Sulle orme degli alpini di leva

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    Nella provincia di Lalaua sorgeva una missione cattolica che era stata occupata e semidistrutta dal regime comunista. Durante il loro intervento in Mozambico gli alpini aiutarono le suore della missione a riprendere il loro faticoso lavoro e negli anni successivi in molti rimasero in contatto con le religiose, inviando spesso aiuti. Quando, nell’aprile 2005, il Consiglio Direttivo Nazionale decise di ricordare la missione “Albatros” e di lasciare in Mozambico un segno tangibile della presenza degli alpini in quella terra a sostegno della popolazione, la scelta ricadde sulla missione cattolica di Lalaua che aveva ancora tanto bisogno d’aiuto.

     

    Una squadra composta dall’allora coordinatore della Protezione Civile ANA Maurizio Gorza, dal presidente della commissione Grandi Opere Ivano Gentili e dal consigliere nazionale Sebastiano Favero, si recò in avanscoperta per capire se e in che modo poteva essere realizzato l’intervento. Un mese dopo tutto era pronto per dar vita al progetto: il recupero di un fabbricato, quasi interamente distrutto, da destinare a collegio per le giovani, la costruzione di un centro nutrizionale e di accoglienza per i bambini sottonutriti e un centro di alfabetizzazione e promozione della donna.

    Nell’ottobre 2005 il via ai lavori: i materiali e le attrezzature arrivavano faticosamente a Lalaua da Nampula, unico centro con negozi e magazzini di materiali, percorrendo oltre 200 chilometri in 5-7 ore di fuoristrada sulle piste a volte rese disagevoli a causa delle piogge. Nella missione mancava tutto il necessario per la vita quotidiana degli alpini che dovevano lavorarvi. Arrangiarsi era la parola d’ordine, non solo per i generi di prima necessità ma spesso anche per i materiali da costruzione. Dopo quattro turni di lavoro ed uno dedicato alla progettazione in un solo anno, 28 volontari e il sudore delle 7608 ore lavorate, la missione è compiuta.

    L’allora vice presidente nazionale vicario Ivano Gentili, accompagnato dai consiglieri Bionaz e Favero consegnarono ufficialmente le tre opere alle autorità del Mozambico e al vicario dell’arcivescovo. Lo sforzo economico complessivo per gli interventi sfiorò il mezzo milione di euro, ma l’emozione di aver fatto cadere una seppur piccola goccia in aiuto ad un popolo martoriato fu la soddisfazione più bella, magnificamente descritta dalle parole di Gentili: “Abbiamo visto una povertà estrema ma anche l’opulenza, la sporcizia e la lindezza, occhioni affamati eppur gioiosi: situazioni che penetrano il cuore e ti fanno soffrire poiché riconosci che ciò che è appena stato fatto rappresenta nulla in confronto alle necessità di questo popolo”. Ma l’impegno dell’Associazione Nazionale Alpini per il Mozambico non si è interrotto nell’autunno del 2006, è continuato negli anni perché un aiuto a Lalaua serve sempre, soprattutto per alleviare le disagiate condizioni sanitarie del Paese. E così, quando gli alpini che avevano lavorato rientrarono a casa si misero subito alla ricerca di apparecchiature mediche che potessero essere di supporto alla sanità in Mozambico.

    Dopo tante telefonate e contatti, il successo: la sezione ANA di Aosta, con l’aiuto dell’alpino Armando Vandelli presidente dell’associazione “Bambini di Chernobyl”, ha trovato una sala radiologica completa che era stata dismessa da un ospedale torinese. Dopo essere stata revisionata è oggi in dirittura di partenza per l’ospedale di Monapo, del distretto di Nampula. Per ottimizzare appieno i volumi dei cassoni di imballaggio necessari alla spedizione la sezione di Vercelli ha donato 4 quintali di riso. Ora il passo successivo sarà quello di andare a Monapo con alcuni professionisti alpini per realizzare il locale nel quale sarà installata l’apparecchiatura e mettere in funzione la macchina radiologica perché possa iniziare ad operare.