Anzi. A Conegliano sembra essersi scatenata la corsa per dire “io c’ero”. Tutte le Sezioni del Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige si sono presentate all’appuntamento a ranghi compatti, come testimoniano i tantissimi pullman (quasi il doppio rispetto al previsto) giunti in città. Alla fine saranno circa 18mila gli alpini che decidono di sfilare comunque e tantissime le persone che, infreddolite e bagnate, decidono di restare ad applaudire il loro passaggio. Sfilano le Sezioni ospiti, le rappresentanze all’estero, i reduci. Passano cappelli alpini di ogni tipo: carichi di medaglie, con la nappina colorata, con penne lunghe e corte, bianche e scure.

    Sfilano le autorità con le fasce tricolori, i gonfaloni, i labari, i gagliardetti e le Crocerossine. Le fanfare con gli strumenti pieni d’acqua, la Protezione Civile con i cani da soccorso. Sventola il Tricolore, passano striscioni con messaggi importanti e cappelli alpini portati sui cuscini. Gli occhi sono tutti per loro, gli alpini di ogni età; sorridono, salutano e applaudono per dire grazie al pubblico che da ore sta lì a guardarli sfilare.

    Tre ore e mezza di orgoglio italiano, di solidarietà e amore per il prossimo. Di inviti a non girarsi dall’altra parte quando qualcuno ha bisogno di aiuto. Un Triveneto così è, dunque, un raduno da incorniciare. Non solo e non tanto per i numeri, ma per lo spirito con il quale è nato e si è consumato. Nel pieno del ricordo per il centenario della Grande Guerra, Conegliano ha fatto sentire la sua voce, senza mai urlare, ma parlando sempre al cuore della gente. Di quelle tante persone che in passato hanno subìto gli strazi del conflitto mondiale e che con le penne nere hanno stretto un patto d’acciaio, in un territorio sempre grato agli alpini per averli difesi.

    È stato forse questo il segreto che nessuno strumento di marketing dell’era moderna può essere in grado di eguagliare per promuovere un evento. E siccome il 2017 è alle porte e, al momento, la scelta di dove dare appuntamento agli alpini per l’Adunata nazionale non è stata ancora compiuta, Conegliano e il Veneto intero continuano a parlare alla gente. Raccontando le loro storie, il loro sentimento di Patria, la propria vicinanza e l’affetto a chi è sceso sempre in campo nel momento del bisogno, senza attendere che qualcuno li chiamasse.

    A chi fa dell’abnegazione e della rettitudine morale un proprio stile di vita, un esempio per l’Italia, come recitava a Pordenone lo striscione di apertura della sfilata in occasione dell’Adunata nazionale.

    Antonio Liberti