Sul Freikofel le testimonianze della nostra storia

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    Il Freikofel, chiamato anche monte Cuelat, è una cima delle Alpi Carniche centrali che sorge tra il Pal Piccolo a ovest (1866 metri) e il Pal Grande (1809 metri) a est, a formare la dorsale che dal Passo di Monte Croce Carnico si estende verso oriente. La cima rocciosa raggiunge 1.757 metri e per la sua forma tozza è chiamata dalla gente del luogo panettone .

    Durante le fasi iniziali della Campagna del 1915 italiani e austro ungarici si affrontarono aspramente sul Freikofel, con attacchi e contrattacchi per il controllo della vetta e spesso la conquista di pochi palmi di territorio. Pur essendo il monte più basso dell’area, ebbe notevole importanza strategica poiché, essendo sul confine italo austriaco, risultava pressoché inaccessibile dal versante italiano e permetteva il controllo di un’ampia zona a valle e dei monti vicini.

    Nonostante ciò i comandanti italiani non vollero occupare stabilmente il Freikofel per non rischiare che i reparti attestati sulla sua vetta potessero trovarsi isolati: non avrebbero infatti potuto avere altre vie di comunicazione che la cresta, sia ad occidente che a oriente, oppure il territorio nemico a nord. Quando però i tiratori austriaci sul monte si fecero pericolosi, i comandi italiani decisero di tentarne la conquista.

    Quella che iniziò all’alba del 6 giugno 1916 fu una manovra ardita: una pattuglia del battaglione Tolmezzo scalò la ripida parete del Freikofel mentre due plotoni della 6ª e della 12ª compagnia attaccarono ad est e a ovest della cresta. Alle ore 8 il Freikofel era in mano italiana, ma alle 20, dopo un contrattacco austriaco che impiegò un intero battaglione con intensa copertura di artiglieria, gli alpini dovettero ripiegare al Pal Piccolo. Il 7 giugno, a mezzanotte, la 221ª compagnia del battaglione Val Varaita , con l’appoggio della 223ª, riconquistò la vetta. Nei giorni successivi sconfitte e vittorie si alternarono, ma dal 10 giugno la vetta del Freikofel rimase in mano agli alpini: oltre un migliaio di vite erano state spezzate.

    È dopo questo periodo che nel sottosuolo furono scavate gallerie per sottrarsi alla vista e al tiro del nemico e furono approntati camminamenti, postazioni di osservazione, ricoveri e trincee, in prima linea e in vetta. Erano opere complesse e pionieristiche che furono costruite in breve tempo e in alta montagna. Quella montagna che, al termine delle ostilità, le custodì.

    I decenni passarono e le costruzioni rimasero in balìa del tempo e degli eventi atmosferici finché, nel 1997, l’Associazione Amici delle Alpi Carniche, che cura e gestisce il Museo della Grande Guerra con sede a Timau di Paluzza (Udine), iniziò un’opera di recupero dei manufatti sul Freikofel, affinché potessero essere tutelati e potesse essere preservata la storia di quei luoghi, che è anche storia d’Italia. L’ambizioso progetto del museo all’aperto del Freikofel ha impegnato in 13 anni oltre 4.000 volontari per circa 102mila ore lavorative: un impegno non indifferente, se si pensa che per raggiungere il sito occorrono almeno due ore di marcia e che la parte del materiale meno ingombrante che non viene portato a inizio stagione con l’elicottero, è trasportato a spalla. Alle campagne d’intervento estive hanno partecipato tanti alpini dei gruppi ANA della zona e anche del Piemonte e della Svizzera.

    Dopo la messa a punto del campo base, i primi interventi si sono focalizzati sulla pulizia e lo svuotamento dai detriti di parte delle gallerie e delle trincee, e la messa in sicurezza delle massicciate: in particolare, un lavoro imponente è stato effettuato nella galleria a sei livelli che collega il campo base italiano (durante la guerra era la sede del comando) con le postazioni di vetta. Nel 2000 e 2001 è iniziato il ripristino di alcune strutture, come il posto di medicazione della 12ª compagnia del Tolmezzo e il ricovero ufficiali.

    Fondamentale per la realizzazione del progetto è stato il recupero di due cisterne per il riutilizzo dell’acqua piovana e dei baraccamenti dell’epoca, necessari per la custodia dei materiali e per dare riparo e conforto ai lavoratori (ci sono 25 posti letto e una cucina). Un progetto di recupero attento non poteva prescindere da un’accurata analisi dei manufatti che è stata possibile grazie alla collaborazione del Gruppo Speleologico Prealpino di Arcisate (Varese) e il Gruppo speleologico Carnico , che in due riprese, nel 2003 e nel 2006, hanno realizzato la mappatura delle opere campali sotterranee e di superficie del sito.

    L’inaugurazione della prima parte dei lavori del museo storico all’aperto del Freikofel è avvenuta il 30 luglio 2005, alla presenza dell’allora arcivescovo di Udine mons. Pietro Brollo, di numerose autorità civili e di tanta gente salita sul monte per l’occasione. A partire dallo stesso anno si è intensificata l’attività in vetta per riportate alla luce alcune trincee interrate e ricostruire i muretti a secco utilizzando il materiale recuperato negli scavi. In particolare, è stata ripulita la trincea Scudata , il sottostante deposito di munizioni con le gallerie di collegamento alle postazioni di vetta ed è stata liberata una trincea a due piani e una costruzione utilizzata come officina.

    In tutti questi casi i detriti sono stati rimossi manualmente e ciò ha permesso il ritrovamento di oggetti bellici e di uso personale dei soldati, molti dei quali sono in mostra nel Museo della Grande Guerra di Timau, inaugurato nel 1992 per iniziativa di Lindo Unfer. Nel 2008, dopo i lavori effettuati in aprile e maggio per la verifica e la preparazione del campo base in quota, è iniziata l’attività dei volontari provenienti da varie regioni italiane e dal Canton Ticino. In totale una ventina di gruppi, molti dei quali di alpini della nostra Associazione, si sono alternati nei lavori sul Pal Grande e sul Freikofel, dove è proseguito il lavoro di svuotamento delle gallerie e di ricostruzione dei muri a secco, dei camminamenti, dei ricoveri e delle trincee.

    L’importanza dell’attività svolta dall’Associazione Amici delle Alpi Carniche e dal Museo di Timau va al di là della tutela dei manufatti, pur importante, poiché ha promosso la sensibilizzazione del valore storico del territorio. Ne sono un esempio le oltre 3.000 persone che ogni anno visitano il museo e il sito del Freikofel e i tanti gruppi di alunni e studenti delle scuole del Friuli. È soprattutto ai più giovani che è rivolto il messaggio. È come dire: Queste sono le tracce della vostra storia, ricordatevene .

    Un giorno, camminando sui sentieri del Freikofel, qualcuno di quei giovani potrà far osservare ai figli i fregi scolpiti sulle pareti rocciose da abili mani: Battaglione Tolmezzo , 6º Genio , 8º Alpini e passerà davanti a quella scritta che reca inciso il nome di D’Orlando Guglielmo, 8º Alpini, 12ª Compagnia, 4 8 ’17 . In quei luoghi riscoprirà le vicende di quei giovani soldati in quei giorni di guerra di inizio Novecento, e con essi una parte della storia degli avi, degli alpini e dell’Italia. (m.m.)


    Per informazioni: Associazione ‘Amici delle Alpi Carniche’, via Nazionale 90, 33020 Timau Tischlbong (UD), tel. e fax 0433/779168 www.museograndeguerratimau.ite mail: museotimau@alice.it

    GRUPPI ANA CHE HANNO PARTECIPATO NEL TRIENNIO 2007 2009

    • Ampezzo, Ovaro, Villa Santina, Sauris, Socchieve (sezione Carnica)
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    • Gemona (sezione Gemona); Gradiscutta di Varmo, Osoppo, Rivignano Teor, Torsa, Carpacco (sezione di Udine);
    • S. Quirino, Cordenons, Tajedo di Chions, Rorai Piccolo, Fiume Veneto, Morsano, Spilimbergo, Valvasone, Sesto al Reghena, Casarsa, Caneva, Azzano X, Fanna, Sacile, Vallenoncello, Pordenone Centro, Morsano al Tagliamento (sezione di Pordenone);
    • Quinto Valpantena (sezione di Verona);
    • Malesco (sezione di Domodossola);
    • Garbagna Novarese (sezione di Novara);
    • Canton Ticino (sezione Svizzera).

    In totale, con l’intervento anche di volontari di altre associazioni, sono stati impegnati 300 volontari per 5.438 ore di lavoro nel 2007, 293 volontari per 6.610 ore di lavoro nel 2008 e 106 volontari per 3.286 ore di lavoro nel 2009.


    Le Portatrici carniche, angeli venuti dal popolo

    Quella delle portatrici carniche fu una partecipazione popolare singolare, un evento collettivo che vide 1.500 donne dei Comuni dell’Alto But in prima linea con i soldati per 26 mesi. Si erano presentate spontaneamente quando il comando logistico della zona e il Genio chiesero aiuto alla popolazione, perché ai reparti schierati al confine non potevano essere sottratti uomini senza recare pregiudizio alle difese. Avevano dai 15 ai 60 anni d’età e facevano tutti i giorni 4 ore di marcia in salita con le gerle sulle spalle, cariche di rifornimenti per il fronte che si estendeva per ben 16 chilometri.

    Ognuna di loro guadagnava 1 centesimo e mezzo a viaggio (!) e aveva un libretto di lavoro il cui numero era stampigliato su di una fascia rossa. Un’aliquota fu anche dislocata vicino al fronte per trasportare materiale utile alla costruzione di ricoveri, postazioni arretrate e al consolidamento di mulattiere e sentieri. Nel 2003 l’Associazione Amici delle Alpi Carniche, in collaborazione con il ministero della Difesa, ha raccolto in un opuscolo i nomi di 1.447 portatrici.

    Ad una di esse, Maria Plozner Mentil, fu concessa nel 1997 la medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Aveva 32 anni, quattro figli e il marito combattente su un altro fronte quando, il 15 febbraio 1916, mentre trasportava il carico per i soldati in prima linea, fu colpita da un cecchino austriaco nei pressi di Casera Malpasso. La sua storia è simile a quella di molte portatrici, esempio di abnegazione, di forza morale, di eroismo, testimoni umili e silenziose di amore di Patria .

    Pubblicato sul numero di maggio 2010 de L’Alpino.