…Solo dimenticare

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    La motivazione che mi ha convinta ad inviare questa mia missiva, che forse non risulterà particolarmente interessante alla lettura di molti e forse non riceverà neppure l’attenzione per essere pubblicata, corrisponde ad una realtà nuda e cruda che solo le persone come mio padre hanno realmente vissuto sulla propria pelle. Egli ha sperimentato nel pieno della sua giovane età ciò che di peggio la vita può riservare: la guerra. Dopo un’infanzia di ben pochi agi, nulla e niente gli è stato riservato. Ha fatto parte del battaglione Monte Cervino in Grecia, Albania, Russia e quelle esperienze hanno fatto sì che in nessuna occasione abbia mai provato il desiderio di partecipare a nessun evento legato alle diverse commemorazioni. Diceva sempre che non c’era niente da ricordare e soprattutto da festeggiare ma, per chi poteva, solo dimenticare .

    Manuela

    Conosciamo reduci che sono sempre presenti alle manifestazioni in ricordo dei commilitoni che non sono tornati, ed altri invece che se ne stanno in disparte e tengono dentro di sé memorie che hanno segnato la vita. Meritano tutti rispetto e non dobbiamo fare distinzioni o graduatorie. Certo, se nessuno ci avesse raccontato cos’è successo in Russia, come hanno fatto Rigoni Stern, Cenci, Vicentini, Bedeschi solo per citarne alcuni avremmo perso testimonianze importanti di come gli alpini si siano battuti per tornare a baita’. Chi ha cercato di dimenticare si è portato, da solo, il fardello di una memoria indelebile. Una lezione di sensibilità. Un vecchio artigliere del Lanzo di mia conoscenza, come il padre della signora Manuela, non partecipa a nessuna cerimonia alpina o patriottica. Ha vissuto i giorni della battaglia di Pljevlja e li ricorda con tanta precisione da correggere in qualche punto perfino il racconto di Peduzzi nel suo libro sulla Pusteria. Un giorno però si è lasciato sfuggire un frase inquietante: I ricordi del Montenegro e della Jugoslavia me li porterò nella tomba . Non me la sono sentita di chiedergli perché.

    Pubblicato sul numero di novembre 2010 de L’Alpino.