Studiando insieme troveranno un futuro di pace

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    Inaugurata la scuola multietnica di Zenica (Bosnia) ristrutturata dagli alpini in collaborazione con la Caritas ambrosiana e l’associazione di volontariato
    tedesca Renovabis.

    Promessa fatta, promessa mantenuta: l’impegno dell’ANA era che prima della fine dell’inverno i lavori di ampliamento della scuola multietnica di Zenica (Bosnia) dovevano essere finiti e cos stato. Sabato 16 febbraio 2002, stata inaugurata alla presenza delle maggiori autorit religiose e civili bosniache e italiane. Per l’ANA erano presenti il presidente nazionale Beppe Parazzini, i componenti della commissione, Luciano Cherobin, Lino Chies, Dino Danieli, Sebastiano Favero, Cesare Poncato, Gianni Carlassare, Angelo Greppi (mancavano Bortolo Busnardo e Giorgio Francioli, trattenuti in patria), una quarantina di alpini che si erano avvicendati nei lavori e il coro ANA Monte Caviojo del gruppo di Arsiero, sezione di Vicenza. Completavano il quadro alcuni consiglieri nazionali, il gen. Vecchio segretario ANA, Rossato, presidente di Vicenza con vessillo, Dal Borgo vice presidente di Belluno con vessillo, il presidente della sezione di Pordenone, Gasparet.
    Tra i religiosi l’arcivescovo di Sarajevo cardinale Vinko Puljic e il nunzio apostolico in Bosnia, mons. Giuseppe Laenza; ci ha fatto piacere vedere seduti accanto a loro l’imam islamico e il parroco ortodosso di Zenica.
    Non poteva mancare il vescovo ausiliare di Sarajevo, monsignor Pero Sudar, anima dell’iniziativa e apostolo della vagheggiata, sperata, cercata coesione tra le tre religioni della Bosnia, troppo spesso scontratesi duramente nel recente passato. Del resto i risultati negativi si vedono non appena si esce da Zenica, centro di industrie pesanti, erede della citt romana di Bistua Nova, custode dei resti di una basilica paleocristiana in mezzo agli agili steli dei minareti e alle pesanti ciminiere delle fonderie. Citt miracolosamente risparmiata dalla guerra civile, che invece ha imperversato a ovest nella non lontana Sarajevo e a est nella repubblica Srbska, entit in bilico tra l’autonomia e la coesistenza nell’ambito del tribolato Stato bosniaco.
    Unit di intenti volti alla pace: ecco l’obiettivo di monsignor Sudar, da raggiungere attraverso la comunione di interessi culturali degli studenti delle tre etnie sugli stessi banchi di scuola.
    Numerosi i discorsi, citiamo monsignor Sudar: Tutti i nostri desideri sarebbero rimasti tali se non avessimo trovato le persone e le istituzioni che credono che questo Paese debba essere ricostruito prima di tutto sui fondamenti di una buona educazione delle giovani generazioni: la Caritas ambrosiana, la societ Renovabis dei cattolici tedeschi e l’Associazione degli alpini italiani.
    Gli alpini, che lo spirito di solidariet umana porta ovunque ci sia da aiutare, hanno contribuito ad una parte significativa di questo bell’edificio. A lei, signor presidente Parazzini, al signor Cherobin e a tutti gli alpini va il mio ringraziamento pi sincero.
    Monsignor Sudar ha spiegato che nella scuola l’insegnamento viene impartito nella lingua madre delle rispettive etnie, che non vi alcun indottrinamento religioso e che le scuole del Progetto Europa, una decina in tutta la Bosnia, sono e vogliono rimanere un segno di opposizione verso tutti coloro che hanno parlato o agito come se la convivenza non fosse possibile. Auguriamo e preghiamo ha concluso il vescovo affinch questo bel Paese diventi la casa e la patria da cui questa giovane generazione ricca di capacit non debba andar via per poter vivere degnamente. Grazie a tutti.
    Don Josip Lebo, il giovane e dinamico preside della scuola, grande amico degli alpini, ne ha ricordato, raggiante, il motto, significativamente latino in un Paese di etnia slava: Vivat, floreat et crescat schola nostra (viva, fiorisca e cresca la nostra scuola, n.d.r.), per la vera educazione e formazione dei giovani e per il progresso di tutti i popoli di buona volont.
    E Parazzini: Vedendo questo complesso cos ben riuscito, che ci ha trovato a fianco della Caritas italiana e della Renovabis tedesca, penso che le centinaia di giornate di lavoro donate dai nostri volontari siano state spese bene.
    Quando due anni fa ha detto ancora il nostro presidente nazionale il vescovo ausiliare monsignor Pero Sudar venne a farci visita, a Milano, per illustrarci il suo progetto, ci disse che occorreva dare la precedenza alle scuole da ricostruire piuttosto che alle chiese, perch pi importante che i giovani imparino a convivere, il reciproco rispetto, a cercare ci che unisce e non ci che pu dividere. Il Consiglio nazionale recep questo appello e lo tradusse nell’intervento dei nostri volontari.
    Lo abbiamo anche fatto ha spiegato Parazzini perch Zenica vicina a Sarajevo, dove operano da due anni i nostri amati reparti alpini impegnati nell’operazione di salvaguardia della pace e assistenza alla popolazione. Noi abbiamo voluto essere presenti come alpini in congedo per rimarcare lo spirito che ci anima: visitando la scuola, vediamo che i nostri volontari hanno lavorato davvero bene.
    Gli alpini sono felici grazie ai fondi raccolti di aver potuto fare qualcosa per i giovani di questo Paese. E’ un messaggio di pace, una mano tesa di valle in valle lungo il crinale di montagne che non ci dividono ma ci uniscono.
    Al coro Caviojo l’onore di chiudere sia la mattinata, con quattro cante tra le pi commoventi del repertorio alpino, sia la serata con un concerto molto apprezzato dalle autorit e dagli spettatori che non hanno lesinato applausi a ogni esibizione.
    Nel pomeriggio, puntata a Sarajevo (66 Km), per il doveroso saluto alla Bandiera dell’8 Alpini e al comandante, colonnello Villi Lenzini. Negli 87 giorni di presidio (fino al 16 febbraio) il reggimento ha distribuito 20.000 tonnellate di viveri e di vestiario, visitato ( cio aiutato) 37 villaggi sperduti tra i monti, tra i quali un paio dove si parla ancora il dialetto trentino di 150 anni fa; effettuato una decina di interventi ospedalieri; avviati 35 contatti con amministrazioni di rilevanza anche internazionale.
    E’ stata una giornata molto intensa ma che valeva la pena di vivere non foss’altro che per cogliere il sorriso degli allievi della scuola multietnica e per gustare la serenit dei nostri giovani alpini in armi: il futuro di entrambi.

     
    Cesare Di Dato